Storie da 8 marzo, quel diritto a nascere nella propria terra che per gli isolani non è scontato…

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Foto Qui Ischia

Non se ne parla mai, in televisione. E i media, in generale, tendono a privilegiare le notizie buone, “turistiche”, che confermano e rafforzano l’immagine di oasi perfette e senza problemi, dove la vita è una perenne vacanza e tutti godono di una salute di ferro. Eh sì, le questioni sanitarie delle isole sono solitamente un tabù per il sistema dell’informazione in Italia e l’indifferenza cronica dei giornali e delle televisioni la conosciamo bene anche noi, visto che far passare qualche notizia sulla nostra sanità locale a livello almeno di informazione regionale ogni volta è un’impresa, anche solo per poche righe. Ma oggi, complice forse l’8 marzo che imponeva di focalizzare l’attenzione su storie di donne, i riflettori si sono accesi su una inconsueta iniziativa al femminile sull’isola della Maddalena. La PROTESTA DELLE PANCE, l’hanno chiamata e ad animarla sono le isolane in gravidanza, che rivendicano il DIRITTO DI FAR NASCERE I LORO FIGLI SULLA LORO ISOLA.

Quella che hanno raccontato oggi alla “Vita in diretta” le donne dell’isola sarda è una brutta storia di sanità “formato isolano”, ovvero ridotta ai minimi termini dai tagli che, a quanto pare, imperversano sui servizi sanitari delle piccole isole. Terre marginali, che le mosse decise a tavolino dai centri di potere, in terraferma nel caso nostro o sull’isola grande, come nel caso sardo, finiscono con l’emarginare e penalizzare ancora di più, rendendo la vita sempre più difficile ai residenti, altro che oasi felice…

Dagli anni ’70, c’è un ospedale alla Maddalena. Dalle immagini trasmesse oggi, somiglia molto al nostro “Rizzoli”, per tipologie di reparti e caratteristiche generali. In quel presidio c’è anche l’Ostetricia-Ginecologia, perciò sull’isola si poteva nascere, fino a pochi mesi fa. Quando la Regione ha deciso di CHIUDERE IL PUNTO NASCITA  DELLA MADDALENA. Da allora, partorire è un’avventura per le isolane e un motivo di preoccupazione e di ansia, invece che di pura gioia, come dovrebbe essere per tutte. Perchè sull’isola sono garantiti solo i PARTI IN EMERGENZA. E dopo la nascita, appena madre e bambino si sono stabilizzati, vanno trasferiti sull’isola grande, a Olbia per i controlli e la più o meno breve degenza successiva.

Trasferimenti separati per le madri e per i neonati nelle cullette termiche, con l’ambulanza che fa la spola per accompagnare nell’ospedale di riferimento le une e gli altri. Con i traghetti di linea, compatibilmente con le condizioni meteomarine e con l’ingorgo delle auto dei turisti nella bella stagione. Con tempi di percorrenza almeno di un paio d’ore quando tutto fila liscio e il traffico terrestre è scorrevole o di diverse ore, quando il mare non è una tavola, quando i traghetti sono strapieni e quando ci sono lunghe file sulla strada verso Olbia. La stessa trafila che tocca, invece, preventivamente alle donne che debbono partorire non in emergenza e possono – debbono – affrontare il viaggio con le doglie.

Nell’un caso e nell’altro, parlare di DISAGI suona come un evidente eufemismo. Per non parlare dei giorni di maltempo, quando il vento gonfia il mare, impedendo la navigazione. Per le donne e per le loro creature è una prova difficile, che incombe come uno spauraccchio sul momento della nascita. E le donne prossime a partorire sono scese in piazza, per contestare la privazione del Punto nascita e CHIEDERE AL MINISTRO DELLA SALUTE UNA DEROGA, CHE RIPORTI LE NASCITE ALLA MADDALENA. Ma fino ad oggi l’unica risposta arrivata dalla Regione è stata la promessa dell’attivazione di un’ELIAMBULANZA!

A quanto pare, le “soluzioni” dei soloni regionali sono sempre le stesse: proposte da chi non sa nulla della vita su un’isola e non si rende conto della loro totale inadeguatezza e spesso anche impraticabilità. Perché quando il vento forte blocca la navigazione, neppure gli elicotteri si alzano in volo! Ma i dirigenti regionali queste cose non le valutano, le decidono a tavolino e basta.

Ma che c’entra con Ischia? Noi il PUNTO NASCITA al “Rizzoli” ce l’abbiamo, almeno questo problema non ce lo abbiamo…Vero, ma la storia della Maddalena deve insegnarci e consigliarci a NON ABBASSARE LA GUARDIA. Pure loro, fino a qualche mese fa stavano tranquilli, il Punto Nascita ce l’avevano e di sicuro non immaginavano di perderlo.

Vale la pena di ricordare che, per garantire la sicurezza delle donne e la migliore assistenza possibile a loro e ai neonati, è stato deciso sulla base di studi e raccomandazioni degli esperti di tenere in vita solo i Punti Nascita che seguono almeno 600 PARTI ALL’ANNO. Ed è questo probabilmente il motivo della chiusura d’ufficio alla Maddalena. Un buon motivo in teoria, che cozza però contro le particolarità legate all’INSULARITA’. Che dovrebbe essere anche in questo caso l’eccezione che conferma la regola.

Veniamo a noi. A Ischia il Punto Nascita è confermato grazie alla DEROGA, che invocano pure alla Maddalena. Fino a qualche anno fa, non ce ne sarebbe stato bisogno, perchè Ischia aveva raggiunto e superato il limite minimo dei 600 parti all’anno. Ma ora non è più così. Da qualche anno, il numero dei nati al “Rizzoli” è diminuito, attestandosi oltre i 400. Molti bambini nascono in terraferma, anche in strutture private. La scelta è libera e non può essere altrimenti.

Tuttavia, le scelte individuali si riflettono sulla situazione generale. E la riduzione dei parti sull’isola ci ESPONE COMUNQUE A UN RISCHIO, mentre è fondamentale, essenziale che Ischia mantenga il suo Punto Nascita. E per questo ci vuole il contributo consapevole e attivo dei genitori che scelgono dove far nascere i loro figli e innanzitutto delle donne, che decidono dove partorire.

Il DIRITTO A NASCERE SULL’ISOLA VA TUTELATO, COLTIVATO, PROTETTO. E, come ci insegna il destino di altri servizi, non si può far affidamento (solo) sulle decisioni dei dirigenti della sanità in terraferma. Ma dipende anche dall’utenza. Da tutti noi…

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