Il cantiere della Siena sequestrato, cos’altro c’è più da prevenire dopo quanto è già compiuto?

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Foto Qui Ischia

Due anni fa di questi tempi, agli inizi del febbraio 2014 per l’esattezza, in un incontro presso il Comune d’Ischia per parlare della sempre attuale questione del ripascimento degli arenili, fu indicato agli operatori balneari, come soluzione più a portata di mano, l’utilizzo della “sabbia” del parcheggio della Siena. A dire il vero se ne parlava già da un po’, da quando era cominciato lo scavo nell’ex florido vigneto-frutteto all’ingresso del centro storico di Ischia Ponte e si erano venute accumulando delle montagnole di terra fin lungo il caratteristico Muro rotto al confine con l’attigua omonima spiaggia. Ma dato che le analisi sulla caratteristiche e la granulometria di quei detriti non erano state ancora effettuate e non potendone prevedere l’esito, sembrava decisamente azzardato dare per scontato che sarebbe stata sabbia buona da buttare a mare. La cosa poi non si è verificata e in quel caso, forse, la prevenzione ha funzionato, evitando magari un problema più grave di quello che s’intendeva correggere. Ma a parte quell’episodio, l’AGGETTIVO “PREVENTIVO”, applicato al sequestro del cantiere di via Pontano avvenuto oggi, SUSCITA UN CERTO STUPORE. Non tanto per il provvedimento giudiziario in sé, con le sue ragioni e i suoi fondamenti di cui si discuterà e ci si confronterà tra i soggetti interessati nelle sedi opportune, ma quanto meno per la tempistica e la reale efficacia preventiva di questo atto, che blocca un’opera mastodontica, in corso da oltre due anni in una posizione centralissima e che ha cambiato profondamente l’aspetto di quell’angolo – pregiato – di territorio.

In questi due anni e più, su quell’area e in tutto il contorno, di cose ne sono accadute e tante. Cose che non potevano e che non sono passate inosservate agli sguardi dei cittadini e dei turisti. E come sarebbe stato possibile con il cantiere in piena vista, all’entrata del centro storico e lungo la strada che porta ad una delle zone balneari più importanti e frequentate dell’isola? E come si potevano ignorare le centinaia di betoniere e enormi camion che in questi anni hanno fatto continuamente avanti e indietro, non senza difficoltà per le loro dimensioni, sul percorso verso Ischia Ponte, infilandosi a fatica nel budello di via Pontano, trasformata in pertinenza del cantiere? E come non accorgersi dei lavori in corso e della loro entità con il rumore dei battipali, in funzione di giorno e di sera comprese le domeniche, distinguibili fin sulle collinette circostanti e le vibrazioni percepite nelle abitazioni del circondario? Tutti effetti collaterali che hanno gravato in questo periodo sull’intera zona, nel cuore anche turistico, oltre che di enorme valore storico-ambientale, di Ischia. Ma di prevenzione non se n’è mai fatta.

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Foto Qui Ischia

Per non parlare delle stranezze (chiamiamole così) che si sono pure verificate in questi anni. Dalla cascata di acqua termale che per settimane dal cantiere finì in mare nell’autunno 2014 alla sorgente di acqua dolce che per mesi ha zampillato nel cantiere (in quel tratto costiero nell’antichità erano conosciute varie fonti), senza dimenticare gli enormi cumuli di detriti portati con i camion e accatastati anche lungo il muro di cinta che costeggia la pubblica via. Situazioni anche di interesse anche generale, visto che hanno coinvolto il mare e le risorse del sottosuolo, su cui sarebbero stati opportuni e necessari approfondimenti e conseguenti chiarimenti pubblici, che sono mancati. E lì sarebbe stata auspicabile e opportuna e ci si sarebbe aspettati quella prevenzione di cui, invece, non c’è stata traccia.

E che dire dell’impatto di un cantiere così impegnativo su Ischia Ponte e dintorni per un tempo così prolungato, ben oltre i tempi previsti per la realizzazione della megaopera, che usufruisce anche di un  finanziamento europeo, dunque di soldi pubblici?

Dopo tutte queste vicissitudini, quell’aggettivo “preventivo” riferito al sequestro odierno suscita altrettanto stupore e perplessità: cos’altro c’è da prevenire, dopo tutto ciò che già si è compiuto e si è consentito che si compisse nell’ex ubertoso terreno della Siena? Ci avviamo ad un’altra opera infinita, con il suo carico di disagi e brutture, finchè prescrizione non ce ne liberi? Quali altre stupefacenti novità ci dovrà riservare il costruendo parcheggio in stile metropolitano alle porte del Borgo di Celsa?

La mente corre ai ricordi di bambina: alla vigna di “pizzutella”, alle pesche dorate e al profumo irresistibile delle “crisommole” d’estate, alle uova appena raccolte da Nina e alle galline libere tra i filari, al profumo intenso e rassicurante di terra buona, che ti accompagnava fino a lasciare il passo a quello della sabbia e del mare. Grazie a Dio ho fatto in tempo a godere di quella meraviglia. E non riesco a non pensarci, ogni volta che passo davanti a quanto c’è oggi e che non riesco a definire. Ogni volta, con crescente rimpianto.

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