In passato avevo scelto di andarci sempre quando la Festa era lontana. Una scelta precisa, perché quell’angolo di paradiso dovrebbe essere rispettato e trattato come tale sempre, a prescindere dall’appuntamento annuale del 25 luglio, quando improvvisamente ci si ricorda dell’esistenza della chiesetta intitolata a Sant’Anna, che dà il nome alla baia mozzafiato tra il Castello e la Torre. Ma stavolta ho deciso che una passeggiata valeva la pena farla anche a pochi giorni dalla processione via mare delle partorienti e dalla consueta messa del Vescovo. Così, tanto per vedere se ci si fosse preoccupati almeno di fare una “lavatella di faccia” al delizioso tempietto cinquecentesco affacciato sul mare. E poi, vale la pena sfidare qualunque temperatura quando la prospettiva è quella di godersi uno spettacolo d’eccezione allestito per la gioia degli occhi da Madre Natura.
“Come ci arrivi? Sai che non ci sono mai andata?”, mi fa un’amica ischitana doc quando le dico dove sono diretta. Naturalmente, le raccomando di andarci, ma nel darle l’indicazione su dove deve scendere, mi trovo in difficoltà. Certo, deve andare per via Nuova Cartaromana, sulla destra da, ma il punto preciso come glielo spieghi se NON C’E’ uno straccio di INDICAZIONE? E’ passato quasi un altro anno, ma in Comune non hanno ancora trovato il tempo di segnalarlo con una mattonella, un pezzo di legno, un cartello o un fazzoletto bianco, il punto in cui inizia uno dei percorsi pedonali che in un posto come Ischia (ma anche in qualunque altra località non “turistica” come la nostra) è un delitto tenere così nascosto. Ma tant’è, tra tanti progetti milionari, chi si può mai preoccupare di una quisquilia del genere?
La DISCESA, fortunatamente, è PULITA e praticabile. Non era affatto scontato e infatti, dati i precedenti, mi ero munita di scarpacce adeguate all’impresa. In tutto il sentiero, gradoni compresi, imbattersi solo in un paio di lattine e in qualche mucchietto di fiori secchi di bougainville è una novità. Da sottolineare. Il primo segnale che mancano pochi giorni alla Festa e che, dunque, Ischiambiente si è portata avanti con il lavoro. Meno male, visto che scendendo incontro diversi turisti stranieri che hanno scelto di andarsi a bagnare nel mare cristallino sotto il belvedere della “chiesiella”. Per una volta, non trovano un porcile e non ho da far finta di essere pure io una straniera!
Arrivo dietro alla chiesetta e non trovo più la gigantesca pianta di capperi che si era pericolosamente impadronita del muro, mettendone a rischio la tenuta. Qualcosa è stato fatto e, a occhio, c’è anche della guaina nuova sulla copertura della parte retrostante del piccolo edificio. Pochi passi e arrivo sul davanti. La “LAVATA DI FACCIA” C’E’ STATA: una “ianchiata” delle pareti interne, ma senza esagerare - e infatti sulla volta la vecchia macchia di umidità che fa carta geografica c’è sempre – e una “pittata” al cancello principale. Lo stretto necessario, per rendere il tempietto presentabile nel dì di festa, è stato garantito. Anzi, di più, perché una novità c’è: sulla parete di fondo, sul minuscolo altare, è stato collocato un bel PANNELLO DI CERAMICA dipinta raffigurante Sant’Anna col Bambino. Una bella novità, insieme alla maiolica che, all’esterno, porta il nome della chiesa e l’indicazione del XVI secolo. Finalmente, un segno di cura.
Ma è l’unico segno. Basta allargare la visuale di mezzo metro per constatare che la stanzetta della sagrestia offre il solito spettacolo sconfortante. Davanti al cancelletto rugginoso (ma quanta vernice ci voleva a dare una ripassata pure a quello?), sta piazzato il piano di un vecchio tavolo di plastica, a fare da barriera non si sa a cosa. Dentro lo sgabuzzino, sedie di plastica accatastate, con la solita sporcizia. La “lavata di faccia” ha lasciato fuori gli orecchi e pure il collo! Eh già, perchè dietro il muro compare la finestra aperta chiusa da tavolacce inchiodate alla meno peggio e, per nulla mimetizzata tra la vegetazione di “bungazzoni” modello jungla, una gettata di “sfraucatura” che non fa un belvedere.
Ah ecco, il BELVEDERE! Lì non ci ha messo mano nessuno. Dalle aperture che una volta contenevano le luci, escono matasse di fili elettrici come stelle filanti. Si
poteva sistemare, almeno “ammacchiare” quell’impiantino vergognoso per una cerimonia “semel in anno”, che dura poche ore? Che spreco che sarebbe stato…meglio tenerlo così, anche quello fa antico, no?
Sul muretto una bottiglia di plastica pronta a volar giù alla prima folata di vento. D’altra parte, non c’è un cestino dove buttare qualche rifiuto da spiaggia. E giù, nella minuscola spiaggetta, i bagnanti, anche stranieri, ci sono. Come persone a mare che fanno snorkeling in un posto ideale per ammirare la vita subacquea in un tratto di mare molto speciale per la sua biodiversità. Servirebbe almeno un cestino, per preservare quel mare. Lo segnalano le bottiglie e le lattine tra gli scogli, sotto il belvedere. Un affaccio che lascia senza parole, malgrado la mancanza di cura che fa già degrado sul terrazzo tra cielo e mare.
Nell’anfiteatro naturale di lato alla chiesa, dove per decenni si erano immaginati concerti, spettacoli teatrali, appuntamenti culturali estivi, c’è una piccola jungla di ailanti, canne rovi e qualche fico selvatico. Meglio lasciarlo così, alla sua naturalità con tante farfalle e canti di uccelli, se la “pulizia” consiste nel tagliare senza criterio per accatastare le potature e abbandonarle insieme a lattine e plastiche che nessuno rimuove. Bisognerebbe spiegare a chi “pulezza” che non è così che si cura uno spazio verde, seppur selvatico, in un posto come quello.
Mi sono portata dietro la bottiglia di plastica. In cima alla salita trovo, finalmente, un vecchio bidone di vernice che altri hanno usato da cestino portarifiuti. Ci lascio anche il mio reperto.
La passeggiata è finita. Bella, nonostante tutti gli sforzi umani di imbruttire e imbrattare la perfezione. E tra due giorni anche qui sarà festa. Poi, di nuovo indifferenza e abbandono. Fino all’anno prossimo. La “normalità”…