Altri 4 siti subacquei ischitani protagonisti della ricerca sull’acidificazione del mare

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ILa “Vullatura”

IL PROGETTO INIZIATO IL 1° DICEMBRE E’ FINANZIATO DAL NATIONAL GEOGRAPHIC AMERICA

E’ il sito più studiato al mondo per il possibile impatto sul mare del fenomeno dell’acidificazione, figlio delle eccessive emissioni di CO2 (anidride carbonica) legate al cambiamento climatico sul pianeta. E del laboratorio naturale sotto il Castello Aragonese, a cui sono state dedicate finora ben 32 pubblicazioni in ogni parte del mondo, si parlerà domani pomeriggio nel convegno “IL CASTELLO SOPRA E SOTTO IL MARE” alla Sala Poa, dalle 17.00. E sarà anche l’occasione per saperne di più su una interessante articolazione dell’attività scientifica in corso nello specchio acqueo dominato dall’isolotto. Perché dal 1° dicembre è partito un nuovo progetto di ricerca della durata di un anno, finanziato dall’edizione americana della prestigiosa rivista NATIONAL GEOGRAPHIC, che sarà curato dal LABORATORIO DI ECOLOGIA DEL BENTHOS DELLA STAZIONE GEOLOGICA ANTON DOHRN, in collaborazione con studiosi stranieri di varie provenienze. Decisamente, una bella vetrina per il mare di Ischia e le sue peculiarità ambientali uniche al mondo.

In effetti, dopo quella sotto il Castello, sono state individuate nel Mediterraneo e in altre zone del pianeta, soprattutto insulari, altre aree sottomarine già acidificate come conseguenza di fenomeni vulcanici. Nel frattempo, tuttavia, ne sono state identificate altre anche nel mare di Ischia: ben quattro, oggetto nel novembre di un anno fa di una comunicazione pubblicata sul NOTIZIARIO SIBM (Società Internazionale di Biologia Marina) e dedicata alle “EMISSIONI SOMMERSE DI CO2 LUNGO LE COSTE DELL’ISOLA D’ISCHIA”. Già segnalate, in quella circostanza, “come possibili laboratori naturali per lo studio dell’acidificazione e cambiamento climatico a mare” dall’autrice, la dottoressa MARIA CRISTINA GAMBI, ricercatrice  presso il Laboratorio del Benthos sulla collina di san Pietro, da otto anni impegnata nello studio del mare sotto il Castello e dei cambiamenti climatici in atto nel mare.

Le altre aree ischitane, già note ai pescatori e ai subacquei, con  emissioni al 95 per cento di anidride carbonica e di estensione maggiore di quella “madre” sotto il Castello, hanno poi ciascuna caratteristiche peculiari e si trovano a profondità molto diverse. Se quella del Castello è la più superficiale, tra gli zero e i tre metri, con le altre si passa dalla VULLATURA, davanti alla Spiaggia della Mandra, dai 3 ai 6 metri, con grosse bolle che emergono tra una rigogliosa prateria di Posidonia, alle emissioni gassose fuori all’ingresso della GROTTA DEL MAGO, il primo sito acido al mondo identificato in una grotta; dalle CHIANE DEL LUME, verso Cartaromana, dove il grado di acidificazione è  più basso che altrove, come un effetto “champagne”alla SECCA DELLA MADONNINA, nel Canale d’Ischia, ad una profondità tra i 36 e i 48 metri. E se le prime tre sono su un sostrato sabbioso, quest’ultima interessa una zona a coralligeno ed evidenzia un impatto delle emissioni sull’ambiente circostante molto più invasivo che altrove.

Dunque, a Ischia c’è una molteplicità e una varietà di siti subacquei “acidificati” senza uguali ed è questa condizione che ha suscitato l’interesse del National Geographic. Che finanzia progetti di ricerca annuali di interesse scientifico, ma anche con una potenziale ricaduta mediatica, attraverso servizi, foto e video da pubblicare. Perciò, quando hanno ricevuto il progetto elaborato da Cristina Gambi, in collaborazione con Fiorenza Micheli e Kirsty Kroecker (le ricercatrici universitarie Usa che nella scorsa primavera avevano realizzato uno studio in 3D avveniristico proprio nel sito sotto il Castello), corredato di una particolare applicazione appositamente studiata, hanno deciso di finanziarlo con 20mila euro.

Con questi fondi, sarà possibile nei prossimi mesi, fino al novembre 2016, studiare approfonditamente i quattro nuovi sistemi di emissione di CO2, che per la loro varietà consentono di verificare gli effetti dell’acidificazione su tutti gli habitat più caratteristici del Mediterraneo. Insomma, il laboratorio del Castello si è moltiplicato per quattro e differenziato, offrendo opportunità agli scienziati davvero uniche. E non a caso, oltre alle ricercatrici statunitensi che torneranno a lavorare a Ischia, ha accettato di partecipare al progetto anche uno dei più grandi ecologi marini del Mediterraneo, il professor  Enric Ballesteros del CSIC di Barcellona. Dunque, si tratta di una ricerca internazionale, che avrà una notevole visibilità grazie al National Geographic non più solo tra un pubblico di addetti ai lavori. Un bel colpo, anche mediatico e promozionale per l’isola d’Ischia. Che conferma e accresce il suo ruolo in un campo della ricerca scientifica strategico per il futuro del pianeta.

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