La Torre dai tanti nomi ha bisogno di azioni, oltre alle promesse e fantasie

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Foto Qui Ischia

Per adesso abbonda solo di nomi. Tanto da suggerire l’idea di concorrere al Guinness dei primati con buone possibilità di riuscita. Del resto, quante altre torri al mondo possono vantare ben tre nomi diversi non in differenti periodi storici, bensì utilizzati addirittura in contemporanea? Difficile che ce ne siano, nei tanti borghi d’Italia e pure all’estero. E invece a Ischia ci permettiamo questo vezzo con la Torre di Sant’Anna, alias di Guevara, alias di Michelangelo. Tre denominazioni da usare “secondo la sensibilità” di chi la cita, come ha suggerito l’altra sera il vicesindaco Ferrandino nell’occasione speciale della conclusione della missione della Scuola del Restauro di Dresda. Nell’intento, forse, di evitare di aggiungere altra carne al fuoco nel bel mezzo del riaccendersi della ciclica diatriba sulla storiella di Michelangelo, presunto ospite della magione di Cartaromana. Un “fake” di tutta evidenza su cui pure si continuano a sprecare parole e a scomodare la Storia invano.

Peccato, però, che la dovizia di nomi non serva a nulla di utile, oltre ad attizzare le chiacchiere di paese. Fossero quelli – i nomi – a fare bene alla Torre, varrebbe la pena di sbizzarrirsi anche con altre opzioni, chiamando in causa pure Raffaello e, perché no, lo stesso Leonardo, tanto una leggenda vale l’altra. Ma non saranno le “attribuzioni” di fantasia a sanare le magagne e a salvaguardare il monumento ischitano anche a beneficio delle generazioni future. Come sarebbe doveroso che ci preoccupassimo di fare noi contemporanei. Che finora abbiamo abbastanza trascurato quell’impegno o vi abbiamo assolto in modo pessimo, come negli anni Ottanta, con un intervento a dir poco disastroso.

E invece è di ben altro che ha bisogno la Torre. Che non sta messa affatto bene. Come non può essere sfuggito a chi ha avuto modo di visitarla nelle rare occasioni in cui anche nel corso dell’anno passato è stata aperta al pubblico. CREPE importanti visibili all’esterno e all’interno, distacchi di INTONACI, INFILTRAZIONI di acqua piovana dal tetto che non ha più protezione contro la pioggia. Una situazione fotografata e descritta con dovizia di particolari e una più che fondata preoccupazione anche dai ricercatori dell’Università di Dresda, che fin dal loro primo anno di attività a Cartaromana lanciarono l’allarme sullo stato dell’edificio storico, E che hanno dedicato a questo argomento pressante la prima parte della tesi-compendio del lavoro fatto, consegnata l’altro ieri al Comune d’Ischia, affinché se ne serva per tutte le azioni necessarie per la salvaguardia del contenitore e delle opere d’arte che custodisce.

Per l’uno e per le altre servono soldi. Nel primo caso anche con una certa urgenza, perché bisogna intervenire il prima possibile almeno sui problemi più pressanti, che minacciano seriamente il monumento. E  l’altra sera il vicesindaco ha riparlato del FINANZIAMENTO REGIONALE PER IL CONSOLIDAMENTO DELLA STRUTTURA di 200mila euro (gli altri 42mila del progetto ce li dovrebbe mettere il Comune come ente cofinanziatore) tratti da fondi POC 2014-2020 di cui – ha detto – “ci è giunta notizia”. Una notizia ufficiosa, informale, non più di una voce finora, sebbene rilanciata con la grancassa e senza il condizionale dal Comune, solo qualche giorno fa.

Ma per adesso IL CONDIZIONALE CI VUOLE ECCOME. L’unica fonte ufficiale è quanto è uscito sul BURC del 7 novembre scorso, che ha lasciato in stand by il progetto di cui dovrebbe essere beneficiaria la Torre, classificato al penultimo posto nell’elenco delle opere a cui destinare un eventuale incremento della cifra stanziata in prima battuta dalla Regione. Che non ha coperto una quindicina di progetti, seppure ammessi, compreso quello di Ischia. Comunque, non c’è che da augurarsi che la “voce” arrivata in Municipio sia fondata e che  quei soldi approdino realmente e Cartaromana. Meglio prima che poi, vista la situazione.

Sempre l’altro ieri, si è saputo di un altro FINANZIAMENTO in itinere, sollecitato due anni fa dalla professoressa Monica Martelli del Suor Orsola Benincasa, PER DESTINARLO AGLI AFFRESCHI. Non quelli “trattati” dagli esperti tedeschi, bensì gli altri lungo le scale, nell’androne e nelle altre sale, che versano anch’essi in non buone condizioni. Secondo la richiesta originaria, il finanziamento avrebbe dovuto coprire tre annualità con una cifra di 100mila euro all’anno, dal 2016 al 2018. Ora, quanto al primo anno (già trascorso) è stato fissato un importo zero, mentre vi è una promessa di finanziamento per le altre due annualità, compreso quest’anno appena iniziato. “Ma c’è bisogno anche di una spinta politica per ottenerli”, ha puntualizzato Martelli rivolgendosi agli esponenti dell’amministrazione isolana presenti.

D’altra parte, ci vorrebbero altre risorse anche per l’intervento finale, di rifinitura per così dire, sui dipinti murari riportati alla luce dall’équipe di Dresda dal 2011, in cinque campagne di restauro a costo zero per la comunità, visto che i tedeschi ci hanno messo anche tutti i materiali e le attrezzature, oltre al lavoro come stage degli specializzandi. Una combinazione favorevole, che ha prodotto i frutti sperati e forse anche di più, ma che è giunta al termine.

E  adesso bisognerà curarlo, il patrimonio artistico che ci è stato riconsegnato. Più che una spesa, un investimento, visto il suo valore e il ruolo che può giocare nella valorizzazione del monumento di Cartaromana come riferimento turistico-culturale. Obiettivo per il quale, peraltro, ha tutte le carte in regola. E che carte! A patto che tutte queste potenzialità e opportunità non siano lasciate cadere. E che si riesca, innanzitutto, ad intervenire seriamente sulla struttura.

Altro che nomi, chiacchiere, annunci! La Torre ha bisogno di ben altro. E speriamo che arrivi presto. Sennò sai che ce ne faremo, del record dei nomi…

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