I Saraceni all’assalto del Castello? Certe “licenze storiche” meglio evitarle. Pure a Sant’Anna

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Foto Qui Ischia

Sembrava una “boutade”, più che un’anticipazione. Tanto ardita, che valeva la pena aspettare la notte del 26 luglio per verificare se si trattasse della prima o della seconda. Anche perché alla  presentazione della Festa di Sant’Anna quella “strana cosa” era stata buttata là con un semplice accenno, che già suonava male subito, ma che poi era finito nel calderone delle tante rivelazioni, spiegazioni, notizie,rimanendone sommerso.Ma ecco che, arrivato il momento fatidico dell’incendio del Castello, l’altra sera, in mare è comparsa una barca con diversi uomini a bordo e, muovendo verso la fortezza come si trattasse di un attacco, ha dato il via ai fuochi che poco a poco si sono impadroniti dell’isolotto. Dunque, la “novità” si è consumata, alla fine. Eppure, se ne sarebbe potuto e dovuto fare a meno, anche in una versione della Festa ansiosa di innovare e stupire.

 

Di ricostruzioni e evocazioni degli attacchi dei barbareschi all’isola non ne erano mancate, nel corso della storia della Festa di Sant’Anna. Diverse barche si erano ispirate a quel tema, l’ultima solo pochi anni fa, mi pare fosse di Forio, e anche con discreto successo. Ma l’altra sera si è voluto osare collegando l’assalto dei saraceni niente di meno che  all’incendio del Castello! Con un volo “creativo” che non ha portato nulla di particolarmente significativo né ricordevole alla manifestazione, ma che in compenso ha rappresentato un notevole stravolgimento della realtà storica legata all’episodio dell’incendio. Già, Perchè non si tratta di un parto della fantasia che ognuno può aggiustarsi come gli pare, da un’edizione all’altra, a seconda dei propri gusti, ricordi, sogni. No, c’è una verità storica alla base di uno dei momenti più emozionanti e coinvolgenti della festa. Che non aveva proprio bisogno, per vedere accresciuto il suo fascino, di ricorrere a storielle fasulle, inutili, fuorvianti.

Era l’estate del 1809. Il Castello, che sebbene ormai già fortemente spopolato ospitava ancora il cuore militare, amministrativo e religioso dell’isola, era occupato dalle truppe francesi, che tenevano saldamente la rocca, come al solito allineata a chi deteneva il potere nella capitale al di là del mare, dove regnava il cognato di Napoleone Gioacchino Murat. Sull’isola grande, invece, gli inglesi alleati dei borbonici, che puntavano a riconquistare il Regno di Napoli, non perdevano occasione per lanciare attacchi contro le guarnigioni della fortezza. E in quell’estate gli attacchi si moltiplicarono: dal 25 giugno al 21 agosto gli inglesi, che avevano stabilito una favorevole postazione sulla collina di Soronzano, sottoposero l’isolotto a pesanti bombardamenti, distruggendo gran parte degli edifici che erano ancora in piedi, compresa l’antica Cattedrale dell’Assunta, che fu completamente scoperchiata. Anche se la fortezza non cadde neppure stavolta, come sempre era stato nella sua lunga storia, dopo quella “cura” di bombe perse ogni altra funzione, tranne quella di presidio militare, fino ad essere completamente abbandonata nel giro di pochi anni.

Quell’estate cambiò la storia del Castello e dell’isola. Ed è a quella vicenda storica che si riferisce lo spettacolare incendio che, nell’ambito della Festa di Sant’Anna, ogni anno la rievoca, in concomitanza con il suo anniversario. E anche il coinvolgimento della Torre di Sant’Anna fa riferimento, con una minima traslazione dalla vicina collina di Soronzano, all’altro luogo direttamente coinvolto in quell’episodio. Peraltro, anche l’altra sera si è “dato fuoco”, come da tradizione, alla torre, anche se non aveva più senso, una volta utilizzata la storiella dell’attacco saraceno. E dire che l’insediamento sull’isolotto si era sviluppato proprio per la necessità di mettere al sicuro anche dalle incursioni dei barbareschi i centri di potere e la popolazione e che l’inizio dello spopolamento e del trasferimento degli abitanti “in terra plana” era coinciso con la fine degli attacchi dei “turchi”! Che, d’altra parte, nei secoli in cui imperversarono sulle coste isolane, portando morte e distruzione e rapendo e deportando migliaia di persone, mai osarono attaccare il Castello, che mai, a sua volta, fu violato da assedianti e nemici, fino alle bombe inglesi d’inizio Ottocento.

Insomma, quell’assalto dei saraceni dell’altra sera, pur non avendo (si spera) alcuna pretesa se non scenografica, è stato un vero e proprio stravolgimento della storia del Castello e dell’isola. E senza che questo sacrificio della verità si sia poi risolto in una trovata tanto eclatante dal fare la differenza nell’esito della manifestazione o anche solo dell’incendio del Castello. Che vive di luce propria, senza bisogno di aggiunte, posticci, fantasie.

L’assalto dei saraceni lo rievocano ogni anno a settembre alla Mandra, in un contesto più consono e appropriato. Lasciamolo là dove già si svolge, senza volerlo trasferire dove stride e non serve. Merita rispetto, la storia, anche nella libertà creativa di chi organizza eventi. E Ischia ha una storia tanto straordinaria e unica che certe “licenze” possono solo immiserirla e offuscarla. Vero, Michelangelo?

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