Gli Atellii, una famiglia italica di valenti artigiani tra Aenaria e la spagnola Cartagena

IMG_0239Il loro nome è ormai indissolubilmente legato a quello di Cartaromana e, dunque, dell’isola d’Ischia. Nessuna ricerca che riguardi gli uni o l’altra può prescindere da quell’inevitabile accostamento, destinato forse ora a rafforzarsi vieppiù, qualora fosse testimoniato anche da qualche altro reperto che dovesse emergere dallo scavo ancora in corso nella baia di Sant’Anna, che ha riscoperto l’antica Aenaria. La città romana in cui vivevano alcuni rappresentanti della famiglia degli Atellii, la cui fama è giunta fino a noi, superando l’oblio dei secoli, grazie al loro lavoro come gestori di una plumbaria, ovvero un’officina per la lavorazione del piombo e di altri metalli. Dalla quale uscivano oggetti che recavano la firma grazie alla quale, a distanza di venti secoli, è stato possibile ricostruire la presenza e l’attività sulla nostra isola di quella gens che fu presente ed attiva, pressappoco nello stesso periodo, anche a Carthago Nova, in Spagna. Dunque, una firma, quella degli Atellii, che collega e accomuna, nonostante la lontananza geografica, due diverse località del Mare Nostrum.

A svelare l’esistenza degli Atellii a Ischia furono i primi rinvenimenti di reperti nel mare di Cartaromana intorno agli anni Settanta, quando si cominciò a parlare di Aenaria. Tra gli oggetti sottratti alla protezione ultrasecolare dei fondali sabbiosi colonizzati dalla Posidonia oceanica, emersero anche dei lingotti di piombo, con quella firma importante di cui presero visione allora, per la prima volta, esperti ed appassionati. Particolarmente resistente all’aggressione tanto prolungata dell’acqua di mare, il piombo, appena ricoperto da una patina biancastra, aveva mantenuto inalterata l’incisione del nome del titolare dell’officina in cui i lingotti erano stati realizzati: Gneo Atellio. A lui seguì, quale erede e titolare dell’officina, il figlio Miserino, a testimonianza di un periodo di attività abbastanza prolungato nel tempo, a cavallo tra il I secolo a.C e il I d.C.

A distinguere la produzione della plumbaria degli Atellii rispetto a quelle delle altre officine della città erano le dimensioni e le forme dei lingotti di piombo. Tra i lingotti riportati alla luce nei decenni passati, quelli con la “firma” raggiungevano dimensioni ragguardevoli, fino a superare i 36 chili, partendo da oggettivi di poche decine di grammi. Dimensioni comparabili a quelle delle produzioni più apprezzate della Sardegna, della Spagna e della Bretagna. Senza trascurare l’ampia varietà delle forme che venivano date ai lingotti durante la fusione.

Accanto alle particolarità morfologiche dei lingotti degli Atellii, gli studiosi hanno evidenziato anche un altro elemento distintivo, individuato nella purezza della materia prima utilizzata, ovvero il metallo di piombo, che proveniva dalla apprezzate miniere della Spagna. Quel tipo di approvvigionamento in città era un’esclusiva proprio degli Atellii, a causa dei loro legami di parentela con un altro ramo della famiglia, che si era trasferito proprio a Carthago Nova, l’attuale Cartagena, dove svolgeva la stessa attività artigianale di lavorazione dei metalli, in contemporanea con la bottega isolana.

I lingotti di piombo, ma anche di altri metalli pregiati, come gli oggetti di uso comune – vasi, brocche, padelle, coperchi, tubi per gli impianti idraulici nei quali i romani erano maestri – di produzione degli Atellii, che sono stati recuperati nel fondale di Aenaria, costituiscono una parte significativa dell’esposizione di reperti di età romana del nostro Museo Archeologico di Pithecusae. Che idealmente si collega all’omologo Museo Archeologico della spagnola Cartagena, dove nella sezione dedicata all’epigrafia romana, si conserva l’unico documento di Carthago Nova giunto fino a noi: un rilievo che rappresenta una scena di lavoro agricolo accompagnato da alcune parole in onore del defunto, che apparteneva alla famiglia degli Atellii. A testimoniare la loro attività industriale, poi, ci sono le monete di metallo prodotte per la città, distinte in varie serie, che coprono un arco temporale tra il I sec. a.C. e il I d.C. Le firme corrispondono a tre Atellii, di generazioni successive, tra i quali compare uno Gneo Atellio, omonimo del parente isolano, imprenditore nello stesso ramo. Diversi rami di una famiglia italica originaria della Campania, che ottenne l’ambita cittadinanza romana dopo la guerra sociale. Cittadinanza che univa sia il ramo isolano che quello spagnolo. Da Aenaria-Ischia a Carthago Nova-Cartagena attraverso i secoli.

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