Rianimazione del “Rizzoli”, trovata alla fine la pezza a colore, ma la situazione resta grave

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Foto Qui Ischia

Il copione, ormai usurato dalle continue repliche estive, ha funzionato anche stavolta. Per ora. Una pezza a colore per evitare la chiusura del reparto di Rianimazione-Terapia intensiva del “Rizzoli” alla fine si è trovata. Come era auspicabile e necessario, per scongiurare una gravissima emergenza che, di fatto, era già iniziata con il mancato ricovero e il conseguente trasferimento in terraferma di una paziente, nonostante ci fosse un posto libero. Ciò che sarebbe continuato probabilmente ad accadere anche in seguito, se la notizia del blocco dei ricoveri non si fosse saputa all’esterno, attirando l’attenzione dell’opinione pubblica sull’ennesimo colpo alla funzionalità dei servizi sanitari sulla nostra isola.

E così a Monteruscello, quando la giornata lavorativa già stava volgendo al termine, è arrivata la classica pezza a colore. Buona per mantenere aperto il reparto, ma non certo risolutiva di una carenza che perdura e che è destinata a trascinarsi fin quando non si metterà mano a soluzioni strutturali, valide anche nel medio-lungo periodo. Ciò che non si può neanche pretendere da un commissario straordinario, con poteri dunque limitati, e che si avvicina perdipiù alla conclusione del suo mandato.

D’altra parte, la crisi di ieri non è stata affatto un fulmine a ciel sereno. La situazione della Rianimazione era già al limite, per la gravissima carenza di personale medico, consolidatasi negli anni. A fronte di un incremento delle prestazioni, conseguente anche all’aumento dell’attività operatoria. Poi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ovvero la perdita di un professionista convenzionato, che ha fatto saltare il precario equilibrio esistente. Che non poteva reggere al nuovo colpo. Come avrebbero dovuto capire anche a Monteruscello.

Non a caso, per recuperare in extremis il disastro che stava per compiersi ieri, la triade commissariale ha  dovuto mettere mano proprio al sistema delle convenzioni, riattivando quella interrotta e stabilendo un nuovo monte ore (circa 400), comunque insufficiente rispetto alle reali necessità di un reparto vitale per il funzionamento dell’ospedale isolano. La pezza a colore è stata ritagliata alla bisogna, ma non basta a coprire l’enorme buco da sanare.

Per quello potrebbe essere utile l’AVVISO PUBBLICO per reperire nuovi anestesisti, che è in essere, ma con prospettive di andare a buon fine alquanto aleatorie. Nulla garantisce che si riuscirà a reperire il personale necessario a restituire un po’ di normalità al reparto. Perchè già di anestesisti ce ne sono pochi e perdipiù Ischia non è certo al top della lista delle sedi ambite dai professionisti alla ricerca di una nuova collocazione. Come al solito, la nostra è una SEDE PROBLEMATICA. DISAGIATA DI FATTO MA NON DI DIRITTO. Venire a lavorare sull’isola comporta disagi per i continui spostamenti, con l’aggravante che di mezzo c’è il mare, e anche costi economico. E sul piano professionale, la sede isolana in un Pronto soccorso attivo, non offre gli stessi stimoli e prospettive di altre opzioni in terraferma.

E così restiamo imprigionati in un cul de sac. Alla faccia delle mirabolanti conclusioni che solo poche settimane fa ci avevano dato ad intendere di aver ottenuto i Sindaci delle isole nel famoso incontro con la Regione per il quale si era scomodata pure l’Ancim. Ma il RICONOSCIMENTO DI SEDE DISAGIATA PER LE ISOLE, DECISIVO PER COMINCIARE A USCIRE DALLA PERENNE EMERGENZA, DOVE STA?

E’ su questo che ci devono rispondere le istituzioni. E questo dovremo chiedere, con la forza di una mobilitazione che deve essere proporzionale alla enorme posta in gioco: LA TUTELA DELLA NOSTRA SALUTE.

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