Ormai è diventato una consuetudine, l’appuntamento del Vescovo con i giornalisti isolani del 24 gennaio, festa del patrono San Francesco di Sales. Un’occasione di confronto e di riflessione, creata da Padre Filippo Strofaldi e ripresa fin dal suo arrivo a Ischia da Monsignor PIETRO LAGNESE, che quest’anno è capitata in un momento nel quale il ruolo della stampa è al centro più che mai dell’attenzione e del dibattito, dopo i recenti eventi di Parigi e la mobilitazione dell’intera Europa — e anche oltre i confini del Vecchio Continente – in difesa della libertà di stampa e di espressione presa di mira nella strage al Charlie Hebdo. Un tema cruciale su cui più volte è già intervenuto Papa Francesco, anche in una delle conferenze stampa aeree tenute durante il recente viaggio in Sri Lanka e Filippine, suscitando reazioni controverse. Come è stato, del resto, per altre sue dichiarazioni rilasciate in quel contesto, che si prestano anch’esse, tra l’altro, ad una analisi dei modi e dei limiti del fare comunicazione e giornalismo. Come è avvenuto oggi, grazie alla presenza a Ischia di MIMMO MUOLO, vaticanista de “L’Avvenire”, che ha seguito il Papa anche in quest’ultimo viaggio, traendone numerosi e interessanti spunti, offerti all’approfondimento e alla riflessione, collettivi e individuali, dei numerosi partecipanti all’incontro presso il Palazzo vescovile di Ischia Ponte.
Nel suo intervento introduttivo don CARLO CANDIDO, nella sua veste di responsabile dell’Ufficio Diocesano Comunicazioni sociali, aveva fatto riferimento proprio alle parole del Papa, a proposito dei tre peccati mortali che il pontefice ha invitato i giornalisti ad evitare, ovvero disinformazione, calunnia e diffamazione, indicando nel primo il più “grave e pericoloso, perchè ti porta all’errore, ti porta a credere solo a una parte della verità”. E i rischi e le conseguenze di un’informazione parziale sono stati evocati anche dallìospite arrivato da Roma, prendendo spunto proprio dalle sintesi e semplificazioni delle cronache relativamente ai discorsi e alle affermazioni del Papa, che tanto hanno fatto discutere negli ultimi giorni.
“Questo Papa non si può tagliare”, ha spiegato Muolo, raccontando da testimone diretto come Francesco abbia rotto tutti gli schemi anche nel suo modo di comunicare. Improntato alla massima chiarezza, senza mediazioni “curiali”, usando un linguaggio popolare comprensibile a tutti, ma mai semplicistico (in linea peraltro con la predicazione di Cristo), perchè anzi esplicita ragionamenti complessi, che non si prestano ad essere compressi in scarne battute, in titoli ad effetto e di richiamo, se non a prezzo di svilirne e finanche di tradirne l’ispirazione e il contenuto originari. A rischio di fare disinformazione, cioè di trasmettere solo una parte della verità. Ciò che è avvenuto ultimamente con la battuta sul “pugno” che ha fagocitato e banalizzato le ampie argomentazioni sul valore indiscutibile della libertà di espressione, sul rifiuto reciso e netto dell’uso della violenza, soprattutto perpetrata in nome della religione, e sul contestuale auspicio rivolto agli operatori dell’informazione all’esercizio della prudenza. Il Papa si è riferito alla virtù cardinale, in termini laici si potrebbe tradurre come senso di responsabilità. Quello che dovrebbe sempre essere presente quando si manovra una materia prima importante e delicata come sono le notizie, e che invece è sacrificato neppure troppo raramente ai ritmi sempre più veloci della comunicazione, alla foga dello “scoop” che magari fa saltare verifiche e approfondimenti, all’uso disinvolto e meccanico delle agenzie o delle informazioni superfiltrate di seconda-terza-quarta mano. Rischi a cui questo Papa è più esposto dei suoi predecessori, semplicemente perchè concede interviste e tiene conferenze stampa piuttosto frequenti, durante le quali Muolo ha raccontato che risponde a tutte le domande al momento, a braccio, senza filtri nè mediazioni.
Nel concludere l’incontro, il Vescovo Pietro Lagnese ha voluto ricordare le vittime del massacro di Charlie Hebdo,, sottolineando il valore imprescindibile del diritto alla libertà di informazione e auspicando anche una valorizzazione delle notizie buone, per costruire e far crescere una cultura di pace. Tanto più necessaria – ha spiegato – in tempi nei quali, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria, si ha l’impressione che gli orrori che sembravano appartenere al passato, invece di essere archiviati, sono ancora parte integrante della nostra realtà contemporanea.