Anche allora erano giorni di fuoco. Per il clima torrido all’esterno e per quello sconsolato e sconfortato all’interno. Dove si smontavano i mobili e si preparavano i bagagli cercando di mantenere un’apparenza di normalità, benché di normale non vi fosse già più nulla. Il salto nel vuoto era pronto e caldamente raccomandato da Monteruscello, dove si premeva perché tutto si compisse al più presto. Nonostante l’afa, il presidio permanente di cittadini fuori al cancello, le proteste, il nervosismo crescente dei residenti, le preoccupazioni degli operatori. E, soprattutto, quei provvedimenti amministrativi che dichiaravano la mancanza dei requisiti di legge essenziali per la trasformazione in struttura sanitaria dell’ex albergo nel cuore della Casamicciola termale. Ma nulla fu sufficiente a fermare quella folle corsa verso il precipizio. La decisione tetragona non ammetteva ripensamenti. Neppure quelli dettati dal buon senso, dall’umanità e dalla necessità di adeguarsi alle regole. C’era da risparmiare, si disse. Una pure e semplice questione di contabilità fagocitava ogni altra considerazione. E il fantomatico risparmio si consumò con violenza sulla pelle innocente delle PERSONE. Era la metà di luglio dell’anno scorso quando lo spettro, già da qualche mese evocato, della chiusura di Villa Orizzonte si materializzò in tutta la sua inquietante concretezza, facendo piazza pulita dei dubbi e delle speranze che la logica aveva inutilmente alimentato fino ad allora. A dimostrare che non si trattava di un semplice e normale cambio di sede era, certo, la straordinaria mobilitazione contraria in atto sull’isola, ma soprattutto il profondo divario già evidente tra le due realtà. Quella di partenza, per 17 anni era stata all’altezza delle particolari esigenze di una Sir e di residenti con vissuti difficili e ferite dell’anima profonde, capace di restituire loro una vera casa, sicurezza e serenità, una dimensione umana che altrove era stata loro a lungo negata. E quella di arrivo, inadeguata da tutti i punti di vista, che non è mai riuscita a diventare una vera casa, né a dare sicurezza e serenità, per quanto è durata. Con l’aggiunta di quei macigni che solo a Monteruscello hanno potuto ignorare: la collocazione in una zona a rischio e quelle autorizzazioni fondamentali mancanti, che poi in sede giudiziaria si sono rivelate tutt’altro che dei dettagli.
ALTRO CHE TRASLOCO! Altro che trasferimento! In quei giorni, un anno fa, si stava imboccando una STRADA DI NON RITORNO. Di cui tanta parte dell’opinione pubblica aveva già acquisito consapevolezza, pur augurandosi di sopravvalutare il pericolo. Su cui, non a caso, l’ASL restava barricata dietro un SILENZIO ASSORDANTE, mentre spingeva l’acceleratore sul cambio di sede e investiva centinaia di migliaia di euro per lavori di adeguamento in una struttura non abilitata alla destinazione d’uso decisa a tavolino a Monteruscello. RIFACIMENTI OVUNQUE, TRANNE CHE NEL PIANO DELLA SIR. E alla luce di quanto è successo poi, qualche dubbio sulle motivazioni di questa scelta è più che legittimo.





