Mancano ormai meno di venti giorni ad una scadenza sconosciuta ai più, ma che porterà ad una vera e propria rivoluzione nell’organizzazione dei servizi sanitari. Con conseguenze al momento imprevedibili lì dove sarà più complicato applicare le novità introdotte dalla legge 161 del 2014, che a sua volta recepisce una direttiva europea già in vigore negli altri Paesi dell’Unione. Una legge che regolamenta i carichi di lavoro per il personale sanitario, con l’obiettivo di assicurare un maggiore equilibrio tra il tempo del lavoro e quello del riposo, a tutela della salute fisica e mentale degli operatori e, di conseguenza, dei pazienti affidati alle loro cure. Un problema serio in tante strutture sanitarie italiane, compreso il nostro ospedale isolano, dove notoriamente si svolgono turni di lavoro anche molto prolungati, ai limiti (se non oltre) della resistenza psico-fisica di coloro che li sopportano. Una situazione straordinaria che negli anni è diventata di routine, vuoi per la cronica carenza di personale che affligge il “Rizzoli”, vuoi per l’alta percentuale di pendolari che il presidio lacchese conta tra il suo personale medico e paramedico, dirigenti compresi.
Era il 25 novembre 2014 quando entrò in vigore la legge 161 che allineava l’Italia agli altri Paesi membri dell’Unione europea. Già con l’indicazione che a distanza di un anno avrebbe dovuto essere pienamente vigente su tutto il territorio nazionale, soppiantando e annullando gli effetti di tutte le norme precedenti e a maggior ragione successive non allineati con le sue prescrizioni. Che fissano tassativamente gli orari di lavoro dei dipendenti della sanità, a tutela della loro salute e per prevenire il rischio clinico. Dunque, al bando i turni infiniti, addirittura giornalieri, magari con straordinari e reperibilità senza limiti, come è la prassi dove ci sono da tappare grossi buchi di organico. Nell’arco delle ventiquattr’ore dovrà essere garantito un RIPOSO MINIMO DI 11 ORE CONSECUTIVE. RIPOSO OBBLIGATORIO DOPO IL TURNO NOTTURNO DI 8 O 12 ORE. Il TURNO GIORNALIERO DOVRA’ ESSERE DI 12 ORE E 50 CON UNA PAUSA OBBLIGATORIA DI 10 MINUTI DOPO LE 6 ORE. E L’ORARIO SETTIMANALE, FISSATO IN MEDIA IN 40 ORE, NON POTRA’ MAI SUPERARE LE 48 ORE, COMPRESI GLI STRAORDINARI. A cui si dovrà fare ricorso limitatamente, come eccezione non come regola.
Si tratta di limiti che non potranno essere derogati se non in pochi casi e solo nell’ambito del Contratto nazionale di lavoro. Dunque, non vi è alcuna possibilità di farlo con accordi regionali né aziendali. Per i dirigenti dei servizi che non applicheranno le regole sono previste SANZIONI SALATISSIME, FINO A 10MILA EURO. Insomma, bisognerà adeguarvisi, punto e basta.
E QUESTO E’ IL PROBLEMA. Perché i nuovi limiti di orario sono molto diversi da quelli che si praticano nella realtà in tante parti d’Italia. E infatti l’avvicinarsi della scadenza fatidica sta creando allarme lì dove l’adeguamento alla novità si annuncia più complicato, tanto da rendere necessaria una vera e propria riorganizzazione dei servizi. D’altra parte, la legge prevede addirittura che le Aziende rivedano i loro obiettivi, pur di recepire i nuovi turni. Perciò i sindacati della sanità sono stati convocati a livello nazionale dall’ARAN il 10 novembre, martedì prossimo, per un primo confronto sulla scottante tematica. E le Regioni, consapevoli delle implicazioni pratiche a breve, hanno già sollecitato una proroga, che tuttavia sembra davvero difficile possa essere accordata, essendo esclusa “ab origine” dalla stessa normativa.
I tempi strettissimi preoccupano anche a livello locale. La rappresentanza aziendale della Uil ha sollecitato un incontro urgente con il commissario dell’Asl Na 2 Nord. E il neonominato D’AMORE non avrà neppure il tempo di prendere confidenza con il nuovo ufficio a Monteruscello che già si troverà con questa patata bollente tra le mani. Bollente davvero, visti i vuoti di organico che il blocco del turn over degli ultimi anni ha notevolmente incrementato, rendendo davvero difficile l’applicazione delle nuove regole. Che, peraltro, sono giuste e opportune, nell’interesse dagli addetti ai lavori e dei pazienti.
Tra le situazioni più lontane dai limiti che stanno per entrare in vigore ci sono quelle del RIZZOLI. Dove, ancora più che altrove, si fa ricorso ordinariamente a turni molto prolungati: dalle 16 ore, normali per chi “fa la notte” e resta in servizio dalle 16 del pomeriggio alle 8 del giorno successivo, fino alle 24 ore di fila quando ci si accosta anche un turno aggiuntivo, cosa non tanto rara come si potrebbe pensare. Per non parlare dei prolungamenti provocati dal mancato arrivo o dai ritardi dei colleghi pendolari, dovuti agli orari dei trasporti, alle condizioni meteo-marine e quant’altro. Con il massiccio ricorso a reperibilità e straordinari per coprire le gravi carenze di organico che si registrano tra medici e paramedici in quasi tutti i reparti. Una situazione talmente diffusa, radicata e consolidata che ci sono voluti anni – e anche qualche conflitto – per arrivare a introdurre almeno in Pronto Soccorso, per gli infermieri, i tre turni quotidiani, che erano la regola anche prima della nuova legge. Per riuscirci, si sono dovuti concentrare nel reparto di emergenza i paramedici residenti sull’isola, giacchè quel tipo di turnazione non è mai stato considerato compatibile con le esigenze dei pendolari. Che al “Rizzoli” continuano ad essere in netta maggioranza. E va da sè che nei reparti, dove sono rimasti i pendolari, si lavora con i turni lunghi, pericolosi per tutti, che giustamente stanno per diventare fuori legge.
Ancora una volta, per gli effetti dell’insularità, l’ospedale isolano è il più esposto e al momento impreparato alla novità, che pure rappresenterebbe un grosso progresso sul piano della qualità dell’assistenza. A meno di 20 giorni dall’applicazione delle nuove regole, in via Fundera ne mancano tutte le condizioni. Si profila un’altra fase calda, per il “Rizzoli”, che continua a lavorare a pieno ritmo, come se fosse ancora estate.