La preoccupazione è salita nelle ultime settimane. A pochi mesi dalla privatizzazione della Caremar, dopo il via libera definitivo del governatore De Luca all’indomani del suo insediamento, i lavoratori dell’ex azienda pubblica di trasporto marittimo vedono addensarsi nubi sempre più minacciose sul loro futuro.
Motivo per il quale domani mattina, a partire dalle ore 9.30, le rappresentanze sindacali hanno convocato un’assemblea presso la sede napoletana della compagnia.
Con l’obiettivo anche di sollevare il problema della salvaguardia dei livelli occupazionali, che non è stato minimamente trattato nel contratto sottoscritto tra la Regione e la cordata imprenditoriale che si è aggiudicata la gara per la privatizzazione.
Già, NEL CONTRATTO DI SERVIZIO NON E’ STATA CONTEMPLATA NESSUNA DELLE CONSUETE TUTELE CHE GARANTISCONO IL MANTENIMENTO DEI LIVELLI OCCUPAZIONALI, come avviene normalmente nei passaggi di proprietà delle aziende. Anzi, proprio quella che punta a conservare i posti di lavoro, è considerata una delle voci più qualificanti di quella tipologia di atti, a cui si dedica di solito particolare attenzione, proprio perché da essa dipende la sorte dei dipendenti. Perciò è difficile che si sia trattato di una dimenticanza, ché sarebbe davvero imperdonabile. Evidentemente, PER LA REGIONE, che tanta fretta ha dimostrato dopo l’avvento di De Luca nel voler portare a compimento il processo di privatizzazione iniziato da Caldoro, nonostante le richieste di valutarne meglio le implicazioni, l’ASPETTO DELLA SALVAGUARDIA OCCUPAZIONE NON E’ STATO CONSIDERATO NE’ PRIORITARIO NE’ MERITEVOLE DI ESSERE REGOLATO IN QUALCHE MODO NEL CONTRATTO. E, in mancanza di questo, chi ha rilevato l’azienda non è soggetto ad alcun vincolo rispetto alla questione occupazionale.
Ed ecco che passati pochi mesi dal subentro e soprattutto trascorsa la stagione di massima attività, con l’arrivo dell’autunno sono arrivati i primi segnali della volontà della nuova dirigenza aziendale di rivedere proprio la situazione occupazionale all’interno della Caremar. In particolare, anche se per adesso non c’è nulla di scritto, sarebbe stato prospettato ad un centinaio di lavoratori un cambiamento del rapporto di lavoro, che essendo finora a TEMPO INDETERMINATO, diventerebbe invece a TEMPO DETERMINATO, annullando così ogni certezza per il mantenimento del posto in futuro. E d’altra parte, chi dovesse ricevere formalmente questa proposta, pur sapendo di passare in una condizione di totale precarietà, avrebbe ben poco da pensarci, se volesse – com’è normale – mantenere comunque sia il lavoro.
Peraltro, la nuova condizione di precarietà potrebbe accompagnarsi anche ad una revisione delle qualifiche, magari al ribasso, il che limiterebbe ulteriormente i benefici per il dipendente. E il riassetto dei turni che sarebbe in atto in Caremar aprirebbe la strada proprio a questo esito e magari anche a una riduzione dei posti di lavoro.
A diventare precari, poi, sarebbero lavoratori già con una lunga anzianità, persone assunte anche all’inizio degli anni Ottanta, che a pochi anni dalla pensione, si troverebbero con un lavoro non più garantito fino al raggiungimento del limite d’età per il pensionamento. E con possibilità quasi nulle di trovare un altro posto, innanzitutto per motivi di età e poi per la congiuntura economica tutt’altro che favorevole. Insomma, in tanti, ultracinquantenni, che hanno trascorso decenni nella Caremar, sono preoccupati di ritrovarsi ora esposti ad un futuro da precari per il resto della loro vita lavorativa nel migliore dei casi e, nel peggiore, in una condizione da esodati, disoccupati e senza la possibilità di andare in pensione. Un prezzo altissimo, insomma, a livello economico, contributivo, familiare e di prospettive di vita.
Ed è questo spauracchio che alimenta la legittima preoccupazione dei lavoratori Caremar, del cui futuro il contratto di servizio con la Regione non dice nulla. Di qui la mobilitazione dei sindacati e l’iniziativa di oggi per fare luce su una situazione che potrebbe comportare costi sociali altissimi, perdipiù in un contesto segnato già da altissime percentuali di disoccupazione. Ma cosa impedisce di fare in Campania quello che si è fatto in Toscana con la privatizzazione della Toremar, dove non un dipendente ha perso il posto o la qualifica e a tutti sono stati confermati i contratti a tempo indeterminato? Ma là la Regione non ha “dimenticato” di inserire nel contratto tutele specifiche per la salvaguardia dei livelli occupazionali…