Tre anni di blocco e il depuratore milionario di Punta San Pietro sta marcendo nel degrado totale

IMG_0282Meno male che ci sono i nasturzi già in fiore a rendere meno sconvolgente l’impatto con la realtà! E’ davvero un quadro desolante, quello che offre l’area del depuratore mai finito e già in preda al degrado, sulla collina di San Pietro. Un’immagine scandalosa di come in Italia si sprechino i soldi dei contribuenti senza arrivare a realizzare opere pubbliche indispensabili per la comunità. Nello specifico, un’opera di cui Ischia ha bisogno assoluto e urgente che sta letteralmente marcendo da tre anni, per le gravissime responsabilità del sistema amministrativo e politico. A livello regionale innanzitutto, ma non senza una partecipazione del livello locale, che quanto meno non si è distinto per attivismo e spirito di iniziativa. Tutt’altro. Tanto che si fa fatica a credere che l’incontro fissato alla Regione tra qualche ora, a cui dovrebbero presenziare tutti i Sindaci dell’isola, possa produrre qualche risultato concreto, a parte le solite chiacchiere e promesse “vendute” a quintali in questi anni. Con gli effetti che si ammirano nelle foto scattate stamattina nell’area del cantiere abbandonato.

Le immagini parlano chiaro. Del cantiere non restano che macerie. I mezzi e le attrezzature che non sono stati distrutti, forse dolosamente, non sono stati risparmiati dall’azione non meno devastante delle intemperie e della ruggine. Gli impianti, privi ormai di ogni protezione, sono anch’essi stati rovinati dall’incuria o dall’azione di chi, per esempio, ha asportato tutti i fili elettrici. I container utilizzati dal personale sono stati depredati e devastati nel tempo, forse anche abitati da qualche disgraziato. Come qualche anno fa capitò all’interno delle strutture di cemento già realizzate. Che adesso sono fortunatamente libere – almeno quelle – da “residenti” abusivi, ma che potrebbero non restarlo a lungo, visto che parte della recinzione è stata divelta, lasciando libero ingresso a quel campo di squallore. Dove crescono erbacce e tanti rifiuti, segni inequivocabili di frequentazioni tutt’altro che rare e innocue.

Una  ferita purulenta che la nostra isola dovrà ancora sopportare chissà per quanto altro tempo, visto che nulla si è mosso rispetto alla situazione che già si era delineata in tutta la sua gravità un anno fa. E il passaggio repentino del fascicolo del depuratore di Ischia all’Arcadis, l’Agenzia regionale della Campania per la Difesa del suolo, allora appena nata, nell’autunno del 2011,  non è servito a sbloccare nulla, come pure era stato annunciato.

Di fatto, tutto è rimasto bloccato all’ipotesi di una transazione con la principale impresa aderente all’Ati, l’Associazione temporanea di imprese che si era aggiudicata l’appalto per la realizzazione dell’impianto ischitano e che ormai si è praticamente dissolta. L’ipotesi prevedeva la liquidazione di un somma ingente, pare sette milioni e mezzo di euro, che però avrebbe dovuto sborsare l’Assessorato regionale all’Ambiente, mentre l’Arcadis (altro particolare che non agevola l’uscita da cul de sac) dipende dall’Assessorato ai lavori Pubblici. Comunque, la transazione non si è concretizzata. E forse non sarà rimasta estranea a questa scelta la considerazione che una transazione del valore di un milione e mezzo di euro era stata già conclusa nell’estate del 2010, quando era stato raggiunto un complesso e delicato compromesso tra l’allora ente esecutore dell’opera, ovvero il Commissariato di Governo per l’Emergenza Bonifica e Tutela delle Acque in Campania, la Sovrintendenza archeologica (che è ancora oggi parte in causa per via dello scavo archeologico interrotto gioco forza dal blocco del cantiere) e la ditta appaltatrice dei lavori, che aveva appena avviato un contenzioso con il Commissariato stesso. La ripresa dei lavori da settembre avrebbe dovuto portare al completamento del depuratore in un biennio. Ma non è andata così.

D’altra parte, siccome per la realizzazione completa del depuratore erano stati stanziati 17 milioni di euro e la somma spesa è stata di circa 10 milioni, se la transazione ne avesse impegnati altri 7, sarebbe stata utilizzata l’intera somma impegnata e con quali possibilità di ottenere un altro finanziamento per completare l’opera, che è solo al 40 per cento del totale?

Meno male che, nello “sperpetuo” del contorno, almeno le strutture di cemento resistono e che i ferri del cemento armato, opportunamente trattati, non sono stati aggrediti dalla ruggine. Ma per quanto altro tempo resisteranno? E quanto potrebbe costarci in più l’opera finita, se non si fermerà il degrado a cui è abbandonata? Senza contare che bisognerà rinnovare il parco mezzi, gli impianti, risistemare tutte le attrezzature, con costi e tempi ulteriori. Che bell’affare! Senza dimenticare gli operai del cantiere (anche se gran parte delle opere sono state realizzate per lotti con subappalti), che avanzano ancora tre mesi di stipendio, la Cassa edile e parte della liquidazione, perchè almeno una porzione di quella l’hanno recuperata con un’azione giudiziaria.

Insomma, comunque la si valuti, quella del depuratore bloccato a Punta San Pietro è una vergogna che Ischia si è permessa già troppo a lungo. Per quanto ancora dovrà durare?

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