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Sanità Il disastro sanitario del 2015 e l’isola: essere ultimi nella Campania ultima tra le Regioni
Il disastro sanitario del 2015 e l’isola: essere ultimi nella Campania ultima tra le Regioni
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8 anni ago |

Foto Qui Ischia
Ci vuole un bel coraggio. Il “coraggio” dei politici che cadono sempre dalle nuvole davanti alle negatività del sistema che non sono frutto del caso, come loro vorrebbero far credere, ma il risultato di scelte politiche ben precise e meditate, ancorchè difficili da spiegare alla cittadinanza. E ancor più da giustificare, quando la “ggente” comincia ad avere elementi sufficienti a valutarle e soppesarle, man mano che ne scopre gli effetti sulla propria vita. Nel caso specifico, sulla propria pelle, visto che si tratta di sanità. E che ad aver avuto un bel coraggio, stavolta, è stata la ministra della Salute, BEATRICE LORENZIN, che ha fatto la stupita e a tratti perfino la scandalizzata nel commentare le performance delle Regioni rispetto ai LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA, o LEA che dir si voglia. Peraltro, dati già vecchi, giacchè si riferiscono al 2015, il che la dice lunga anche sulla qualità delle verifiche sulla….qualità.
Ciò che ha stupito (sic!) la ministra sono stati i “primi” dati relativi all’erogazione dei Lea nel 2015. Come parametro per la valutazione è stato adottato un punteggio di 160 punti, corrispondente alla dotazione minima dei Lea. Cinque Regioni, tutte del Sud – che non è un dettaglio da poco – non sono riuscite a raggiungerlo e sono quelle che non hanno superato l’esame: la Calabria (147 punti), il Molise (156 punti), la Puglia (155 punti), la Sicilia (153 punti) e la CAMPANIA, LA PEGGIORE CON APPENA 90 PUNTI. Praticamente poco più della metà del limite minimo, il che la dice lunga sulla qualità dei servizi sanitari garantiti in media nella nostra Regione. A proposito della quale, mostrandosi sempre più spiazzata, la Lorenzin ha tra ‘altro dichiarato: “E’ davvero preoccupante perché, rispetto al 2014, dove la regione raggiungeva un punteggio di 139, nell’ultimo anno (che sarebbe sempre il 2015, ndr) si è notato un calo di ben 40 punti”. Insomma, ultima della classe e con tendenza al peggioramento. Ma si poteva immaginare qualcosa di diverso alla luce delle condizioni in cui era ridotta la sanità campana, tanto più dopo la cura del piano di rientro? No di certo.
Eppure, la ministra è riuscita a trovare il modo di stupirsi anche dell’ovvio: il piano di rientro è servito a riportare un po’ di equilibrio nei conti, ma non ha migliorato la qualità dell’offerta sanitaria, anzi il contrario. Ma davvero si poteva immaginare il contrario? Davvero si poteva pensare che, dopo i tagli a raffica compiuti negli anni dell’austerità, non ne avessero risentito anche i servizi forniti alla popolazione? Che dopo aver tagliato indiscriminatamente centinaia e centinaia di posti letto, dopo aver chiuso ospedali senza alcuna riconversione a favore di altre forme di assistenza, dopo aver tenuto bloccato il turn over per anni riducendo al lumicino gli organici, non vi sarebbero state conseguenze devastanti sui livelli di assistenza? Ci vuole un bel coraggio ad immaginarlo. O una dose supermassiccia di ingenuità e/o sprovvedutezza. Che non sono – o non dovrebbero essere – le caratteristiche di un ministro della Repubblica. Ma tant’è, purtroppo.
Per i cittadini campani, al contrario della reazione dell’ultim’ora della ministra, il disastro sanitario fotografato solo oggi dai dati del 2015 era già una realtà chiarissima ed evidentissima. Sperimentata in ogni occasione di contatto con il sistema sanitario e di bisogno di assistenza negli ospedali, colpiti per primi dai tagli, per non parlare delle dotazioni territoriali, già carentissime rispetto alle Regioni più avanzate e meglio organizzate, che sono state depauperate ulteriormente, invece di essere potenziate. TAGLI SU TAGLI non di rami secchi, non di sprechi, come sarebbe stato e sarebbe sempre auspicabile che avvenisse, bensì DELLA CARNE VIVA dell’organizzazione sanitaria campana. Commissariata, all’epoca, dal governatore CALDORO, artefice di un capolavoro di cui oggi si ha piena contezza anche sul piano di dati, parametri, punteggi e riscontri vari.
Per Ischia il 2015 è stato l’anno dell’ABOLIZIONE DELLA SIR ISCHITANA. Dunque, un anno orribile che resterà legato ad una macroscopica VERGOGNA, ingiusta e ingiustificabile, di cui ci stiamo da allora trascinando le pesantissime conseguenze anche con la DISTRUZIONE DELLA SALUTE MENTALE.
E il 2015 è stato un altro anno di sottrazioni nel comparto sanitario da cui non è stata esente neppure l’isola, che partiva già da una condizione più difficile per le solite implicazioni negative dell’insularità. E i guai con cui oggi si combatte ogni giorno in ospedale e sul territorio affondano le loro radici nelle scelte di gestione di bassa cucina e senza la minima visone prospettica di quell’annata disastrosa. Che per quanto riguarda la nostra Asl è stata in gran parte firmata dalla commissaria AGNESE IOVINO. A completamento di un periodo, condiviso in precedenza con GIUSEPPE FERRARO, che ha fatto strame dei livelli di assistenza già deficitari.
Se è tutta la Regione ad essere l’ultima della classe in Italia, che dire delle isole che sono ultime nell’ultima? Anni fa, il Parlamento italiano disponeva di una Commissione d’inchiesta sulla sanità nelle aree marginali di montagna e delle isole, che svolgeva una utile opera di monitoraggio, verifica e denuncia. Di cui si giovò anche la nostra isola prima del 2000, in un’altra fase nera della nostra sanità. Magari uno strumento che approfondisse gli effetti delle scelte politiche scellerate che hanno di minato il Servizio Sanitario Nazionale potrebbe tornare di nuovo utile. Così, almeno, nessuno avrebbe più l’alibi di non sapere e non ci sarebbe più spazio per gli stupori di ministri e politici distratti.