Villa Stefania: ecco le richieste dell’Asl al Consiglio di Stato, si prepara la risposta ischitana

hotelstefaniaAlla fine, il direttore generale dell’Asl, seppur sul punto di lasciare il suo incarico tra un mese e essendo già scaduto il suo mandato, non si è adeguato alla decisione del Tar dell’11 settembre scorso. E ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato. Adesso non si tratta più di voci e illazioni, ma di un fatto preciso, visto che l’istanza dell’avvocato che rappresenta Ferraro, MICHELE SPAGNA, è stata notificata, tramite i rispettivi legali, al Comune di Casamicciola, che è la controparte in questa vicenda, e a tutti gli altri soggetti che avevano preso parte al giudizio innanzi al Tar ad opponendum: gli altri cinque Comuni dell’isola, il Vescovo di Ischia e i componenti del Comitato spontaneo di Cittadinanza attiva. Dunque, sarà il giudice amministrativo di secondo grado a doversi pronunciare sulla legittimità dell’allocazione dei servizi della salute mentale e della Sir isolana presso l’ex Hotel Stefania a Casamicciola.

L’atto depositato dall’avvocato si concreta nella richiesta di rivedere la decisione del Tar, che aveva confermato le ordinanze del Comune di Casamicciola sul ripristino della destinazione d’uso preesistente, a causa della mancanza del titolo abilitativo, e sulla cessazione immediata dell’attività sanitaria in atto presso l’ex Hotel Stefania. Attività che, si legge, “costituisce ineludibile mission per l’azienda appellante”. E di conseguenza, partendo dalla tutela della salute garantita dall’art.32 della Costituzione, si arriva ad individuare nelle ordinanze comunali l’origine di “un pregiudizio gravissimo” per l’interesse della collettività. E si chiamano in causa i Comuni che, opponendosi alle decisioni dell’Asl, starebbero privilegiando la tutela del territorio sul piano paesistico-edilizio, rispetto alla tutela della salute perseguita dall’Azienda sanitaria! Perciò, si chiede al Consiglio di stato di emanare una ORDINANZA CAUTELARE per consentire, “medio tempore”, di continuare a svolgere presso la struttura di Casamicciola le attuali attività sanitarie e socio-sanitarie in corso, ventilando la necessità, in caso contrario, di doverle trasferire fuori dell’isola.

Nell’istanza si ripropongono i rilievi nei confronti dei Comuni che erano stati anche protagonisti della precedente istanza al Tar. L’Asl continua ad imputare ai Comuni isolani di non aver neppure risposto, a parte Serrara Fontana, ai suoi inviti a collaborare per trovare una struttura alternativa a  quella di via Michele Mazzella da cui il Centro di Salute Mentale aveva ricevuto lo sfratto esecutivo nel 2011. Secondo la ricostruzione proposta al Consiglio di Stato, i Comuni ignorarono le sollecitazioni di Monteruscello, salvo poi attivarsi “paradossalmente” per contrastare l’esito positivo della ricerca fatta da sola dall’Asl, “nell’esclusivo interesse della comunità”, conclusasi con l’affitto dello stabile di via Nizzola nel dicembre 2012. Contratto stipulato - si sostiene nell’atto – dopo che era stata verificata l’idoneità della struttura per il Centro e per l’allocazione di altri servizi, tra cui la Sir. E si fa riferimento al risparmio di 95mila euro l’anno, rispetto agli affitti preesistenti. Fu solo a quel punto, secondo l’Asl, quando venne penalizzata Villa Orizzonte, che i Comuni “si rammentarono di essere anch’essi attori istituzionali”e assunsero un “contegno ostativo” verso la soluzione casamicciolese.

A sostegno della posizione aziendale, si fa riferimento alla Scia presentata al Comune per effettuare i lavori interni; ad una licenza di abitabilità rilasciata sempre dal Comune termale ai precedenti proprietari dell’albergo nell’89 che concluderebbe la pratica di sanatoria presentata in base al primo condono dell’85; ad una comunicazione dell’area tecnica del Comune circa l’identificazione della zona in cui è ubicato l’immobile rispetto al Piano regolatore non come F3, vincolata ad attività termali e ricettive, ma come F6, che contempla anche attività sanitarie.

Comunque, da questo quadro discende che viene ribadito che l’Asl non aveva trovato altre soluzioni sul territorio dell’isola, per cui se fosse costretta, in applicazione delle ordinanze comunali impugnate, a lasciare l’ex albergo Stefania, sarebbe costretta per garantire la “continuità assistenziale” a trasferire i servizi lì allocati fuori dell’isola, che riconosce essere una “soluzione pregiudizievole” per i cittadini, rimpallandone però la responsabilità sui Comuni. Si ribadisce così la richiesta di “misura cautelare”, nelle more auspicando la ripresa di uno spirito di collaborazione con quelli che ha continuato a definire tra virgolette “attori istituzionali”.

“Se subito dopo la decisione del Tar, fosse stato eseguito dal Comune l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi e si fosse proceduto allo sgombero dell’edificio, adesso non ci sarebbe stato spazio per questa richiesta di misura cautelare da parte dell’Asl”, è il commento dell’avvocato BRUNO MOLINARO, che ha rappresentato innanzi al Tar il Vescovo e, con altri colleghi, i Comuni di Barano, Lacco Ameno e Serrara Fontana  e che continuerà a svolgere il suo mandato innanzi al Consiglio di Stato. In relazione all’istanza dell’Azienda sanitaria, l’avvocato sottolinea: “Abbiamo molti elementi da far valere. La stessa Asl non nega l’abusività delle opere effettuate in quella struttura. Tra l’altro, quel condono a cui si fa riferimento non è stato mai concluso, perchè quel procedimento può esserlo solo con una sanatoria che non c’è stata. E poi altre opere  sono state realizzate posteriormente all’89, per cui sono abusive. Faremo valere le nostre ragioni anche a Roma. Siamo abituati a portare fino in fondo le battaglie che iniziamo. E questa è una battaglia a favore di soggetti deboli e in difficoltà”.

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