LAURA MATTERA IACONO
“Dai, non rimanere lì impalata. Voglio mostrarti ancora una cosa”. E’ il mio esperto che mi scuote da quello stato di soggezione e quasi d’incanto che mi aveva colto ammirando la Fonte di Buceto e ripensando alla storia dell’acquedotto. Ero rimasta lì impalata e non riuscivo più a venir via. “Sei stanca?” Mi incalza lui. E aggiunge, senza attendere la mia risposta: “La strada è in pianura, dai, vieni”. Così voltiamo le spalle alla fonte e torniamo indietro. “Dove andiamo?” gli chiedo non appena ho recuperato la parola. “C’è ancora qualcosa che devo mostrarti”.
Passiamo di nuovo davanti a Piano S.Paolo e proseguiamo diritto. A un certo punto noto un sentiero facilmente accessibile. La mano umana doveva essere intervenuta da poco in maniera sapiente. Non c’è traccia di erbacce né di rami secchi. Dopo qualche passo … “Guarda lì – mi dice l’esperto indicandomi un viottolo in lieve discesa – da qui doveva passare l’altro canale, quello che conduceva l’acqua dalla Fonte a Palazzo Reale, a Ischia Porto. E questa naturalmente è opera dei Borboni, in pieno ‘800”. Eh già …, nell’800 la vita sociale e produttiva di Ischia si sposta dal Ponte al Porto. Il cambiamento, graduale e inesorabile, è determinato soprattutto dall’apertura del Lago che diventerà il Porto di Ischia. Un’antica casina di campagna diventa residenza estiva dei Borboni e assume il nome di Palazzo Reale. Così si pone il problema dare al luogo il beneficio dell’acqua potabile. E Buceto è ancora protagonista. La Fonte, che oggi abbiamo quasi dimenticato, sembra un pozzo senza fondo. Non contiene solo acqua. Ha tanta storia da raccontare.
La mia attenzione però è rapita anche da altro: una scala in pietra, un muro di sostegno per il terreno e poi ancora uno scalone in pietra che scende verso il basso. “Queste sono opere molto più recenti – mi dice l’esperto – presumibilmente risalgono agli anni ’20/30 del secolo scorso”. La perizia, l’attenzione, la pazienza degli artigiani di un tempo lasciano a bocca aperta. Anche qui la mano umana è stata molto sapiente. Tutto è incastonato alla perfezione, nel massimo rispetto. Sono opere di antica ingegneria ischitana.
“Ehi, ho fame … dai, andiamo a mangiare”, mi dice lui quasi spazientito dalla mia lentezza. Sì, si è fatto tardi, torniamo a casa. La prossima volta vi accompagnerò in un’altra passeggiata straordinaria. E spero di essere puntuale nel mio appuntamento con voi. A presto.