160 anni dopo la sua inaugurazione ufficiale, il porto è tornato per un giorno protagonista assoluto. E non per le sue molteplici quotidiane funzioni, nè per le carenze e inadeguatezze che vi vengono sempre più spesso rilevate. Stavolta, è stato al centro dell’attenzione
solo per sè stesso, per il suo aspetto, le sue particolarità, la sua identità. Poche ore per riavvolgere il filo della storia e ritrovare le atmosfere, le immagini, i panorami che da decenni non appartengono più alla realtà dell’approdo borbonico. Diventato un luogo di passaggio, spesso affrettato e indifferente, per migliaia di persone ogni giorno, che a mala pena si fermano a guardarlo, figuriamoci a considerarlo un monumento, naturale e storico, meritevole di per sè di essere esplorato e apprezzato. D’altra parte, l’impresa non è delle più semplici, anzi risulta quasi ardua con il caos che è la condizione naturale sulle rive del porto in ogni ora della giornata, la massa di imbarcazioni che affolla l’intero bacino, il pontile “sgarrupato” con le sue ferraglie e i pezzi pericolanti e l’altro pontile che occulta e divora l’antico isolotto conosciuto come il Tondo, e i gabbiotti per le biglietterie che inglobano la statua del Redentore e impediscono la visione dal mare della Chiesta di Portosalvo, rendendo complicato anche il semplice scatto di una fotografia da terra. Annessi e connessi, brutture, difetti che offuscano la bellezza ancora strepitosa, ancorchè decadente, dello scalo ultracentenario.
Quella della Festa, al di là della rievocazione, è stata una liberazione del porto da ciò che da qualche decennio ne ha sostituito l’essenza originaria, fornendogli una nuova identità. Oggi, per qualche ora e non senza difficoltà e conseguenze, almeno sulla normalità del traffico marittimo, il porto è tornato indietro nel tempo. Anche più in là di quel rumoroso e affollato 17 settembre 1854, quando si fece gran festa per celebrare la novità che avrebbe cambiato la vita dell’isola e dei suoi abitanti. Oggi, spostatasi verso il centro del paese la folla che si era assiepata sulle rive per assistere alle ricostruzione (una forzatura storica, però efficace dal punto di vista spettacolare) dell’arrivo della famiglia reale, il passo indietro nel tempo è sembrato perfino più lungo del previsto, quasi un ritorno del lago. Con i voli dei colombi a sostituire quelli degli uccelli acquatici, che numerosi vivevano tra la fitta vegetazione che circondava al bacino lacustre. E branchi di piccoli pesci a saltare sull’acqua, come doveva essere usuale nel lago che aveva conquistato per primo Ferdinando IV, grande appassionato di pesca. Era stato proprio quello il motivo che lo aveva convinto a farsi cedere dai discendenti del protomedico Buonocore la bella residenza costruita da Francesco nel 1735, per tornare ogni estate a trascorrervi periodi sempre più lunghi. Stasera, con la dolce luminosità che accompagna il tramonto su questo versante dell’isola e la placida distesa d’acqua tornata padrona assoluta del vasto bacino circolare, il lago è tornato d’improvviso realtà. Una magia durata poco, ma abbastanza per regalare emozioni speciali. Destinate, per forza di cose, a rimanere rare.
Come le immagini dei velieri, uniche imbarcazioni presenti nel porto in questo pomeriggio straordinario. Com’era ancora fino alla metà del secolo scorso, quando le scene di vita nel porto erano segnate dal via vai dei velieri che caricavano barili di vino destinati ad altri porti, in varie parti della Penisola, o che, di ritorno, scaricavano i prodotti acquistati altrove per essere commercializzati sull’isola. Un porto senza caos, senza brutture, nonostante l’intensità degli accosti e dei traffici che vi si svolgevano. Un porto sicuro, dove in caso di maltempo riparavano anche le navi passeggeri, che solitamente facevano scalo nella rada di Ischia Ponte, per l’imbarco e lo sbarco dei viaggiatori e delle merci. Un porto dove i ragazzi facevano ancora il bagno, senza preoccupazioni nè rischi per la loro salute.
Il porto descritto da mio padre. Con i nomi dei velieri e dei vapori che lo frequentavano, le voci e le storie delle persone che ci lavoravano e ci vivevano, le parentele e le amicizie che le legavano, l’ubicazione delle botteghe e le consuetudini quotidiane. Il porto che ci restituiscono le tele dei grandi artisti ischitani del Novecento esposte nella mostra sul Palazzo Reale. Il porto che i più anziani ancora ricordano e che riprende vita, ogni volta. dai loro racconti. Emozioni personali in un pomeriggio speciale, il classico strappo alla regola. Già archiviato, piacevolmente, nella memoria. Perchè è già domani. E il porto, dopo la festa, è tornato alla sua normalità. Che non vuol dire necessariamente la sua condizione migliore.