Gli avvistamenti più eclatanti non sfuggono alla velocità della comunicazione nel villaggio globale. Ma per quanto in numero crescente e sempre più frequenti sono solo la punta di un iceberg che resta in gran parte sommerso. Dal 1970 ne sono state registrate e studiate nel Mediterraneo ben 489, quasi per la metà sono molluschi, seguiti con grandi numeri da anellidi e policheti e poi da crostacei. Dunque, specie animali la cui presenza sfugge alla conoscenza e consapevolezza dei più, ma che hanno tuttavia un grande impatto sull’ambiente in cui si insediano. Perchè si tratta di SPECIE MARINE NON INDIGENE, ALIENE come vengono definite, protagoniste di una INVASIONE SILENZIOSA, che negli anni si è fatta più massiccia e che è costantemente sotto la lente d’ingrandimento del mondo scientifico. Che non perde l’occasione per segnalare la gravità del problema. Come è accaduto mercoledì e giovedì presso l’HOTEL VILLA MARIA A ISCHIA, che ha ospitato l’EUROMARINE WORKSHOP su “Management of bioinvasions in the Mediterranean Sea - The way forward”. Per scambiarsi informazioni e dati e riflettere insieme sulle possibili soluzioni si sono incontrati 11 relatori e e 42 ricercatori provenienti, oltre che dall’Italia, da Egitto, Tunisia, Turchia, Grecia, Francia, Regno Unito, Spagna, Estonia e Israele. Inviati di Università e di altre prestigiose istituzioni scientifiche, compresa la Stazione Zoologica di Napoli, promotrice e organizzatrice dell’appuntamento. Che si è concluso con una DICHIARAZIONE D’INTENTI, INDIRIZZATA DA ISCHIA A TUTTO IL MONDO SCIENTIFICO, affinchè si faccia promotore di proposte specifiche per mitigare gli effetti di un’invasione che in alcune parti del bacino mediterraneo ha già costi altissimi sia ecologici che economici.
A coordinare i lavori del workshop isolano sono state MARIA CRISTINA GAMBI del Laboratorio di Ecologia del Benthos della Stazione Zoologica di Napoli e BELLA GALIL del National Institute of Oceanography, Israel Oceanographic & Limnological Research di Haifa, una vera autorità nel campo della biologia marina, che molto si è dedicata allo studio delle specie aliene nel Mediterraneo. Ed è stato molto interessante, a lavori del workshop conclusi, essere guidata dalla professoressa Galil alla scoperta di una realtà che nel Mediterraneo orientale ha dimensioni e implicazioni ancora maggiori che da noi. Perchè la maggior parte delle specie aliene arriva dal Canale di Suez, provenienti dal Mar Rosso e dagli oceani Indiano e Pacifico. E il recentissimo raddoppio del Canale ha suggerito la necessità dell’incontro ischitano, per lanciare l’allarme sui rischi potenziali di un incremento dell’invasione e sollecitare attenzione, misure, azioni di contrasto alla politica e anche all’opinione pubblica del Paesi rivieraschi.
“IL WORKSHOP E’ STATO UN SUCCESSO - la valutazione di Galil – sono felice delle nuove idee che sono emerse e con le quali dobbiamo guardare al futuro”. Intanto, ha cominciato con il sottolineare che “TUTTE LE AZIONI CHE SI COMPIONO A TERRA – pressione umana nelle zone costiere, cambiamenti climatici e aumento delle temperature, inquinamento, crescita delle popolazioni costiere – “FINISCONO A MARE e ne influenzano i delicati equilibri naturali”. In questo quadro si inserisce anche “l’enorme introduzione nel Mediterraneo di specie aliene negli ultimi 50 anni. Attraverso il CANALE DI SUEZ arrivano nel Mediterraneo orientale e da lì si spostano progressivamente verso occidente. Alcune specie hanno già raggiunto Gibilterra e da lì si sono trasferite nell’Atlantico. Tante specie aliene sono segnalate in Tunisia, a Malta, a poca distanza dall’Italia e avvistamenti vi sono già stati a Lampedusa, nelle isole siciliane”. Ma mentre prima gli “alieni”, provenienti da aree tropicali, non si spingevano più nord della Sicilia, con l’incremento della temperatura del mare generalizzato (anche nel nostro golfo è cresciuto di un grado)) adesso superano quel limite e ampliano la loro area di espansione. L’avvistamento recente nel golfo di Napoli del velenoso PESCE PALLA ne è uno dei tanti esempi.
Non si tratta solo di curiosità scientifiche. “Questi alieni modificano gli habitat marini – spiega la studiosa israeliana, che ne è testimone diretta nelle acque del suo paese – e di conseguenza influenzano la pesca, le abitudini delle persone che frequentano il mare, le altre attività legate al mare. Abbiamo un problema con le MEDUSE. Ce ne sono ben 5 specie aliene da noi. E in questi anni la loro massiccia presenza ha spesso impedito ai pescatori di lavorare e ha allontanato i bagnanti, perchè si tratta di meduse che lasciano lesioni gravissime. E siccome noi ricaviamo l’acqua potabile soprattutto dai desalinizzatori, le meduse mettono a rischio anche i rifornimenti di acqua, perchè entrano negli impianti e li intasano non facendoli funzionare. E non ci sono predatori, per cui le meduse continuano a moltiplicarsi e nutrendosi di larve e zooplancton mettono in crisi altre specie di cui si nutrono o a cui sottraggono il cibo”.
Sono le specie autoctone a soffrire pesantemente per l’invasione degli “alieni”. “In Israele avevamo dei piccoli granchi, come i paguri, in grandi quantità anche sulle spiagge. Dal ’99 la specie è regredita moltissimo e abbiamo cominciato a indagare sulle cause. Non c’erano predatori, non c’erano altri motivi apparenti. Poi abbiamo capito che tutto dipendeva di un mollusco tropicale che, nutrendosi dei molluschi delle conchiglie usate dai nostri paguri, li hanno privati delle loro “case”, che sono anche delle protezioni, condannandoli. I pochi che si sono salvati è perchè si sono adattati ad occupare conchiglie più piccole, non utilizzate dalla specie aliena, ma questa nuova situazione ha prodotto una mutazione genetica dei paguri. Potrei farle centinaia di esempi simili. Se solo pensiamo che il PESCE LEONE, VELENOSO E PERICOLOSO anche per l’uomo, E’ ARRIVATO GIA’ IN TUNISIA…”.
Il workshop ischitano si proponeva già dal titolo di svolgere un ruolo propositivo, mutuandolo da una conoscenza approfondita e da un monitoraggio continuo e sempre più capillare del fenomeno. Ma come si può gestire un problema così complesso, con l’obiettivo di limitarne al massimo l’espansione e l’impatto? “Noi siamo scienziati, n on burocrati – puntualizza Galil – Le nostre idee di gestione si basano sulle evidenze scientifiche, che mettiamo a disposizione di chi deve decidere a livello politico. Ma il fenomeno procede più velocemente delle decisioni che si dovrebbero prendere. Comunque, è una questione di voler fare qualcosa: SE S VUOLE, LA STRADA SI TROVA”.
A veicolare le specie aliene sono soprattutto le acque di zavorra delle navi e l’acquacoltura. Incentivare i controlli e coordinare le azioni di contrasto tra tutti gli Stati rivieraschi, mentre oggi ognuno procede (e raramente) per conto proprio, sono le necessità prioritarie. Che il workshop di Ischia ha messo nero su bianco. “I cittadini possono fare molto – ci tiene a dire Bella Galil – se negli anni ’90 per farsi sentire c’era bisogno di dimostrazioni di piazza, adesso tutto è cambiato: con Internet e i social si possono mobilitare milioni e milioni di persone ovunque e fare pressione sulla politica affinchè agisca. Ognuno ha la possibilità di far sentire la sua voce e di farla pesare sulle scelte dei governi. E noi mettiamo a disposizione dei cittadini le nostre ricerche. Tutti insieme possiamo invertire la rotta”. DA ISCHIA e’ partito anche L’APPELLO DEL MONDO SCIENTIFICO AI CITTADINI DEL MEDITERRANEO PER CONTRIBUIRE A SALVAGUARDARE GLI EQUILIBRI DEL MARE NOSTRUM.