E Moni Ovadia disse: “Leggere l’Odissea a Ischia è diverso che in ogni altro luogo”

IMG_0421E’ una tranquilla serata d’estate, anche se per il calendario è già autunno. Una brezza lieve dà respiro alla piazza antistante l’antico convento francescano di Forio. Sullo sfondo, nella penombra, i due capolavori delle chiese di San Francesco e di Santa Maria Visitapoveri con i loro  imprevedibili gioielli d’arte. E davanti ad una piccola folla attenta e raccolta, in piena luce, MONI OVADIA, ospite della rassegna “IL CONTASTORIE”,  dà una grande prova d’attore. Parole che scavano, evocano, stimolano emozioni, riflessioni, collegamenti. Parla di viaggi e di viaggiatori, di disponibilità mentale e culturale all’incontro, allo scambio, alla condivisione con l’altro, del superamento culturale dell’io a favore del tu. Ricorda il viaggio decennale di Ulisse verso Itaca, che racchiude e sintetizza il viaggio della vita, e quello di Abramo verso la terra promessa, cesura netta con il passato suo e della sua gente e proiezione verso una dimensione altra, una identità nuova. E poi la forza, l’intensità, la bellezza assoluta dei versi di Omer, che irrompono potenti. Ovadia dà voce e senso al canto dell’Odissea che racconta la sfida dell’arco lanciata da Penelope ai Proci e la vittoria di Odisseo, nascosto sotto le vesti logore di un mendicante,  rimasto a lungo lontano dalla patria. Tremila anni non hanno minimamente scalfito la straordinaria forza espressiva e il potere coinvolgente di una storia che forse lo stesso Omero proponeva ai suoi ascoltatori in una calda serad’estate profumata di salsedine. Come Ulisse tenne avvinti con la narrazione delle sue peripezie lungo le coste del Mediterraneo re Alcinoo e la regina Arete, nella terra dei Feaci.

“Leggere l’Odissea a Ischia non è come leggerla altrove. L’energia liberata da questa terra è straordinaria”, è il commiato di Ovadia dal pubblico che applaude entusiasta, per l’interpretazione magnifica, l’atmosfera che l’ha avvolta e il valore dell’incontro che ha saputo creare fin dal primo contatto con la platea sconosciuta. Già, l’Odissea a Ischia è più di una perfetta performance teatrale, di un’occasione culturale vivificante, di un felicissimo momento di interazione mentale tra chi declama magistralmente i versi e chi ne gode senza rimanere ascoltatore passivo. Anche se la serata si è identificata in tutto questo. E non era scontato. E non è usuale.

In questa terra, anche così diversa e lontana nel tempo, è impossibile non ricordare che fu toccata dagli Achei, da loro esplorata e scelta come approdo nei viaggi attraverso il grande mare, compiuti con le difficoltà, le conoscenze, la perizia, gli ostacoli, le sorprese, gli incontri che segnarono anche il viaggio dell’eroe cantato da Omero. Ed è questa la terra promessa delle genti che, due secoli più tardi, lasciarono definitivamente l’Eubea per dirigersi verso Occidente e andare a vivere lontano dalla madrepatria, verso un futuro carico di incognite, tutto da costruire in una realtà forse inospitale, perfino potenzialmente ostile. Con loro portavano attrezzi, oggetti, saperi, abitudini, ricordi, tradizioni, il culto per i loro dei. E la loro lingua, con i segni che permettevano di comunicare non solo a parole ma anche con la scrittura. E una cultura,  che comprendeva già i poemi di Omero. Certamente l’Iliade, perchè senza la sua conoscenza nessuno avrebbe mai potuto incidere su una semplice coppa per bere  dei versi sul  vecchio Nestore, reso immortale dal grande poema sulla guerra di Troia.

Erano viaggiatori, gli euboici, e lo restarono anche dopo essere divenuti pithecusani. Viaggiatori aperti all’incontro, allo scambio con gli altri popoli, più o meno vicini, con cui i loro commerci li portavano continuamente in contatto, da una sponda all’altra del Mediterraneo e lungo le coste della penisola di fronte alla loro nuova isola. Scambi e interazioni anche culturali, grazie ai quali l’alfabeto portato dall’isola natia si diffuse nella penisola, diventando patrimonio anche di altri popoli e, attraverso i secoli, pilastro della nostra capacità espressiva attuale e del nostro patrimonio di conoscenze. Un fatto culturale enorme, dirompente, capace di generare una svolta epocale in quel secolo, l’ottavo prima di Cristo, e di continuare a produrre effetti fino ai nostri giorni. Per questo leggere l’Odissea a Ischia è un’altra cosa. E lo stesso incontrarla nella vigorosa e convincente versione di un magnifico interprete. In una calma serata estiva d’inizio autunno. Ideale per incontri tra viaggiatori della vita, sempre in cammino.

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