A vederlo ora, sembra impossibile che possa aver avuto un passato tanto illustre. L’aspetto inganna e, in questo caso, lo fa clamorosamente, vista l’abissale differenza tra ciò che è stato in diversi periodi storici e l’attuale agglomerato di mattoni, pure smozzicato, che si offre sempre più indecorosamente allo sguardo distratto degli isolani e a quello, stupito e sconcertato, dei turisti che vi si imbattono in arrivo o in partenza dall’isola. E’ davvero una misera sorte, quella toccata all’isolotto che sorgeva all’interno dapprima del Lago de’ Bagni e poi, dopo lo spartiacque del 1854, del porto di Ischia. Quando si trasformò nel Tondo, perdendo completamente le sue caratteristiche originarie e assumendo l’aspetto anonimo che, nel tempo, ne ha fatto progressivamente dimenticare il valore. Fino all’oltraggio subito con la costruzione del secondo pontile per i Mondiali ’90, quando inutilmente si cercò di evitare che venisse inglobato in un’opera che ne avrebbe compromesso forse irrimediabilmente la dignità di monumento. E che avrebbe potuto minarne la stessa struttura. Ciò che si sta verificando ora, con il rischio sempre più incombente di perdere per sempre una testimonianza storica preziosa. Quale è quella rappresentata dal Tondo cosiddetto di Marc’Aurelio.
Il degrado a cui era abbandonato da decenni lo aveva già reso fragile, ma il mancato utilizzo del pontile protrattosi per oltre vent’anni lo aveva protetto da conseguenze più distruttive. Che, invece, si stanno verificando da quando il molo è stato recuperato come punto di ormeggio per i mezzi veloci, a causa dell’impraticabilità del primo pontile. Una situazione che si sta protraendo ben oltre i tempi inizialmente indicati dalla Regione (che non ha ancora mosso un chiodo sul pontile da ristrutturare), accrescendo i rischi per il Tondo, che è ridotto in condizioni a dir poco penose. E non solo per le erbacce che danno a prima vista l’impressione di un prolungato abbandono. Quanto, piuttosto, per l’ampio squarcio che si è aperto lungo il contorno della struttura, dove si è verificato il cedimento di diversi mattoni, mentre appaiono sempre più precari quelli vicini. Una breccia che lascia poco spazio all’immaginazione, circa quello che potrà essere il risultato degli effetti, protratti nel tempo, delle manovre dei mezzi che utilizzano l’annesso pontile.
Ad occuparsi del Tondo e a porre il problema della sua preservazione negli anni sono stati il Centro Studi Isola d’Ischia, autore di vari segnalazioni e istanze agli enti preposti alla tutela, il Comitato Porto…Salvo, che di recente ha ripreso l’iniziativa, proprio dopo aver constatato gli ulteriori danni riportati di recente dalla struttura. E la prima mossa è consistita, qualche settimana fa in una richiesta d’incontro al comandante del porto di Ischia. Che in seguito ha ricevuto la delegazione guidata dal presidente Rosario Coppa, il quale ha avanzato alcune proposte. In particolare, il Comitato ha chiesto: di “disporre una immediata ispezione col NUCLEO OPERATORI SUBACQUEI che, come si legge sul sito web, sono attrezzati per ispezione e rilevamenti fotografici di infrastrutture subacquee e vigilano sulle aree marine di interesse storico, artistico ed archeologico compreso strutture murarie portuali sommerse; di interdire l’apposizione di cavi di ormeggio per evitare di sollecitare ulteriormente la fatiscente muratura in mattoni; di allontanare dall’isolotto la cavitazione delle turbine degli aliscafi, spostandone l’attracco dalla punta alla radice del cosiddetto Pontile n.2″.
L’incontro, tuttavia, non ha portato ai risultati auspicati dal Comitato, che perciò si è rivolto successivamente alla Capitaneria del Porto di Napoli, con un’altra lettera sul “paventato collasso dell’isolotto di Marco Aurelio”, sottolineando come “la Vs. struttura periferica non si è resa conto della possibile perdita inestimabile e del risalto negativo che il caso assumerebbe presso gli organi di informazione nazionale, al pari dei casi di Pompei e Volterra”. Dopo aver ricordato le richieste avanzate, la nota ha precisato i temi toccati nella discussione. In particolare, nel merito delle “dimensioni massime compatibili con lo specchio acqueo abbiamo dimostrato che le misure del porto (imboccatura e superficie) sono insufficienti a garantire una entrata sicura, un capace cerchio di evoluzione, uno spazio di arresto (crash stop) sufficiente a traghetti che misurano fino ad 80 m in lunghezza e 15 m in larghezza. Abbiamo inoltre fatto notare come, alla velocità massima consentita di 3 nodi, i predetti traghetti non governano e quindi le manovre avvengono a velocità pericolosamente superiori e quindi in costanza di violazione della legge. Infine, sempre in Capitaneria, abbiamo illustrato la recente sentenza della Corte di Appello di Napoli che condanna la Caremar a risarcire i superstiti di un decesso avvenuto nel Porto a causa delle manovre del traghetto “Sibilla”. In essa la Corte sentenzia che Il Porto d’Ischia ha uno specchio d’acqua ristretto in relazione alle considerevoli dimensioni del traghetto “.
La lettera non nasconde la delusione per l’incontro al Circomare Ischia e il persistere di una condizione di pericolo per il Tondo e auspica che le risposte sollecitate arrivino da Napoli. Perchè le continue sollecitazioni a cui è sottoposto il monumento, oggi più che mai possono comprometterne per sempre la tenuta, con il rischio reale di perderlo e, con esso, di distruggere una importante testimonianza storica che va assolutamente preservata.
Pare, peraltro, che il Comune d’Ischia avrebbe intenzione di celebrare in settembre il 160° anniversario dell’apertura del porto borbonico. Ma che senso avrebbe un omaggio ad un evento storico di indubbio rilievo, senza assumere alcun provvedimento per salvare il monumento ancora più antico e significativo, che ha fatto la storia di quel luogo e che connota in modo assolutamente unico il porto ischitano?