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Cultura Sulla collina dell’Arbusto tornano alla luce altre strutture della Pithecusa del VI secolo
Sulla collina dell’Arbusto tornano alla luce altre strutture della Pithecusa del VI secolo
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8 anni ago |
Foto Qui Ischia
E’ l’anello mancante. Uno degli ultimi tasselli utili a completare un mosaico che Giorgio Buchner cominciò pazientemente a ricomporre fin dai primi anni Cinquanta. Ed è anche merito del grande archeologo se si era raggiunta in teoria la quasi certezza della sua esistenza, che negli ultimi giorni ha cominciato ad essere suffragata da riscontri concreti e oggettivi. Quelli che consentono oggi di affermare con prove di fatto che il terreno di fianco al complesso di Villa Arbusto, utilizzato per anni come scarico di sfalci e robaccia varia, custodisce strutture di epoca greca, che rappresentano la prosecuzione del sito di Mazzola e lo collegano al centro abitato già riemerso sotto la chiesa e la piazza di Santa Restituta. Una scoperta attesa, sperata, frutto del lavoro compiuto nelle ultime settimane da un gruppo di studiosi tedeschi che stanno per lasciare l’isola al termine della loro prima campagna di scavo nel cuore produttivo di Pithecusa.
Era stato anticipato molti mesi fa il progetto di scavo a Lacco Ameno elaborato congiuntamente dalle Università di Amburgo e di Francoforte sul Meno. E finanziato per due anni dalla Fondazione Fritz Thyssen. Un’impresa che sarebbe iniziata a settembre, come realmente si è poi verificato con precisione teutonica per buona parte di questo mese, fino ad oggi. Perchè con l’ultimo giorno d’estate si concluderà tra poche ore anche la prima tranche di un lavoro complesso, duro al di là delle previsioni, ma capace anche di cominciare a scrivere una nuova pagina della storia di Pithecusa, che promette di riservare in futuro non poche sorprese. Oltre quelle già giunte in queste poche settimane.
Foto Qui Ischia
Ha lavorato sodo, senza risparmio di energie e di passione, il limitato gruppo di ricercatori, tutti molto giovani, compresi i due docenti che guidano lo scavo: NADIN BURKHARDT della Goethe Universitaet di Francoforte (con all’attivo studi specifici sulla colonizzazione euboica nel Sud Italia e in Sicilia) e il collega STEPHAN FAUST dell’Università di Amburgo. Coautori del progetto “Pithekoussai: officine e lavorazione dei metalli nella prima colonia greca in Occidente (Werkstattstrukturen und Metallverarbeitung in der frühesten griechischen Kolonie im Westen)”. Progetto, concordato con la Sovrintendenza archeologica di Napoli e seguito dalla responabile per l’area flegrea COSTANZA GIALANELLA, che pur essendo ancora nella fase iniziale, ha già fornito le prime indicazioni sul suo possibile sviluppo e sulla fondatezza dei presupposti su cui è stato elaborato. A cominciare proprio dagli appunti e dai saggi opera di Giorgio Buchner, che aveva sempre insistito sulla necessità di esplorare a fondo quel terreno incolto vicino all’ex villa di Rizzoli su cui nel tempo sono stati ipotizzati costruzioni e interventi a prescindere dalla sua valenza archeologica. Che oggi non è più solo presunta, ma reale.
Foto Qui Ischia
Decenni di abbandono e di un uso che definire improprio è un eufemismo, avevano trasformato il terreno sulla collina dell’Arbusto in una discarica indegna della contiguità con il complesso della Villa e il prestigio del Museo di Pithecusae. Così, i tedeschi hanno dovuto iniziare a liberare la ristretta area prescelta per l’avvio dello scavo dall’enorme quantità di residui che vi si era accumulata, come in tutto il resto dell’appezzamento, in cui sono state trovate perfino tracce di insediamenti modernissimi di senzatetto. Per fortuna, i fondi della Thyssen hanno consentito di utilizzare un mezzo meccanico per spostare la massa di pietrame e di materiali vari, prima che fossero gli archeologi a proseguire lo scavo in condizioni proibitive, ulteriormente peggiorate dopo le copiose piogge di questi giorni, che hanno creato una fanghiglia nera e nauseabonda.
Nonostante le difficoltà superiori al previsto, che hanno assorbito tempo e denaro, la lenta e accurata indagine compiuta dagli esperti ha sottratto alla terra delle evidenze archeologiche importanti, databili al VI secolo a.C. RESTI DI UN TERRAZZAMENTO E DI MURA, che testimoniano come quell’area fosse PARTE INTEGRANTE DELL’INSEDIAMENTO PITHECUSANO, che dalla zona costiera si estendeva fino sulla collina di Mazzola, dove sono state da tempo riportate alla luce le strutture del quartiere metallurgico, con le officine e le contigue abitazioni degli artigiani, che applicavano tecniche importate dalla madrepatria Eubea fin dalla colonizzazione della nuova isola. E in mezzo, tra la parte dell’abitato al livello del mare, in cui era compreso il quartiere dei vasai presente negli Scavi di Santa Restituta, e quella più elevata, vi era anche la parte corrispondente al livello della collina dell’Arbusto. Un insediamento unitario, a quanto pare senza soluzione di continuità, secondo un dato che ora si può già dare per acquisito. E questa è la novità di questo primo assaggio della ricerca in corso.
Pur avendo prodotto un primo risultato molto incoraggiante, c’è ancora moltissimo da fare sull’Arbusto. L’impegnativo lavoro di rimozione dello spesso strato di robaccia in superficie dovrà progressivamente essere svolto in tutta l’area, per raggiungere il primo strato “storico”, che evidentemente è quello del VI secolo. E poi ci sono da esplorare gli strati sottostanti, fino al più antico, che potrebbe coincidere con la fase arcaica dell’insediamento di Pithecusa. Così, quella che è già una significativa novità archeologica presenta potenzialità straordinarie, che richiederanno anni per essere accertate. E considerata la scarsità cronica di fondi in Italia, è auspicabile che l’impegno delle università tedesche e soprattutto della Fondazione Thyssen prosegua nel tempo, ben oltre le due annualità finora previste.
Intanto, la prima annualità si sta già per chiudere. La parte dello scavo sarà di nuovo chiusa e quanto rinvenuto e accuratamente documentato sarà di nuovo coperto, per restituirgli la protezione di cui ha goduto per quindici secoli. Se ne riparlerà tra un anno, quando l’équipe tedesca tornerà a Ischia per proseguire il percorso avviato. Nel frattempo, meritano un grande GRAZIE collettivo per aver scelto di investire su questa ricerca e per aver già regalato a Ischia e a tutta la comunità scientifica una nuova importante scoperta sull’alba della Magna Grecia.