Il Consiglio di Stato ha bocciato la chiusura del Psaut, che a Ischia è stata un fallimento!

IMG_0365Dall’Asl nessun commento ufficiale, solo silenzio per adesso. Si aspetta forse di leggere la motivazione della decisione del Consiglio di Stato, che ha bocciato in via definitiva la delibera 631, con cui l’attuale dirigenza della Na2 Nord aveva proceduto nel novembre 2012 alla soppressione dei cinque Psaut del territorio di sua competenza. Nonostante la levata di scudi generale che fin dalla primavera di quell’anno, alle prime avvisaglie delle intenzioni di Monteruscello, si era verificata in tutte le località interessate: da Arzano ad Afragola, da Marano a Varcaturo a Ischia. Petizioni, manifestazioni, appelli e proteste che si erano susseguiti senza sosta per mesi, mentre facevano arrivare al manager Ferraro il loro dissenso anche le amministrazioni locali, comprese quelle isolane. E nonostante si fosse pronunciato nettamente contro quel provvedimento il Comitato dei Sindaci dell’Asl, il cui parere era stato però ignorato. Una forte opposizione sfociata nel ricorso al Tar, conclusasi con la prima sonora bocciatura contro la quale l’Azienda aveva proposto ricorso al Consiglio di Stato. Che adesso dovrebbe aver scritto la parola fine ad una storia sbagliata. Fin dall’inizio.

A prescindere dall’assoluto e decisivo valore della pronuncia del massimo organo della giustizia amministrativa, la chiusura dello Psaut, almeno nell’esperienza ischitana, si era rivelata un aborto già un mese dopo la sua concretizzazione. E  in seguito le cose non erano cambiate granchè. Infatti, non era stato centrato nessuno degli obiettivi di “riorganizzazione” e di risparmio con cui la dirigenza dell’Asl Na2 Nord aveva motivato la sua scelta, portandola avanti con la massima decisione. Un fallimento che si è confermato tale anche a distanza di tempo. Su tutti i fronti.

Per l’Asl, l’abolizione degli Psaut era principalmente finalizzata ad una riallocazione del personale sanitario presso i Pronto soccorso degli ospedali di riferimento dei vari territori, per rinforzare organici che non si era in grado di potenziare in altro modo.  E così, per quanto riguarda Ischia, tutti gli infermieri (otto sulla carta) e una decina di medici (su diciotto, gli altri sono rimasti a Ischia per prestare servizio sulle ambulanze del 118) furono trasferiti al “Rizzoli”, espressamente per essere utilizzati nel Pronto Soccorso. Un innesto che non ha dato i risultati annunciati (sperati sarebbe improprio, perchè dubbi ce n’erano già da prima), nè sul piano della quantità e nè della qualità del servizio.

Se l’inserimento degli infermieri, peraltro ridottisi quasi subito di numero per vari motivi, avvenne in modo piuttosto naturale, senza però rappresentare la svolta necessaria per l’organico dei paramedici dell’ospedale isolano, non altrettanto si può dire dell’assorbimento dei medici. Che non si è mai veramente compiuto. Per mesi, pur essendo a disposizione, non si riuscì a utilizzarli all’interno del reparto di primo soccorso. Poi, quest’ultimo è stato di fatto affidato proprio a loro, portando però ad un disimpegno sia degli internisti che dei chirurghi inquadrati nei reparti, che prima coprivano i turni al Pronto soccorso. Una riorganizzazione? Certo, peccato però che abbia avuto come conseguenza un peggioramento del servizio in Pronto soccorso e un allungamento biblico dei tempi di visita e, contemporaneamente, di quelli di attesa e delle file all’esterno. Con contorno di proteste e lamentele in serie da parte degli utenti. Insomma, il reparto di emergenza del “Rizzoli” non si è affatto giovato della novità, ma ne ha subito un netto regresso.

Peraltro, con la chiusura del Psaut, che con i pochi mezzi anche diagnostici disponibili smaltiva una percentuale di visite significativa, ha affollato ancora di più il già saturo Pronto soccorso di via Fundera, aggiungendo un’altra complicazione all’andamento già claudicante del reparto centrale dell’ospedale. Insomma, sul piano organizzativo, della qualità delle prestazioni di primo soccorso e del funzionamento dell’ospedale, la chiusura del Psaut è stata un fallimento. Ampiamente annunciato.

Anche sul piano economico, che sembra tanto appassionare i vertici dell’Asl, il riscontro è stato nullo. Il personale è stato solo spostato da un posto all’altro, senza incidere sul costo. E a livello strutturale, i locali del Psaut appartengono ad un edificio, quello del presidio “San Giovan Giuseppe”, che è comunque nella disponibilità dell’Azienda, che lo ha in affitto Psaut o non Psaut. Per cui non c’è stato un euro di risparmio. Semmai c’è stato uno spreco, visto che fino a pochi mesi fa, le stanze ex Psaut erano rimaste vuote. Adesso, sono utilizzate nelle domeniche stabilite per l’accoglienza e le prime analisi dei donatori di sangue e, nei giorni feriali, uno dei locali serve per le prenotazioni delle visite ambulatoriali del presidio di via Mirabella.

Alla fine, la decisione del Consiglio di Stato fa solo chiarezza in una situazione che equivale ad un indiscutibile fallimento. Nei termini e con le modalità che in tanti avevano previsto, chiedendo ai vertici aziendali di ripensare una scelta sbagliata. Ma Ferraro fu irremovibile allora. Com’è oggi per la questione Villa Orizzonte. Non sarebbe il caso di rifletterci, da parte del direttore generale, prima di sbagliare un’altra mossa?

 

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