Dopo la”cura”, ecco la sanità dei capri espiatori e dei “colpi nello stomaco” ed è solo l’inizio…

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Foto Qui Ischia

Lo aveva definito un “colpo nello stomaco”. A procurarlo al governatore De Luca, per sua stessa ammissione, è stata quell’immagine sul pronto soccorso dell’ospedale di Nola che ha fatto il giro del web, prima di finire sulle prime pagine di tutti i giornali. Potere delle foto. Che sintetizzano le storie con grande efficacia e immediatezza. Ma che poi, a volte, sintetizzano troppo, estrapolando i momenti colti dall’obiettivo da contesti più ampi e e situazioni ben più complesse, per spiegare le quali servono parole, oltre che immagini. E in questo caso, quando sono arrivate le parole, a corredo e a chiarimento della foto, si è capito che bisognava andare molto più a fondo della scena fissata dalla fotocamera. Troppo facile sentenziare, identificare i comodi capri espiatori e ordinarne il licenziamento in quasi diretta televisiva. Per poi dover fare marcia indietro a distanza di pochi giorni, perchè le parole hanno raccontato come stavano e stanno davvero le cose a Nola e i capri espiatori non reggono più. Tanto che perfino la ministra Lorenzin è stata costretta ad ammettere che i medici del Pronto soccorso nolano, già destinatari di una sospensione e di una minaccia di licenziamento, hanno fatto fino in fondo il loro dovere. Anche in condizioni di lavoro proibitive e indecenti.

Sono l’anello più debole del sistema, i medici e gli infermieri dei presidi di frontiera, che a quanto pare sono quasi tutti quelli della Campania, almeno per la situazione in cui sono stati ridotti negli ultimi anni. Coprono orari e turni assolutamente contrari alle regole europee che da tempo sono legge pure in Italia, ma che continuano ad essere assolutamente disattesi. Quegli orari di lavoro “europei” sarebbero calibrati in modo da garantire agli operatori il riposo sufficiente e necessario per svolgere la loro attività nelle migliori condizioni, a garanzia propria e dei pazienti. Ma non c’è modo di applicarli e non se ne parla neppure più, neppure come prospettiva di medio o lungo periodo. Come se non ci fossero.

Coprono, medici e infermieri senza dimenticare gli operatori socio-sanitari, buchi di organico che negli ultimi anni si sono ingranditi a dismisura, per effetto del blocco del turn over e delle assunzioni, che non ha consentito di sostituire la stragrande maggioranza degli addetti andati in pensione o trasferiti.

Cercano, come a Nola, di supplire alla meglio, con creatività e capacità di adattamento da stereotipo meridionale, alle carenze di letti, spazi, attrezzature e presidi. Condizioni di lavoro non di rado proibitive, comunque non compatibili con gli standard qualitativi che dovrebbero essere assicurati in tutti gli ospedali e servizi sanitari di un paese civile nel 2017. Condizioni che subiscono e soffrono anche i pazienti, che ne sono ovviamente le prime vittime. Condizioni che espongono, gli operatori e i pazienti, a RISCHI ENORMI, mentre tutto dovrebbe essere organizzato in modo da ridurli al minimo, i rischi.

Così’ si va avanti, sfidando il caso e la ragione, ogni giorno sperando che tutto fili liscio senza intoppi. E che i rischi potenziali non si trasformino mai in guai reali. Ma se qualcosa va storto, è l’anello debole a risponderne, a finire sul banco degli imputati, ad essere additato come la causa del problema. Lì si trova il capro espiatorio perfetto quando le cose non funzionano. E i politici cadono dalle nuvole di fronte alle macerie che le loro decisioni hanno determinato. Come nel caso della sanità in Campania, uscita a pezzi dalla cura da cavallo decisa dalla politica per risanare i conti in rosso frutto della mala gestione firmata dalla stessa politica in una stagione precedente.

HA SBAGLIATO OBIETTIVO, il governatore. E dire che stando alla guida della Regione da un anno ed essendo la sanità commissariata da ben prima che lui arrivasse a Palazzo Santa Lucia, non è sua la responsabilità della maggior parte dei problemi e delle criticità che ci procurano a tutti “colpi nello stomaco” quotidiani. Se la poteva cavare, De Luca, denunciando con la sua notoria “vis polemica” le conseguenze delle politiche lacrime e sangue imposte da anni al sistema sanitario campano che, invece di favorirne una riorganizzazione più efficiente e meglio funzionante, lo hanno indebolito e dissanguato. Nessuno avrebbe potuto contestargliela, a De Luca, una denuncia del genere. La cronologia glielo avrebbe permesso e glielo consente. E invece ha scelto un altro approccio e ne ha ricavato una pessima figura e che perfino la ministra, ben più responsabile di lui, lo sconfessasse, prendendo le parti dei medici che egli aveva ordinato di licenziare. Schizofrenia della politica.

Al di là della vicenda specifica, in cui sta finalmente emergendo la verità dei fatti e la realtà della situazione, la sanità campana, com’è stata ridotta negli ultimi anni, di “colpi allo stomaco” ce ne riserverà sicuramente tanti altri e chissà per quanto altro tempo. Perché quello di Nola non è un caso isolato, non è un malessere circoscritto, non è un episodio unico. E da Ischia – come da Procida – possiamo dirlo, anzi gridarlo, con ancora maggior forza, indignazione, sconcerto di altri.

Già, tra le spiegazioni addotte per giustificare la straordinarietà della situazione verificatasi al Pronto soccorso di Nola, c’è stata anche la chiusura di una strada a causa della neve e la difficoltà di raggiungere altri presidi ospedalieri del territorio. E se questo vale in terraferma per un ostacolo viario temporaneo, è evidente che ancora più vincolanti sono i LIMITI FISICI IMPOSTI DALL”INSULARITA’, che fanno la differenza tra i presidi isolani e qualunque altro situato in continente. E fanno  la differenza anche tra le opzioni e opportunità di cui  può disporre un paziente isolano rispetto a un residente in terraferma. CIO’ CHE NON HA CAPITO POLIMENI E LO HA DIMOSTRATO NEL SUO PIANO OSPEDALIERO CONFEZIONATO A ROMA PER LA CAMPANIA. Ma anche ciò che sfugge completamente al consigliere di fiducia per la sanità del governatore, ENRICO COSCIONI, per il quale all’isola basta e avanza un pronto soccorso con qualche letto di terapia intensiva.

Sono questi strateghi che provocano “colpi allo stomaco”. Ma per loro nessuno invoca sospensioni nè licenziamenti. Tanto, se le cose non funzionano, ci sono altri, in prima fila, a pagare…

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