Decenni di inutile attesa, poi l’incanto di un primo incontro da togliere il fiato

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Foto Qui Ischia

Con lo sguardo li avevo cercati in ogni viaggio. Gli occhi fissi sulla scia del traghetto, sperando sempre che si manifestasse la visione che mamma e papà raccontavano come una fiaba e che era quasi scontata durante le traversate della loro giovinezza. Ad ascoltarli, quei racconti, provavo anche un po’ di invidia per quella emozione che continuava ad essermi negata. Eppure, ci mettevo tutto l’impegno possibile, scrutavo la scintillante superficie azzurra con puntigliosa attenzione, anche a costo di sfidare il mal di mare nel concentrarmi a lungo sulla spuma lasciata dalla nave. Speranzosa, mi aspettavo si materializzassero all’improvviso, per compiere la loro danza dietro al “vapore” come ricordavano i miei. Ma niente, i viaggi si succedevano frequenti, nelle più diverse stagioni e con le più diverse condizioni del mare, ma loro restavano nascosti. Sempre più mitici nei miei pensieri, come capricciose divinità marine che si ostinavano a non concedersi ai miei sguardi, prendendosi gioco della mia attesa. Solo i gabbiani non tradivano mai le mie aspettative e, puntuali, comparivano appena superato il faro del porto di Napoli, compagni fedeli del viaggio più amato, verso l’isola del cuore.

Anni e anni di incontri mancati. E il dubbio, confermato dai racconti dei “grandi” sempre coniugati al passato, che quelle creature fossero diventate molto più rare e che non si trovassero più a loro agio come una volta sulle rotte battute con sempre maggiore invadenza dai mezzi degli uomini. Così, anche loro sembravano destinate a diventare reali solo nel mondo dei ricordi. Come i paesaggi incontaminati conosciuti attraverso le cartoline d’epoca che zia Maria conservava gelosamente, a centinaia, per tirarle fuori la domenica e parlare di com’era bella Ischia con la nostalgia di chi, a Roma, ripensava alla giovinezza spensierata tra la marina di Terrazappata e la pineta verde dell’Arso.

Poi, arrivò “Delphis”. E i racconti su di loro cominciarono ad essere coniugati al presente. E confermati da tante immagini, descrizioni…perfino da nomi che rendevano ancora più reali, e familiari, le misteriose creature che avevano ripreso a mostrarsi. Sempre più di frequente. Tanto che la narrazione della loro presenza nel nostro mare si arricchiva di avvistamenti a mare e da terra. Ma come facevano, questi fortunati, a trovarsi al momento giusto per incontrarli? Fortunati proprio, visto che neppure un’uscita in mare sul”Barbarian” mi concesse l’ambito privilegio. Niente da fare, la superficie del mare rimase piatta e sonnolenta. La natura si era rifiutata di dare spettacolo in quel pomeriggio d’estate. Ma era stato bello comunque, navigare per qualche ora su un veliero. In fondo, un altro sogno si era realizzato.

Il numero dei fortunati cresceva. Altro che discreti, ormai gli abitatori del mare più misteriosi erano tornati “socievoli” e si facevano vedere dalle navi, dalle barche, perfino dalle spiagge. Si moltiplicavano le testimonianze degli  avvistamenti, anche di turisti, catturati da quella sorpresa che Ischia aveva generosamente donato. Ma la superficie del mare restava bellissima e immobile davanti ai miei occhi che scrutavano l’orizzonte dal finestrino dell’aliscafo. Solo una volta, nel baluginio lontano dell’orizzonte mi era parso di notare un movimento. E la fantasia aveva voluto identificarlo con quell’incontro atteso e sempre sfuggito.

Scintillava anche stamattina, il mare, sotto il sole anticipatore della primavera. La distesa azzurra appena increspata dalle onde non era al centro dell’attenzione, concentrata piuttosto sulla spiaggia di San Pietro quasi deserta, punteggiata di residui di plastica, banquette di Posidonia depositati dalle mareggiate d’inverno, scatole da pizza unte e vuote. Con due turiste dall’aspetto nordico in mezze maniche, che rendevano ancora più imbarazzante quella sporcizia, oltraggio alla grande bellezza sullo sfondo. Lo notavamo con un gruppo di ragazzini, durante un giro per esplorare il territorio, con le sue luci e le sue ombre. Ad un tratto, un’esclamazione neppure a voce troppo alta: “CI SONO I DELFINI!!!”.

Tutte le nostre teste si sono girate contemporaneamente verso il mare. Ed è accaduto, finalmente. Un punto della distesa azzurra non era più piatto come prima. Un movimento veloce, dritto  lungo una linea invisibile, segnalava qualcosa di inconsueto. Volavano sul pelo dell’acqua uno dopo l’altro, uno dietro l’altro, numerosi. Un branco di delfini era in piena evoluzione davanti ai nostri occhi. Catturati da quell’immagine in progressione capace, per qualche minuto, di fermare il tempo.

Li abbiamo seguiti lungo tutto il loro percorso, da quando, passato il porto, sono entrati nel nostro campo visivo fin quando non ne sono scomparsi, mentre nuotavano e saltavano verso oriente. Con la sensazione piacevole di un incanto che non si voleva spezzare neppure con una parola di troppo. Neppure per fotografare. Solo dopo, sono arrivati i commenti. “Io li avevo visti dalla nave”, “li abbiamo incontrati con la barca”: per alcuni dei ragazzi non era stata una novità, ma la reazione era stata forte anche per loro. “E tu, li avevi mai visti?”. Stranamente, alla domanda di rito sono gli adulti a rispondere di no. Un’attesa lunga decenni per godere di un’emozione breve, ma profonda. Difficile da descrivere a parole. Indimenticabile. Come aver visto il mare per la prima volta.

 

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