Una volta, accadeva di rado, se non eccezionalmente, e soprattutto nel periodo estivo di massimo affollamento. Poi, si è verificato sempre più di frequente.. Anche in pieno inverno, che non fa più troppa differenza, perchè al “Rizzoli” si lavora sempre a pieno ritmo e i limiti strutturali dell’ospedale isolano si evidenziano ormai per dodici mesi all’anno. Così anche nel corso di questa settimana ci sono state delle barelle occupate da pazienti ricoverati, per i quali non erano più disponibili posti letto in corsia. E non è certo una consolazione né un’attenuante che si tratti di un problema condiviso con la maggior parte degli ospedali della terraferma. Proprio ieri CONTRO LA “NORMALITA’” DELLE BARELLE HA TUONATO IL GOVERNATORE DE LUCA, che ha detto di non voler più vedere persone ricoverate sulle barelle negli ospedali campani. Ottimo proposito, anche se non sarà facile concretizzarlo, dopo anni di cure dimagranti, tagli lineari, riorganizzazioni forzate.
Il più esposto al “Rizzoli” è il reparto di Medicina. Dove la trasformazione delle barelle in letti provvisori è diventata abbastanza usuale e frequente. Ma è capitato, seppure più raramente, che vi si dovesse ricorrere anche in altri reparti. Con tutte le pesanti conseguenze che questo comporta sui pazienti, che si ritrovano parcheggiati nei corridoi, in condizioni non consone al loro stato, esposti gioco forza al via vai degli addetti e perfino dei visitatori, senza disporre di uno spazio per le loro cose e della minima privacy, con il disagio aggiuntivo di dipendere dai bagni delle camerate. E certamente la presenza dei “barellati” incide anche sulla disponibilità di biancheria da letto e dei cuscini, che in via Fundera sono un “optional”.
D’altra parte, per quanto riguarda l’ospedale isolano il ricorso alle barelle è davvero l’ultima possibilità. Non il frutto di un inefficiente utilizzo dei posti letto disponibili, anche in termini di turn over, come capita non di rado nei grandi ospedali della terraferma. Al “Rizzoli” è prassi consolidata l’”appoggio” dei pazienti anche in altri reparti, se in quello a cui sono in carico non ha possibilità, sfruttando ogni letto libero dove si trova. Anche se questo complica la vita degli operatori, medici e infermieri, che debbono far fronte anche a questo indubbio aggravio, nonostante le forze siano spesso ridotte all’osso, sottodimensionate già rispetto ai posti letto ufficiali, figuriamoci a quelli aggiuntivi.
Perciò, il ricorso alle barelle rappresenta l’aggiunta dell’aggiunta. La SPIA ROSSA DELL’INADEGUATEZZA DI POSTI LETTO dell’unico ospedale isolano rispetto alle reali esigenze dell’isola, nella sua dimensione demografica normale. Senza contare l’incremento di popolazione dovuto al turismo, che da anni non è più preso in considerazione né a Monteruscello e neppure a Napoli. Dove non ci hanno nascosto negli anni passati di considerare l’esistenza di un presidio ospedaliero purchesia come una magnanima concessione di cui dover essere grati a prescindere. Se non addirittura di doversi scusare o sentire in difetto per il “fastidio”, soprattutto economico, procurato.
E in questo clima è diventato INEVITABILE GIOCARE SEMPRE IN DIFESA, per cercare di preservare l’esistente da tagli e ridimensionamenti sempre incombenti, spesso mimetizzati o passati sotto silenzio. In una logica che è stata sempre, costantemente negli ultimi anni, di SOTTRAZIONE, in tutti i settori della sanità pubblica, non escluso l’ospedale. Che ha sofferto anche i contraccolpi della sconsiderata soppressione dello PSAUT.
In questo quadro di precarietà e di incertezza è stato sepolto ogni progetto, ogni idea, ogni tentativo di realizzare un sia pur minimo e VITALE AMPLIAMENTO dell’ospedale, rimasto a metà perchè qualche anno fa, con una sorta di furto con destrezza, la (mala)politica gli sottrasse fondi già assegnati e destinati a restituire all’isola il numero di posti letto che possedeva prima della ristrutturazione dello scorso decennio.
Che non si trattasse di mania di grandezza, di un progetto superfluo e velleitario, di un azzardo lo dimostrano proprio le barelle in crescita nei corridoi del “Rizzoli”. E date le condizioni degli ospedali della terraferma, cade anche la “soluzione” del trasferimento, solitamente suggerita da chi non sa e non capisce cosa comporti e implichi la vita su un’isola. Trasferire lo si deve per le patologie fuori della portata del presidio locale. Non certo per quelle che possono e debbono essere risolte sul posto, con costi inferiori per il sistema. Anche perché trovare posti liberi al di là del mare è impresa complicata. E se De Luca riuscirà a migliorare la situazione, tanto di guadagnato.
Ma le barelle isolane, come pensa di toglierle di mezzo il governatore? C’è modo di affrontare seriamente questo discorso con Palazzo Santa Lucia o a Ischia dobbiamo rassegnarci ai “letti mobili” posticci? E’ un altro tema di interlocuzione con la Regione troppo a lungo trascurato. Se oggi vi sono un’attenzione e una disponibilità nuove, sarebbe il caso di verificarlo.