Ce ne sono voluti di giorni, ma la Tac del “Rizzoli” è stata riparata. Ed è già tornata a svolgere la sua funzione. Tanto fondamentale che nei giorni di inattività forzata dell’apparecchiatura, peraltro di acquisto recente e di ultima generazione, i disagi per l’utenza e le ripercussioni sulla quotidianità dell’ospedale sono state notevoli. E anche i costi, visto che si è stati costretti a ricoverare in osservazione pazienti che, altrimenti, fatto l’esame, avrebbero potuto essere tranquillamente dimessi. Così come, per effettuare le Tac urgenti, si è dovuto ricorrere ad appositi trasferimenti in terraferma. Insomma, forse sarà il caso di organizzare un servizio per le riparazioni più tempestivo, anche se dovesse costare di più, considerati i costi ben maggiori legati al mancato utilizzo dell’apparecchio.
Ma se il problema Tac è stato risolto, non altrettanto si può dire per l’ascensore solitamente in uso ai visitatori, che è anch’esso rotto da parecchi giorni e anche in questo caso la riparazione si fa attendere. Non è la prima volta, anzi. Quell’ascensore si è fermato già parecchie volte e c’è sempre voluto un bel po’ di tempo per rimetterlo in movimento. A quanto pare, gli anni passano, ma al “Rizzoli” certe dèfaillance restano immutabili. D’altra parte, in via Fundera quello dell’ascensore è stato sempre un punto debole, per i tempi biblici richiesti dagli interventi di riparazione. Quando ce n’era in dotazione solo uno e bisognava portare sue giù i pazienti per le scale e tutti i materiali, gli apparecchi, la biancheria e quant’altro, passavano anche settimane per avere le “grazia” dell’intervento dei manutentori. Era l’epoca del “vecchio ospedale”, di deficit funzionali enormi, dell’assenza di investimenti a Ischia. Per questo si fece una battaglia perchè il “nuovo” ospedale avesse due ascensori ben funzionanti. Ma com’è possibile che, a distanza di vent’anni e oltre, ci vogliano ancora le calende greche per vedere i manutentori in azione al “Rizzoli”? Devono arrivare ogni volta dall’America, dalla luna, da dove? Se la manutenzione fosse tanto travagliata ogni volta che si blocca un ascensore, in Italia si salirebbe tutti a piedi anche nei grattacieli. E le riparazioni in un ospedale, non dovrebbero essere ancora più veloci? Domande retoriche… Purtroppo, quando c’è di mezzo il presidio isolano va tutto a rilento e inefficienza e disorganizzazione sono la regola.
A proposito di lentezza, che dire dei lavori in corso nel reparto Ostetricia e Ginecologia? Secondo le previsioni, dovevano essere finiti da un pezzo. Invece, anche settembre è passato e ancor ancora non si vede la luce. Pare che dei pezzi necessari non siano arrivati, per cui bisogna aspettarli, sennò non si può completare l’opera. Campa cavallo! E nel frattempo si protraggono nel tempo anche gli enormi disagi e gli obiettivi disservizi che derivano al funzionamento del reparto dall’essere trasformato da mesi in un cantiere. Difficoltà per l’utenza, che si fatica sempre di più a sopportare, proprio a causa dell’allungamento dei tempi della ristrutturazione. Ma è possibile che, qualunque lavoro si faccia in via Fundera, non si rispettino mai le scadenze previste e stabilite? E’ possibile, evidentemente. Anzi, è la prassi…
Con il protrarsi dei lavori per la “maternità”, slitta anche l’avvio di quelli che dovrebbero coinvolgere il blocco operatorio e che dovrebbero seguire subito dopo la chiusura del cantiere ancora in corso. Insomma, ognuno di questi ritardi, a cascata, ne comporta altri e, considerato che si tratta di lavori di notevole impatto sui servizi che coinvolgono e, dunque, sui malati, gli effetti del problemi sono moltiplicati, se non massimizzati. Che è tutto il contrario di ciò che in un ospedale dovrebbe accadere.
Peraltro, ancorchè ristrutturato relativamente da poco tempo, soltanto nei primi anni Duemila, e nonostante il costo dell’impresa, il “Rizzoli” è rimasto un cantiere in permanenza, con lavori a morsi e bocconi, che hanno interessato ora l’uno ora l’altro piano, sempre con tempi lunghi e disagi assicurati. Certo, si è dovuto cercare di ovviare al mancato ampliamento, ma siamo sicuri che questa sia la strada più utile, oltre ad essere certamente la più accidentata? Mah, anche in questo caso la comunità isolana è rimasta tagliata fuori da ogni scelta e valutazione, tutto si è deciso a Monteruscello e gli effetti non esaltanti si vedono…e si subiscono nella quotidianità dell’unico ospedale dell’isola. Che ormai lavora in permanenza al massimo delle sue possibilità, anche strutturali. E, a quanto pare, senza vantaggi eclatanti dai tanti minicantieri che si sono susseguiti in questi anni.