Rifiuti abbandonati sulla spiaggia tra indifferenza e noncuranza, tanto “c’amma fà”!

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Foto Qui Ischia

Stamattina, passeggiata primav…pardon, dicembrina alla Mandra. Il mare inondato di sole è una distesa azzurra che per effetto della foschia sembra uscito da un sogno. Come tutte le terre emerse d’intorno. C’è chi passeggia con il cane, qualche coppia di turisti che si gode il sole caldo, chi in silenzio ammira il panorama e perfino chi intreccia delle nasse alla maniera antica. I panni stesi sulla spiaggia fanno scena, come sempre, alla pari dei gozzi di legno in secco, illusione del tempo che non passa. Tutto perfetto, come entrare in una cartolina o in un quadro. Se non fosse per quella roba che affiora tra la sabbia, una presenza ancora più stridente rispetto al contesto. A colpire lo sguardo è soprattutto il bianco di grossi pezzi di polistirolo, resti di cassette e dei semenzai per le piantine di ortaggi. Alcuni sono sulla battigia, basta poco all’onda seppure debole per riportarli in mare. Da dove sono presumibilmente venuti – speriamo – ma dove non devono assolutamente tornare.

Li raccolgo, com’è normale, almeno quelli che le mani riescono a portare. Ma nell’uscire dalla spiaggia noto un’anziana signora che abita di fronte che, sulla porta di casa, mi guarda in modo non proprio benevolo. Non ho violato nessuna proprietà privata, ché la battigia è di tutti e l’accesso alla spiaggia è libero, tanto più in questa stagione in cui non si interferisce con nessuna attività balneare. Ma la signora continua a guardarmi male, neppure avessi trafugato un intero bucato steso al sole.

Cerco di spiegarle: “La spiaggia è sporca, questa roba va buttata”. Non serve, se mi aspettavo una parola di condivisione, ho sbagliato persona. Scuote la testa, con una smorfia di disapprovazione, sussurrando una frase classica che spesso ha il potere di indispormi (eufemismo): “C’amma fà!”. E nell’affrettarsi sul tratto di spiaggia che avevo appena “violato”, “murmulea” pure qualcos’altro sempre in modo poco conciliante. Tanto che le dico dietro: “La spiaggia come la usiamo, così la dobbiamo curare”. Do aria alla bocca, tanto non serve…

Non serve spiegare che QUEL POLISTIROLO IMPIEGA MILLE ANNI IN NATURA PER DEGRADARSI e cessare di essere una fonte di inquinamento. E una causa di morte per diverse specie animali che vivono in mare, comprese le tartarughe e i cetacei. E lo stesso vale per i sacchetti e gli altri oggetti di plastica disseminati anch’essi sulle spiagge o tra gli scogli. Roba che viene da lontano, portata dal mare, ma che buttiamo anche noi. Le buste piene di “monnezza” lasciate con inquietante naturalezza sulle spiagge e ai margini stanno lì a dimostrarlo. Come l’indifferenza con cui si guarda a  quei rifiuti sparsi sulla sabbia, come se dovessero starci, come se quello fosse il loro posto e fossero una presenza inevitabile. Eppure, se ognuno dei fruitori della spiaggia anche d’inverno si preoccupasse di toglierne di mezzo qualcuno già la situazione migliorerebbe, senza bisogno di interventi tanto impegnativi. Almeno in una stagione particolare come questa, che in mancanza di mareggiate ci ha risparmiato lo spiaggiamento di quantità di rifiuti ben più massicce e invasive.

Certo che è triste constatare quanto sia ancora diffusa l’indifferenza verso la tutela dell’ambiente in una realtà che dovrebbe averla come priorità individuale e collettiva. Senza andare a scomodare chissà quali valori e motivazioni, anche soltanto per una questione di sopravvivenza e utilità, perché l’economia isolana presente e futura dipende strettamente dal patrimonio ambientale di cui siamo i temporanei beneficiari. E che maltrattiamo con la massima noncuranza. Come se poi Madre Natura non presentasse sempre il conto con gli interessi. Ma “c’amma fà”… O no?

 

 

 

 

 

 

 

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