E’ una realtà sommersa, in gran parte misconosciuta e spesso considerata estranea al nostro contesto sociale. Nel quale, invece, da qualche anno è molto presente. Basta osservare ciò che si verifica ogni giorno nei tanti luoghi dove ormai si gioca, praticamente ad ogni passo, per rendersi conto che il problema è serio, molto diffuso e coinvolge tutte le categorie sociali e le fasce d’età. La proliferazione delle sale da gioco, le lunghe file che si trovano ad ogni ora negli esercizi in cui si gioca al tradizionale lotto e ai solo apparentemente innocui gratta e vinci o altre diavolerie dai nomi accattivanti, la diffusione crescente dei giochi on line sono altrettanti indicatori di un fenomeno che sta crescendo a dismisura e che si è ormai insinuato stabilmente anche nel nostro microcosmo insulare, come e forse più che altrove, considerati i dati, che fanno tremare le vene dei polsi. Così, anche se il termine LUDOPATIA non risulta ancora tanto familiare ai più, ciò a cui corrisponde nella realtà, ovvero una dipendenza dal gioco d’azzardo (cioè di qualunque gioco in cui si scommettano soldi per un vincita aleatoria), lo è molto di più. E con ricadute sociali pesantissime, che sono l’aspetto che comincia ad emergere dal sommerso e ad essere riconosciuto con preoccupazione crescente per la sua pericolosità. Ma, a parte che nelle inchieste giornalistiche o in qualche coraggiosa omelia, l’argomento non era stato mai oggetto di un convegno, dunque di un’occasione pubblica tanto ampia e aperta di riflessione, prima che prendesse l’iniziativa la FONDAZIONE IACONO-AVELLINO-CONTE. Che nei mesi scorsi aveva coinvolto i ragazzi delle scuole medie isolane, i cui lavori sul tema hanno partecipato alla quinta edizione del CONCORSO FRANCESCO FERRANDINO.
L’invito alla conoscenza e alla consapevolezza in relazione al fenomeno della ludopatia è stato raccolto da un pubblico molto vario, che ha affollato il salone dell’Hotel Re Ferdinando di Ischia, presenti il Vescovo PIETRO LAGNESE, i sindaci BUONO, FERRANDINO e DEL DEO, il COMANDANTE DEI CARABINIERI e molti rappresentanti del MONDO DELLA SCUOLA, oltre a un folto gruppo di giovanissimi STUDENTI. A introdurre l’argomento dell’incontro nei suoi significati e implicazioni è stato il giornalista CIRO CENATIEMPO, che ha ricordato come il suicidio di un giovane isolano, appena un anno fa, avesse portato alla luce in tutta la sua drammaticità l’esistenza e l’estensione della dipendenza dal gioco nel nostro microcosmo isolano, fino ad allora piuttosto distratto. E come da lì fosse nato l’impegno della Fondazione su questa situazione di bruciante attualità. Come confermato dal presidente CELESTE VUOSO, che ha sottolineato la diffusione del problema sull’isola e le difficoltà di rapporti e economiche che produce in tante famiglie, oltre al preoccupante coinvolgimento dei giovani. Una responsabilità che pesa sullo Stato, che negli anni ha incentivato il gioco da cui trae notevoli risorse senza interessarsi delle pesantissime ricadute. Nell’auspicare un impegno di segno opposto della politica e delle istituzioni anche locali, anticipando l’intenzione della Fondazione di assumere un ruolo sempre più incisivo sull’isola.
Dal canto suo, nel portare il saluto dell’amministrazione di Ischia, il sindaco Ferrandino ha contestato l’impulso dello Stato al gioco e auspicato una battaglia decisa per riuscire a cambiare le norme attuali, che non consentono agli enti locali di intervenire sul territorio per limitare almeno la moltiplicazione delle sale da gioco. Si tratta di una materia che può essere disciplinata solo dallo Stato e le ordinanze emesse da singoli Comuni, una volte impugnate dai gestori dei giochi, sono state puntualmente sospese dai Tar.
I DATI DEL FENOMENO
A illustrare le dimensioni del fenomeno ludopatia a livello nazionale e locale è stato con delle efficacissime slide GRAZIANO PETRUCCI, che fornito dati eloquenti: su 19 milioni di scommettitori in Italia, ben 3 milioni sono a rischio ludopatia e ben 630mila sono minorenni. In prevalenza maschi (55% contro 45%), con una significativa incidenza di divorziati e una netta prevalenza di persone con basso livello di istruzione e bassa qualifica lavorativa, con alta percentuale di disoccupati. Nettissimo l’aumento delle imprese che gestiscono il gioco, che dal 2010 a oggi sono aumentate del 370% e ben 115 sono in Campania. La massa di denaro che gira intorno al gioco è di 84 miliardi di euro all’anno, il 45% del Pil, con una entrata di una decina di miliardi di euro nel bilancio dello Stato, che però lesina le risorse per contrastare e curare la ludopatia. In questo quadro desolante la Campania ha due tristi primati: per il gioco on line, il più sommerso, e per il numero di giovani coinvolti, ben il 57,8% di minorenni. E nella sola Asl Na2 Nord si è registrata la cifra di ben 30 milioni buttati di risorse di singoli e famiglie buttate nel gioco. Che è terreno fertile per gli affari della criminalità organizzata e di coltura per l’usura.
Due giovani ischitani, ELEONORA SARRACINO e RONTINO, hanno firmato un interessante spot per sensibilizzare sulla ludopatia, che potrebbe essere il primo diffuso in Italia sull’argomento, mentre i giochi sono già protagonisti di tanta martellante pubblicità su tutte le reti.
“INSEGNARE A VIVERE” DI VITTORINO ANDREOLI
E’ stato poi il momento dell’ospite più atteso, per la sua consolidata fama di studioso, la sua grande professionalità come terapeuta e la sua capacità divulgativa, il professor VITTORINO ANDREOLI, che ha appena pubblicato “Corso di sopravvivenza per genitori e insegnanti” ed è intervenuto sul tema “Insegnare a vivere”. Tema gigantesco, che il buon senso e il solido bagaglio di esperienze del professore hanno tradotto in argomentazioni efficaci e convincenti, focalizzate essenzialmente sull’educazione-formazione dei giovani e sui rapporti genitori-figli, ma utili come spunti di riflessione ad ogni età e a prescindere da specifici ruoli familiari.
L’educazione, per il professore, consiste nell’insegnare a vivere. E la vita è fatta di rapporti umani, non consiste nello stare davanti ad una slot machine o ad un computer per giocare, è troppo stupido e insignificante. Andreoli ha insistito molto sul valore delle relazioni interpersonali, animate dal sentimento che fa sentire di aver bisogno di un altro e all’altro di aver bisogno di te, che fa prevalere il noi al posto dell’io, che mette insieme due fragilità trasformandole in un’unica forza esistenziale. E la fragilità, che sembra bandita da una società impegnata a creare ragazzi forti, competitivi, sempre di successo, è invece da (ri)conoscere, accettare e valorizzare come motore della ricerca e del rapporto con l’altro. Anche nei rapporti familiari, in cui il padre non deve avere remore nel mostrare di aver bisogno del figlio e viceversa. Rapporti non di forza, di potere e di affermazione di esso, ma fondati sull’amore, sulla condivisione e lo scambio reciproco, anche di fragilità. Così come nella scuola non si deve prescindere dal rapporto umano tra insegnante e allievo, al di là della trasmissione di conoscenze e competenze. Perchè è fondamentale, nella scuola, creare il gruppo e formare i ragazzi a vivere, a condividere, a confrontarsi con gli altri nel gruppo, dove si attivano emozioni e sentimenti.
E poi l’argomento del gioco, da coltivare fin da piccoli – perchè insegnare a vivere è anche insegnare a giocare – come dimensione della creatività e della fantasia, per diventare persone equilibrate. Una fantasia che non deve essere assorbita completamente dall’adesione al mondo virtuale, trasformando la macchina in una protesi sempre più invadente della mente. E sostituendo i contatti virtuali ai rapporti personali. Il computer o la slot non devono diventare partner esclusivi in un mondo chiuso, vissuto in solitudine, sostitutivo della realtà. Da cui ci si aspetta la soluzione di ogni problema, compresi quelli economici. L’antidoto alla dipendenza dalla macchina e dal mondo virtuale è puntare sulla macchina in dotazione dalla nascita, che mette a disposizione di ognuno la forza straordinaria di 100 miliardi di neuroni dalle potenzialità non sfruttate superiori a qualunque macchina. Ed è questo il messaggio e l’incitamento che il professore ha lasciato ai giovani (e non solo) presenti in sala nel concludere il suo applauditissimo intervento. A seguire le premiazioni dei lavori partecipanti al Concorso Francesco Ferrandino.




