Un comunicato diramato poco fa dall’ufficio stampa dell’Asl Na2 Nord offre un’immagine dell’Azienda abbastanza inaspettata e perfino sorprendente, alla luce del modus operandi che contraddistingue l’attuale gestione del manager Ferraro e degli altri dirigenti. Almeno in rapporto alla realtà territoriale della grande Asl a nord di Napoli, perchè, a quanto pare, ben diverso è l’approccio scelto per presentarsi e per operare all’estero. Ma veniamo alla notizia… E’ previsto per domani mattina, a Frattamaggiore, dove si è ormai spostata la sede aziendale, un incontro tra una delegazione governativa del Camerun e la dirigenza dell’Asl. All’origine di questo appuntamento vi è l’adesione dell’ASL e della Regione Campania al progetto promosso dall’associazione no-profit AIAS di Afragola per la realizzazione del primo ospedale riabilitativo del Paese africano, nella città di Morouà.
Con il sostegno dell’AIAS sarà costruita una struttura di 60 posti letto, che ospiterà anche servizi ambulatoriali destinati alla popolazione residente. Contestualmente si provvederà alla formazione biennale di 14 sanitari camerunensi, nell’ambito della riabilitazione e per cogestire la clinica per i primi 10 anni di attività. “Il progetto Camerun – recita il comunicato – è nato nel 2000, quando la comunità di sacerdoti missionari italiani impegnata a Morouà chiese aiuto all’associazione AIAS per realizzare una struttura che, attraverso la riabilitazione, permettesse di recuperare la massima autonomia possibile ai portatori di deficit fisici e mentali della zona”.
Da parte loro, l’Asl Na2 Nord e la Regione si sono impegnate, “a rendere disponibile il proprio personale medico, infermieristico ed universitario per svolgere servizio e formazione in periodi limitati presso la clinica di Morouà”. Il governo camerunense, invece, si è assunto l’onere di impiegare stabilmente a proprie spese le 14 figure professionali che saranno formate dall’AIAS ed impegnate presso la clinica, a farsi carico nel lungo periodo del mantenimento della struttura, a garantire i pasti ai pazienti in degenza presso la clinica e ad assicurare la completa gratuità delle prestazioni ai pazienti più gravi”. Il Progetto Camerun ha ricevuto il patrocinio morale del Ministro delle Pari Opportunità del Governo Italiano.
Non c’è dubbio che si tratta di una iniziativa buona e giusta, che fa piacere diffondere e rilanciare. A maggior ragione perchè, tra Monteruscello e Frattamaggiore, di buone notizie e di iniziative lodevoli e di alto profilo non siamo abituati a riceverne di frequente, negli ultimi tempi. Ma magari proprio l’impegno in Africa potrebbe essere anche utile a ricordare al manager Ferraro e ai suoi più stretti collaboratori che se in Camerun è fondamentale creare servizi di qualità, in “casa” è altrettanto fondamentale non distruggere almeno quelli che già esistono. E che sono frutto di conquiste faticose, soprattutto per la nostra isola, dove si è sempre dovuto lottare e aspettare molto più che in terraferma per ottenere l’essenziale. Salvo poi vederselo sottrarre con inusitata sollecitudine e velocità per effetto delle scelte “risparmiose” e penalizzanti dell’attuale governo aziendale.
E come si fa a non rilevare la contraddizione lampante tra la missione in Camerun, a sostegno di una struttura finalizzata al recupero di “portatori di deficit mentali”, mentre si sta progettando di smantellare un’esperienza esemplare come quella di “Villa Orizzonte”? Ma come, si punta con decisione sulla riabilitazione a Morouà e in contemporanea si pensa di negare le stesse opportunità ai residenti dell’attuale Sir di Barano, che si vuole trasferire – o meglio relegare – in locali inadeguati, negando loro spazi all’aperto e di socializzazione indispensabili per proseguire l’esperienza di riabilitazione iniziata con ottimi risultati diciassette anni fa? E come la mettiamo con la riduzione drastica dei servizi della salute mentale, la cancellazione del Psaut e via elencando le riduzioni recenti, che peraltro hanno portato a qualche risparmio solo sulla carta, senza incidere granchè sulla spesa, ma peggiorando solo i livelli di assistenza all’utenza? Come si conciliano il ridimensionamento e della dequalificazione praticati in casa e portati avanti con piglio decisionista, con la pronta disponibilità ad aderire a un progetto encomiabile e di alto valore sociale ed etico in un altro continente? Certo, con l’impegno a costruire in Africa c’è da fare bella figura, mentre in casa oggi si guadagnano più punti a tagliare impietosamente i servizi alla cittadinanza con la mannaia. Qualcosa in questa logica doppia non quadra. Se ne accorgeranno a Frattamaggiore, ricevendo in pompa magna la delegazione camerunense, che ovviamente nulla sa delle discutibili scelte “casalinghe” dei suoi illuminati partner campani?