Ripascimenti, ancoraggi, inquinamento e le praterie di Posidonia sono sempre più rade

lacco ameno

La prateria di Lacco Ameno – SZN

E’ la più celebre del Mediterraneo, un riferimento riconosciuto e obbligato per i ricercatori a livello mondiale. E’ stata studiata e monitorata senza soluzione di continuità dagli anni ’70 ad oggi e questo ha consentito di mettere insieme una sequenza di dati senza precedenti. Particolarmente utile per esplorare e  approfondire i cambiamenti che stanno interessando l’ambiente marino, per effetto delle varie attività umane che vi si compiono o che si svolgono nelle aree costiere. Così la PRATERIA DI POSIDONIA DI LACCO AMENO è diventata la cartina di tornasole dello stato di salute del nostro mare, che appare sempre meno rassicurante, soprattutto sul fronte della salvaguardia della biodiversità. Una caratteristica tanto preziosa del Golfo di Napoli da consigliare ad Anton Dohrn di fondare proprio a Napoli la prima Stazione zoologica della rete che avrebbe voluto realizzare lungo le coste di tutti i mari e oceani del pianeta. E proprio il Centro di ricerca della Villa Dohrn a Ischia è l’artefice degli studi sulla prateria di Lacco e su tutte le altre che circondano ad anello la nostra isola e in parte Vivara e Procida. Motivo determinante per l’identificazione del mare tra le isole come sito da tutelare con un’Area Marina Protetta fin dai primi anni ’90.

Un aggiornamento sulla situazione delle praterie di Posidonia isolane è stato presentato di recente da MARIA CRISTINA BUIA, nel primo incontro del programma 2017 della Scuola di Formazione Politica KOSMOPOLIS. La ricercatrice della Villa Dohrn ha evidenziato le numerose situazioni ad alto rischio per la preservazione della biodiversità nel nostro mare, oggetto di una ricerca di lungo periodo che sta curando proprio la Stazione Zoologica di Napoli, anche con la sua “costola” ischitana. In particolare, a destare preoccupazione sono la DISTRUZIONE E FRAMMENTAZIONE DEGLI HABITAT COSTIERI. Con l’inevitabile coinvolgimento delle praterie, che a mare svolgono lo stesso insostituibile ruolo delle foreste a terra, a cominciare dalla grande produzione di ossigeno accompagnata da un’altrettanto accentuata capacità di catturare anidride carbonica (ovvero la principale causa dell’effetto serra). 

Il problema è serio. Gli habitat naturali stanno progressivamente lasciando spazio agli habitat “artificiali”, che poi sono quelli su cui l’impatto dell’uomo e delle sue attività è stato ed è più pesante. Lungo il litorale settentrionale di Ischia ormai oltre la metà degli habitat è stata modificata. E in questo nuovo contesto, si osserva una regressione progressiva di alcune specie prese come riferimento dai ricercatori. Come alcune ALGHE, che un tempo molto frequenti, risultano ora rare, in alcuni siti rarissime, tanto da far pensare che si stia andando verso l’estinzione. Un colpo per la biodiversità.

In evidente sofferenza sono, dunque, le PRATERIE DI POSIDONIA. Colpite dagli interventi a mare e dagli ancoraggi, a migliaia intorno all’isola. I segnali preoccupanti non mancano e sono stati evidenziati dai periodici monitoraggi compiuti sulle praterie sommerse, a cominciare da quella di Lacco. Si è osservato, per esempio, che la Posidonia – che come tutte le piante ha bisogno di luce per la fotosintesi – prima cresceva rigogliosa a profondità maggiori, fino a 40 metri, mentre ora non la si incontra quasi più oltre i 30. per colpa dei fenomeni che rendono meno limpida l’acqua. Tra i quali l’inquinamento provocato dalla mancanza di depurazione che caratterizza la nostra isola. E, d’altra parte, il diradamento è forte anche negli strati più superficiali, in questo caso a causa proprio degli ancoraggi.

Buia ha messo a confronto le cartine con i risultati dei censimenti delle praterie compiuti nel ’92, nel 200 e nel 2015. Indicando con dei puntini BLUuna densità delle piante inalterata e con i puntini ROSSI i siti dove le PIANTE SONO PIU’ RADE, si nota come i rossi siano diventati molto numerosi ovunque rispetto ai blu originari. Unica eccezione la prateria sommersa alla Scarrupata, che mantiene il colore blu, al contrario di tutte le altre.

Non sono più in ottima salute, le praterie di Posidonia, oro verde del nostro mare. E a minacciarle ci sono anche gli INTERVENTI DI RIPASCIMENTO DEGLI ARENILI, pianificati ed effettuati senza tener conto della tutela dell’habitat della Posidonia, che svolge una naturale funzione frangiflutti e di protezione delle spiagge dall’erosione. Ma poi ecco che la principale attività umana antierosione finisce per contribuire alla desertificazione dei fondali. La SABBIA utilizzata nei ripascimenti, infatti, è risultata spesso troppo FINE, per cui è andata a depositarsi sulle piante, e le ha SOFFOCATE. E quando la prateria arretra o scompare, viene meno la barriera naturale alle onde, che così si (ri)prendono la sabbia. Insomma, il classico serpente che si morde la coda…a suon di milioni di denaro pubblico.

Un bene da preservare ad ogni costo, la Posidonia. Distese verdi subacquee che fungono da scogliere soffolte, da incubatrici e nursery per le specie animali, compresi tanti pesci, da straordinarie produttrici di ossigeno che catturano anche i gas serra e sono un baluardo contro il riscaldamento globale. Ma già ora in forte sofferenza, chi si preoccupa del loro futuro? E pensare che la “missione” primaria del “Regno di Nettuno” doveva, dovrebbe essere la preservazione di questa straordinaria risorsa naturale…

 

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