Se ne parla sui social, ma quell’area archeologica nel paradiso è meglio tenerla nascosta!

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I leterion di Punta Chiarito nel Museo di Villa Arbusto

Mi è appena capitato di imbattermici su Fb. Un bel servizio che un sito specializzato nell’archeologia campana ha riservato all’insediamento pithecusano di Punta Chiarito, con tanto di introduzione dedicata alla bellezza del luogo che gli fa da meravigliosa cornice e fotografie che confermano quanto raccontato dalla parola scritta. Notizie e curiosità in abbondanza, non solo storico-archeologiche, che invogliano innanzitutto a visitare Ischia e poi a non perdersi una passeggiata nello splendido sito di Panza. Tutto perfetto: un’ottima pubblicità per l’isola, un’informazione ampia e precisa, che non era affatto scontata. Un unico neo: leggendo, si capisce che sul posto è possibile vedere anche quanto resta dell’antico insediamento pithecusano. Ma proprio questa, invece, è l’unica cosa che non corrisponde alla realtà. E che rende perfino controproducente ricordare l’esistenza di quel sito archeologico, che Ischia non riesce a valorizzare come sarebbe giusto e finanche doveroso.

Era già capitato in passato, quando i giornali avevano rilanciato la notizia della scoperta archeologica di Punta Chiarito, che qualche appassionato si fosse recato nell’area archeologica, pensando di poterla visitare. Ma grande era stata la delusione nel trovarsi davanti ad un cancello chiuso, senza segnalazioni specifiche e soprattutto senza poter vedere nulla di ciò che si era immaginato. E così è stato sempre da allora, anche se l’oblio che inevitabilmente è calato sulla scoperta di Punta Chiarito ha molto ridotto all’origine, se non cancellato, ogni parvenza di afflusso turistico legato al sito archeologico. E il particolare che la sala dedicata a Pithecusa del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove è ricostruita in dimensioni naturali la capanna principale, sia sempre chiusa al pubblico, elimina un altro possibile richiamo.

E’ una storia davvero incredibile, per la quale si fa fatica a trovare aggettivi appropriati, quella di Punta Chiarito. Con un sito unico a disposizione, per il valore della scoperta archeologica (senza dubbio una delle più significative compiute alla fine del secolo scorso in tutto il bacino mediterraneo), per la bellezza e la particolarità del luogo e per la possibile “accoppiata” con Sorgeto, siamo costretti a contare sul fatto che nessuno si ricordi della sua esistenza, perchè quel posto n0n è presentabile!

Perciò ogni riferimento al sito panzese rischia di avere un effetto boomerang. Nel migliore dei casi, infatti, l’area archeologica non è identificabile come tale e, quindi, può passare inosservata. Ma se qualcuno dovesse riuscire a identificarla, altro che promozione ne uscirebbe, soprattutto se straniero. Gli ultimi che l’hanno vista sommersa da erbacce effetto jungla e con i sacchi neri dell’immondizia a proteggere i resti dei manufatti pithecusani, ne hanno tratto un’impressione che dovrebbe farci vergognare tutti, da isolani, di come trattiamo i nostri gioielli di famiglia.

Anche se la MAGGIORE RESPONSABILITA’ va attribuita ad una CLASSE POLITICA LOCALE INETTA, nello specifico le amministrazioni di Forio che si sono susseguite negli ultimi dieci anni. E che non hanno fatto nulla per sanare una situazione che evidenzia tutta la loro inadeguatezza, incapacità, inconsistenza. Dimostrate, prima, nell’aver affossato la convenzione già stipulata con la Regione e la Sovrintendenza che avrebbe dovuto portare alla realizzazione del PARCO ARCHEOLOGICO DI PUNTA CHIARITO, e poi per aver completamente rimosso la questione, evitando accuratamente di venirne a capo in modo costruttivo e utile per la comunità. Quale sarebbe stata, appunto, la creazione del parco archeologico, con la giusta valorizzazione (e tutela) dell’area e dei resti dell’insediamento greco, con il vantaggio di creare opportunità sostenibili di sviluppo del territorio e per i giovani.

Purtroppo, nulla continua a muoversi su quel fronte, se non le erbe selvatiche del sito, al vento. Un luogo che è meglio tenere nascosto, su cui conviene che resti calato il silenzio, fuori dall’isola. Qua, invece, è il momento di romperlo, quel silenzio assordante che è complice di un immobilismo annoso, pericoloso, vergognoso. Una sconfitta gigantesca per l’isola, quell’area archeologica incastonata nel paradiso che teniamo nascosta. E che non meritiamo. MARGARITAS AD PORCOS, dicevano gli antichi…

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