Dopo 6 anni la Regione riprova a togliere al “Rizzoli” l’Utic che ha salvato centinaia di vite

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Foto Qui Ischia

Paravento numero 1: “Riceve un incremento per le discipline esistenti”. Sette parole che più rassicuranti e positive non si può. Specie se riferite, come sono” al “Rizzoli”, nel piccolo paragrafo che lo riguarda all’interno delle 175 pagine del nuovo Piano ospedaliero regionale, che da metà aprile è all’esame dei Ministeri della Salute e dell’Economia per il varo definitivo. Paravento numero 2: “L’ospedale funge da centro spoke nella rete cardiologica”. Sembra la ciliegina su una torta già ottima, quel che serve a confermare, oltre ai fondamentali, anche uno dei servizi sanitari conquistati a fatica sull’isola, un “plus” rispetto alla dotazione consueta di un Pronto Soccorso Attivo grazie al quale, negli anni, sono state salvate centinaia di vite. Dunque, tutto bene…il “Rizzoli” ad una prima lettura sembra uscire alla grande dalla riorganizzazione della rete ospedaliera della Campania. E quella parola “INCREMENTO” suona come antidoto a tutte le paure, le riserve, i dubbi che la storia anche recente del nostro presidio ci ha insegnato a coltivare, ogni volta che si è parlato di riorganizzazione, riassetto, riqualificazione. Anche stavolta, però, L’APPARENZA INGANNA. Dietro quei paraventi rassicuranti si nascondono INSIDIE SERIE. Una immediata è la perdita dell’Utic. Capace di vanificare il senso positivo di quell’”incremento” che è molto meno apodittico e certo di quanto non sembri.

L’INSIDIA IMMEDIATA: LA CANCELLAZIONE DELL’UTIC

La parola “incremento” ben si adatta anche all’Unità Operativa di Cardiologia del “Rizzoli”. Che nel nuovo Piano ospedaliero ha assegnati 8 posti letto, in luogo di 4 attuali. LA CARDIOLOGIA RADDOPPIA? Da un certo punto di vista, non vi è dubbio. Senonchè, all’incremento di posti letto “normali” fa da contraltare la SCOMPARSA DEI 4 POSTI DELL’UNITA’ DI TERAPIA INTENSIVA CORONARICA. Quelli che finora sono serviti per le emergenze più serie, per le crisi acute, per i pazienti più gravi, quanto meno da stabilizzare prima di poter affrontare un trasferimento verso strutture più specializzate. 4 POSTI CHE OGNI ANNO VALGONO ALCUNE CENTINAIA DI RICOVERI. DOVE ANNUALMENTE SI TRATTANO OLTRE 100 INFARTI DEL MIOCARDIO E UN NUMERO ANCORA MAGGIORE DI ISCHEMIE CARDIACHE. PER NON PARLARE DEI PAZIENTI SOTTOPOSTI AD IMPIANTO TEMPORANEO DI PACE MAKER.

Quando nel 2005 FU INAUGURATA, l’UTIC, fu presentata come la novità che, dopo la ristrutturazione, avrebbe consentito di fronteggiare in modo finalmente appropriato sul territorio le emergenze cardiologiche, il cui esito altrimenti avrebbe continuato ad essere legato soltanto all’esito di un trasferimento in terraferma in condizioni disperate e con tutte le incognite connesse alle condizioni meteo-marine. Che per i pazienti isolani fanno sempre la differenza, quando si lotta tra la vita e la morte e la possibilità di cura è dall’altra parte del mare. Ciò che, purtroppo,  fanno sempre fatica a comprendere gli artefici politici e tecnici dei vari piani, riorganizzazioni e revisioni che si susseguono nel tempo, perlopiù ad ogni cambio di amministrazione regionale.

Nel 2010, in occasione del precedente PIANO OSPEDALIERO licenziato dalla GIUNTA CALDORO, scoprimmo quasi per caso che nell’articolo 49 (famigerato) non vi era più traccia dell’Utic. Sollevato il problema, in Regione tutti caddero dalle nuvole, come se si fosse trattato di un refuso più che di una scelta deliberata di cui, di fronte alla levata di scudi dall’isola, nessuno se la sentì di assumersi la responsabilità tecnica e politica. Tanto che l’allora commissario CALABRO’ si affrettò a varare una delibera ad hoc per correggere la “dimenticanza” e salvare l’Utic salvavite.

E 6 anni dopo, si ripropone il problema. Come se si fosse fatto un “copia-incolla” di quell’articolo 49 con quella grave deficienza originaria.

LO SPOKE DI ISCHIA NON GARANTISCE I PAZIENTI

Di diverso, stavolta, c’è solo l’ambiguità che si nasconde dietro una parola inglese (invece del fuorviante “latinorum” di manzoniana memoria): SPOKE. Quel termine si accompagna ad un altro, HUB, per indicare insieme – HUB  & SPOKE – un modello di organizzazione dei servizi cardiologici sul territorio già adottato in altre Regioni, che prevede una rete di presidi in grado di garantire i vari livelli di assistenza, da quelli basici più diffusi sul territorio a quelli via via più complessi  nei centri d’eccellenza che servono bacini d’utenza sempre più ampi con prestazioni più specialistiche e con dotazioni tecnologiche più avanzate. Un modello che si ispira alla figura del mozzo (hub), che nel caso dell’ASL NA2 NORD  corrisponde all’OSPEDALE DI POZZUOLI, (hub cardiologico di I livello, con l’Utic, mentre quelli di livello sovraordinato sono a Napoli) con i raggi (spoke), che si identificano con gli ospedali “periferici”. E in questa categoria è inserito il “Rizzoli”.

Andando a verificare le caratteristiche dei vari livelli del modello teorico di Hub & spoke, il livello più basso è quello ASSISTENZIALE DISTRETTUALE (spoke) senza Utic in cui vengono erogate prestazioni specialistiche di cardiologia clinica di base. Poi c’è un 1° LIVELLO ASSISTENZIALE OSPEDALIERO (rappresenta un Hub del livello distrettuale e uno Spoke del 2° livello) con una Cardiologia dotata di Utic che svolge le funzioni che attualmente vengono garantite a Ischia. Ma il modello prevede che questi servizi siano allocati in presidi che servono una popolazione di almeno 100.000-150.000 abitanti. Si passa poi al 2° LIVELLO ASSISTENZIALE OSPEDALIERO (Hub del 1° livello, Spoke del 3° livello). Serve un hinterland di 300.000-1 milione di abitanti (di norma una provincia) con UO di Cardiologia con UTIC e con Laboratorio di Emodinamica diagnostica e interventistica. E ci troviamo con le caratteristiche dell’ospedale di Pozzuoli.

PERCHE’ IL RIZZOLI E’ “DERUBRICATO” AL LIVELLO PIU’ BASSO, QUASI UN AMBULATORIO OSPEDALIERO, INVECE DI ESSERE IDENTIFICATO CON IL 1° LIVELLO CHE CI CONSERVEREBBE L’UTIC? E’ solo per una questione di calcolo ragionieristico degli abitanti residenti? I nostri 60mila invece dei 100mila previsti come soglia minima? Ma per quanti mesi all’anno siamo ben al di sopra del numero minimo per il 1° Livello? E come la mettiamo con la QUESTIONE CENTRALE DELL’INSULARITA’?

CHI HA APPLICATO CON I NUMERI DEI RESIDENTI ALLA MANO IL MODELLO HUB &SPOKE  IN CAMPANIA E’ CONSAPEVOLE DI COSA COMPORTI UN’EMERGENZA CARDIOLOGICA SU UN’ISOLA? SA CHE NON VI E’ SEMPRE E COMUNQUE LA POSSIBILITA’ DI UN TRASFERIMENTO IN TERRAFERMA?

E SENZA L’UTIC, COME SI STABILIZZANO I PAZIENTI IN PIENA CRISI E IN QUALI CONDIZIONI LI SI “IMPACCHETTA” PER SPOSTARLI IN ELICOTTERO O MOTOVEDETTA (SEMPRE CHE IL METEO LO CONSENTA)? CON QUALI GARANZIE DI SOPRAVVIVENZA E DI MASSIMA APPROPRIATEZZA E TEMPESTIVITA’ DELLE CURE?

Domande a cui dobbiamo PRETENDERE RISPOSTE dai vertici della Regione e dal commissario che ha redatto il Piano Ospedaliero, JOSEPH POLIMENI, già manager dell’Asl di Lucca. E in Toscana si applica il modello “Hub & spoke”. Di certo, al meglio. Ma in provincia di Lucca non ci sono isole. E questa situazione particolare deve essere sfuggita al commissario. STA A NOI FARGLIELA CONOSCERE.  VISTO CHE PER GLI ISOLANI E’ UNA QUESTIONE DI VITA O DI MORTE.

 

 

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