Restituite al mare dalla Stazione Zoologica dieci tartarughe, che meraviglia a San Montano!

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Foto Qui Ischia

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Non è una spiaggia come le altre. A parte il paesaggio mozzafiato in cui è incastonata, non si può ignorare che lì era la necropoli dei pithecusani, esplorata solo per metà da Giorgio Buchner, e che da lì sono usciti la Coppa di Nestore e  la stragrande maggioranza dei reperti che raccontano l’alba della Magna Grecia. E sempre lì, “in loco qui dicitur Eraclius”, approdò dall’Africa il corpo della martire Restituta. Un luogo di emozioni profonde, la spiaggia di San Montano. Il contesto ideale, dunque, per accompagnare il ritorno nel loro habitat naturale di dieci tartarughe marine, tornate in ottime condizioni di salute grazie alle cure ricevute nel CENTRO RECUPERI della STAZIONE ZOOLOGICA ANTON DOHRN . Che stamattina ha voluto condividere quel momento specialissimo con tanti bambini delle scuole elementari, protagonisti della manifestazione ospitata dal PARCO NEGOMBO insieme ai magnifici esemplari di Caretta Caretta appena arrivati da Napoli con i ragazzi e le ragazze che si sono dedicati a loro per mesi, per riuscire a restituirli al mare.

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L’intensa attività che da qualche decennio svolge la Stazione Zoologica per la tutela delle tartarughe marine, tanto da diventare un punto di riferimento a livello internazionale in quel settore, rende possibili periodiche liberazioni in mare degli animali salvati. E si è intelligentemente scelto di far coincidere queste occasioni con degli incontri divulgativi, formativi, di sensibilizzazione e di EDUCAZIONE AMBIENTALE rivolti al pubblico, in particolare ai giovani e giovanissimi. Tanti lidi della Campania avevano già ospitato questa emozionante cerimonia, mai era accaduto a Ischia. Eppure, nel mare della nostra isola la presenza delle tartarughe non è meno frequente che altrove, anzi il contrario, perché come i cetacei anche le “cestunie” approfittano della particolare ricchezza di nutrienti e di cibo dei fondali tanto vari  nel nostro mare, soprattutto in corrispondenza del CANYON SOMMERSO DI CUMA, proprio al largo della baia di San Montano. Che perciò, rispetto ad altri posti, ha offerto alle tartarughe  le condizioni più favorevoli per riprendere la loro vita libera.

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Per le dieci testuggini è stato un giorno particolare,  anche molto stressante. Dopo lunghe degenze, hanno lasciato le loro vasche con l’acqua di mare per affrontare il viaggio verso l’isola in vasche più piccole e all’asciutto. E con i sobbalzi dei trasferimenti che le hanno portate sul terrazzo

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panoramico del Negombo in cui hanno passato buona parte della mattinata, circondati oltre che dagli esperti e dai volontari della Stazione Zoologica, che hanno continuato a prendersi cura di loro con dedizione e affetto, da un pubblico molto vario, con tanti bambini ma anche tanti adulti, compresi diversi turisti. Presenze umane che gli animali hanno sopportato con qualche fastidio e notevole impazienza.

Alcune di loro era da giorni che sembravano non sopportare più di stare nelle vasche. Tanto da cercare di uscire con le pinne con cui si fanno strada tra le onde. Il segnale che ormai anche la convalescenza era finita, che non avevano più bisogno di assistenza, ma ancor più di restare ristrette in uno spazio limitato. Loro che girano nel Mediterraneo coprendo anche notevolissime distanze, macinando centinaia e centinaia di miglia, tra i tanti pericoli in agguato: buste e oggetti di plastica, reti e ami, imbarcazioni, inquinamento marino, le cause più frequenti di morte. ma anche quelle che portano le più fortunate nel Centro di recupero della Stazione zoologica dove vengono curate perlopiù con successo. Solo per una piccola percentuale sono le cause naturali a risultare esiziali. E tra le dieci liberate poche ore fa, solo una era stata ricoverata per una occlusione intestinale causata da un parassita.

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Lei è stata chiamata Agatha, in onore di Agatha Christie ed ha una trentina d’anni. Alla Stazione Zoologica di Napoli era arrivata in aprile, sei mesi fa, assai malridotta per l’occlusione intestinale che la stava uccidendo. Non era il suo primo ricovero, altri due l’avevano preceduto, a grande distanza da Napoli. Stavolta, il problema intestinale si è risolto con una delicata operazione, seguita da una lunga permanenza nell’ospedale delle tartarughe, dove hanno fatto di tutto per salvarla e per farla stare di nuovo al meglio. Se l’è vista brutta, Agatha, ma ce l’ha fatta e quando ha ripreso a consumare un chilo d pesce al giorno anche i suoi custodi hanno capito che era venuto il momento di liberarla. E con lei altri nove esemplari della stessa specie, ciascuna con  una storia particolare alle spalle. Come la giovane Caprella, che si distingue per le dimensioni più piccole, il colore più vivo e il carapace più chiaro: è la piccola del gruppo, non supera i dieci anni: E stamattina è diventata ben presto una “star”, circondata dai bambini che l’hanno abbondantemente fotografata e che hanno chiesto informazioni su di lei.

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Dopo essere state osservate e fotografate per un paio d’ore è arrivato il momento più atteso. Gli operatori hanno portato le vasche sulla spiaggia, dove i bambini a tanti adulti erano ad attenderle, al di là dei pali di legno e del nastro che delimitavano un corridoio libero verso il mare. Lì gli addetti

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dello staff della

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Stazione Zoologica hanno effettuato le liberazioni, una per volta, insieme a degli ospiti militari e civili, che hanno collaborato estraendo le tartarughe dalle vasche per deporle sulla sabbia, a riva. Dopo tanto tempo, le Caretta caretta sono tornate a rivedere il mare. E appena si sono

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trovate sulla sabbia, tutte hanno avuto la stessa reazione, d’istinto: muovendosi velocemente sui pochi metri di sabbia, hanno aspettato l’onda bianca di schiuma per abbandonarvisi e hanno cominciato a nuotare veloci, in immersione, verso l’uscita dalla baia. A qualche decina di metri dalla riva,

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riemergevano le teste, per respirare profondamente. Prima della volata finale, verso il mare aperto e la vita che Madre Natura ha assegnato loro. E che, grazie agli apparecchi GPS collocati sul carapace di due di loro, potrà essere studiata dai ricercatori della “Anton Dohrn”.

Una dopo l’altra, hanno riconquistato la libertà. Seguite con trepidazione dai loro custodi umani anche nei primi metri sott’acqua, per essere sicuri che tutto andasse bene, che ce la facessero a riprendere il mare, che non tornassero a riva, che non vi fossero imprevisti. Mentre il pubblico osservava stupito e emozionato, fotografando quel momento unico da conservare gelosamente tra i ricordi più belli. E i bambini esprimevano tutta la loro sorpresa, sommergendo i grandi di commenti e domande, consapevoli anch’essi di assistere a qualcosa di speciale e di raro.

E’ stata una prima volta entusiasmante per tutti, la liberazione delle tartarughe nell’acqua dai riflessi smeraldo di San Montano. Un “tuffo nel blu” in una grigia giornata d’autunno, che in quel luogo e con quelle misteriose e meravigliose creature abitatrici del mare è esplosa di colori e di bellezza. Ma anche una giornata di consapevolezza, responsabilità, riflessione, per i più piccoli e gli adulti. Un privilegio averla vissuta e condivisa. Tutti insieme, in quell’angolo di paradiso.

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