Da Regno di Nettuno a Palude Stigia. Non è una battuta, ma la triste e amara constatazione di chi come me ha creduto fermamente fin dall’inizio nel progetto dell’Area Marina Protetta, come grande occasione per ripensare e rilanciare lo sviluppo delle nostre isole, in un’ottica di sostenibilità e di salvaguardia delle risorse naturali, nello specifico legate al mare, come patrimonio di cui godere nel presente, ma senza intaccarlo nè comprometterlo irrimediabilmente a discapito delle future generazioni. Come, ahimè, sta accadendo negli ultimi decenni. E come sta continuando ad accadere da sette anni a questa parte, dopo l’istituzione di un’Area Marina che non è mai decollata, a dispetto delle grandi attese e delle ottime premesse con cui sembrava che fosse partita. Una genesi per tanti aspetti ideale, visto che era stata accompagnata, sostenuta, favorita per tutta la sua lunga durata (ben sette anni) in ogni momento e passaggio da un’amplissima e attivissima partecipazione di cittadini, gruppi, associazioni, categorie. Almeno a Ischia. Una partecipazione dal basso che altrove era mancata e che aveva fatto di Ischia un “unicum” nazionale. Doveva essere quella la forza del Regno di Nettuno. Che, invece, sette anni dopo, è in piena crisi, mentre le altre Aree Marine nate tra l’ostilità generale hanno convinto e conquistato le popolazioni interessate. Fino, in molti casi, a spingerle a farsi promotrici dell’ampliamento dei parchi e a sostenerne la crescita.
Doveva essere un REGNO e invece è stato trasformato presto in una PALUDE. La cronologia degli avvenimenti di questi anni parla chiaro: si è passato più tempo a bloccare, tenersi a galla, vivacchiare che a progettare, programmare, realizzare. Vogliamo ricordare il devastante periodo del “CdA tecnico”, dall’ottobre 2010 al 30 aprile 2011? Furono sei mesi pieni di inconcludenza, inefficienza, vuota prosopopea e paralisi di ogni attività, voluti e benedetti dai Sindaci isolani, divisi tra loro e privi della minima visione d’insieme e soprattutto di una visione al di là della litigiosità del momento. E ci vogliamo ricordare della pantomima scandalosa del concorso per il rinnovo del direttore, andata avanti tra il 2011-2012 e costellata di episodi poco commendevoli su cui, per carità di patria, è meglio non ritornare? Un altro periodo di paralisi forzata, di diatribe intercomunali, nonostante la buona volontà del CdA presieduto da Lombardi, costretto gioco forza ad occuparsi solo dell’ordinaria amministrazione e a mandare avanti la barca, evitando che si frantumasse sugli scogli. Verso i quali era già lanciata. E che dire delle “uscite” di qualche amministrazione, leggi Ischia e Lacco Ameno, che si presero addirittura la briga di andare a proporre al Ministero dell’Ambiente il commissariamento dell’Amp, di cui anche loro erano i gestori? Per fortuna, a Roma non accettarono la resa e rispedirono le proposte ai mittenti, che collezionarono così un’altra prova di buona politica e lungimiranza (sic!!!).
Negli ultimi anni, con un nutrito organigramma di “generali”, non si è levato un ragno dal buco e si è prodotta una manciata di mosche, prolungando il coma profondo dell’Area. E’ indicativo che si sia arrivati al dicembre 2014 per il bando di gara per le boe di delimitazione della Zona A! Negli ultimi anni l’unica cosa concreta era stato lo studio invernale sui cetacei commissionato a Delphis. Che è stato annullato, quando avrebbe dovuto produrre i suoi frutti. Un altro tradimento degli ideali, dei propositi, delle aspettative, delle speranze di chi credeva in un’Amp che si occupasse del mare, di chi ci lavora e ci vive e non delle beghe, dei personalismi, delle diatribe, delle ripicche tra politici e tecnici. L’unico terreno – di scontro – su cui si registrano segnali di vivacità, anche troppi, di tempestività, di determinazione, di attivismo. La Palude Stigia, appunto, dove ci si prende a schiaffi, pugni e calci spinti dall’ira, mentre si affonda tutti nel fango!
E’ con questo andazzo che si intende continuare a far affondare l’unico progetto serio e di prospettiva a disposizione dell’isola e della sua economia turistica in affanno? A quanto pare, i protagonisti dell’oggi non sanno fare di meglio. Ma che diritto hanno di mandare in malora un progetto che interessa, coinvolge, riguarda tutta la comunità? Dopo tanti anni passati ad assistere passivamente ai disastri politico-tecnici a danno dell’Amp, non è venuto il momento che cittadini, gruppi, associazioni, categorie riprendano l’iniziativa, ricomincino ad occuparsi direttamente e seriamente del destino dell’Amp? Se non si riprende a discutere, a dibattere, a proporre, a riunirsi adesso su questa ennesima emergenza, aspettiamo che ci sia solo da celebrare il De profundis del Regno trasformato in palude? Vogliamo organizzare un’assemblea pubblica per riportare un po’ democrazia nella realtà dell’Area Marina?