L’effetto a cascata della chiusura del Psaut di Ischia sul funzionamento del Pronto soccorso del “Rizzoli” era fin troppo facilmente prevedibile. E purtroppo largamente previsto, da quando, un paio di anni fa, era arrivato l’annuncio del nuovo taglio deciso dai vertici dell’Asl Na2 Nord. Tanto che oggi non c’è motivo di stupirsene, ma è solo il caso di prenderne atto. E di registrare le conseguenze pratiche di quella scelta e soprattutto i disagi che ne sono derivati all’utenza. Che continua a lamentarsene, a ragione, perchè certe defaillance che si verificano in via Fundera non sono frutto nè di esagerazioni nè di percezioni erronee, ma costituiscono semplicemente un dato oggettivo.
Una volta il fenomeno si manifestava prevalentemente in piena stagione turistica, quando le richieste di assistenza in ospedale subivano una brusca impennata e si cominciava proprio dal Pronto soccorso. Adesso le file fuori del reparto di prima emergenza non sono più caratteristiche di periodi particolari, ma sono diventate quasi una costante dell’attività quotidiana del “Rizzoli”. Insieme ai tempi di attesa, piuttosto lunghi anche in giornate relativamente tranquille, lontano da certi eccessi estivi. E così quella che fino a non molto tempo fa poteva essere considerata l’eccezione, è diventata una regola, che non rappresenta di sicuro un progresso in direzione di una maggiore efficienza per l’ospedale isolano. In effetti, i tempi di accesso al Pronto soccorso appaiono notevolmente rallentati e siccome i posti disponibili per le visite non sono diminuiti (e purtroppo neppure aumentati), è altrove che va ricercato il motivo di questo cambio di passo, lamentato da un numero crescente di persone. Tutti quelli che, come pazienti o accompagnatori, lo hanno subito in questi mesi.
Il paradosso è che la chiusura del Psaut era stata presentata dai vertici dell’Asl come una mossa volta alla razionalizzazione dei servizi di emergenza e come un potenziamento per il Pronto soccorso dell’ospedale, grazie all’innesto del personale medico e paramedico trasferito proprio dal Psaut. E invece finora le cose sono andate diversamente. In parte perchè – come volevasi dimostrare – si sono riversati sull’ospedale tutti gli utenti che prima si rivolgevano al “San Giovan Giuseppe”, che svolgeva una funzione di filtro e d’estate, in particolare, alleggeriva la pressione su via Fundera. In secondo luogo, anche il trasferimento del personale non ha prodotto gli effetti annunciati. Il rafforzamento dell’organico degli infermieri si è rivelato in breve tempo un flop clamoroso, perchè dai sei iniziali ne sono rimasti in servizio solo due. Quanto ai medici, la “rivoluzione”, forse per come è stata gestita, non sembra aver migliorato il livello delle prestazioni, anzi ha creato “vischiosità” organizzative, che rallentano i tempi di visita e di prima assistenza e, contemporaneamente, allungano quelli di attesa.
Dopo un periodo iniziale di evidente sottoutilizzo, infatti, i medici arrivati dal Psaut sono diventati gli unici sanitari in servizio in Pronto soccorso, dove in precedenza erano distaccati dai reparti, in ogni turno, un medico internista e un chirurgo. La presenza dei colleghi trasferiti dal territorio ha fatto sì che gli specialisti in forze ai reparti lasciassero l’impegno di emergenza, per concentrarsi sull’assistenza ai degenti. La quadratura del cerchio? Non proprio, perchè i sanitari ex Psaut hanno continuato a richiedere la presenza degli specialisti. Che, non essendo più fissi in Pronto soccorso, di volta in volta debbono essere chiamati ad intervenire. Cosa che avviene secondo la disponibilità momentanea rispetto all’attività di reparto, con tempi non celeri di risposta. E così le visite in emergenza si prolungano e anche di parecchio, specie quando ci sono casi più seri e delicati per i quali è ritenuta necessaria la consulenza specialistica, con il conseguente incremento delle attese nella sala di accesso al Pronto soccorso. E quando, come accade sempre più spesso, il numero di utenti è notevole, il meccanismo si complica e l’organizzazione ne soffre. Tanto più che il triage ( il criterio che regola l’ordine delle visite secondo la gravità dei singoli casi) viene effettuato in modo sommario, in assenza di una sala dedicata e con i limiti strutturali enormi del Pronto soccorso del “Rizzoli”. Di cui è sempre più evidente l’inadeguatezza degli spazi rispetto alle reali necessità dell’unico presidio isolano.
E se questa è la difficile situazione in un periodo dell’anno “normale”, quando le cose prima filavano lisce, figuriamoci quel che accadrà nei mesi in cui il Pronto soccorso è da sempre un “porto di mare” 24 ore su 24! Nell’estate successiva alla sua nomina, era stato il direttore generale Ferraro, trovatosi a dover aspettare un po’ troppo a suo avviso in sala d’aspetto per poter essere visitato in Pronto soccorso, a gridare contro la disorganizzazione del presidio! Di certo, le sue scelte e la sua azione successive non hanno aiutato a migliorare la situazione, anzi forse hanno prodotto l’effetto opposto. Del resto, le lamentele e i disagi reali degli utenti “normali”, quelli che non hanno “credenziali” con cui presentarsi (e ci mancherebbe!), a Frattamaggiore (nuova sede dell’Asl Na2 Nord) sono ignorate. Ma se non ci si deciderà a introdurre dei correttivi, a trovare delle soluzioni che fluidifichino l’attività quotidiana, e in fretta considerato che la stagione turistica è già iniziata, la situazione del Pronto soccorso del “Rizzoli” rischia di farsi particolarmente critica nel prossimo futuro. Con buona pace dei vertici aziendali e delle loro “ricette” miracolose. Al contrario.