Era di maggio quando, giovane e già famoso, Felix Mendelssohn approdò a Ischia

mendelssohnStrada facendo, verso Forio, di sicuro passò anche nelle vicinanze delle MORTELLE, lì dove i mirti crescevano rigogliosi sulle lave dell’antica eruzione di Zaro. Mai avrebbe potuto immaginare, ammirando la selvaggia naturalezza che lo circondava, che un paio di secoli dopo la sua musica sarebbe risuonata proprio in quel luogo ameno, negli attuali Giardini della Mortella. Eseguita da  giovanissimi musicisti come lui, un grande talento che si era manifestato fin dalla più tenera età. E infatti quando sbarcò sull’isola d’Ischia, FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY era già un compositore e un pianista affermato e apprezzato, anche al di fuori del suo paese d’origine. Come in Italia, dove era già venuto nel 1829, interessato ad approfondire la conoscenza della musica italiana. E dove tornò con grande piacere nel ’31, per un lungo soggiorno iniziato da Roma, dove trascorse tutta l’invernata, immergendosi completamente nelle atmosfere della città sul Tevere.

Si decise a lasciarla solo nella primavera inoltrata, per scendere più a sud e visitare NAPOLI. E i suoi magnifici dintorni, com’era la regola tra i viaggiatori europei fin dagli albori del Grand Tour. E Ischia non poteva mancare tra le tappe del viaggio, preceduta da un giro dei Campi Flegrei, che allora, con le loro particolarità ambientali e le grandi attrazioni archeologiche, non erano mai trascurati nelle esplorazioni colte degli stranieri.

Le descrizioni e le emozioni di quei giorni, Mendelssohn le fissò sulla carta qualche tempo dopo, quando era già rientrato a Roma, per proseguirvi la sua permanenza in Italia. E si trattò di una ricostruzione molto accurata e dettagliata, a beneficio dei posteri. Tra cui noi, che abbiamo avuto modo di condividere i ricordi di viaggio del giovane musicista amburghese, come di tanti altri illustri viaggiatori, grazie allo straordinario “GAST AUF ISCHIA”, “Un ospite a Ischia”, di PAUL BUCHNER.

Era partito da Napoli, la mattina del 20 maggio, in compagnia di alcuni amici tedeschi, che soggiornavano anch’essi in città. Indossava un soprabito londinese, un berretto blu, calzature adatte all’escursione e, in un fazzolettone arancione portava con sé la biancheria personale e un libro con le poesie di Goethe, suo buon amico. In più era munito di due taccuini, per gli appunti di viaggio e le lettere, ma anche per disegnare. Felix, infatti, esprimeva le sue doti artistiche anche nel disegno e non mancava di dedicarvisi nei vari luoghi che visitava.

Dopo un interessante giro a dorso d’asino dei siti storici più importanti dei Campi Flegrei – il Lago d’Averno, Cuma, Baia - si imbarcarono a Pozzuoli e, a sera, alle nove e mezza giunsero nella “cittadina di Ischia”. Ma trovarono occupata la locanda in cui avrebbero dovuto fermarsi, l’unica del paese, così furono indirizzati alla casa di DON TOMMASO DE SIANO, ben nota ai viaggiatori dell’epoca. Da Ischia alla Pannella ci volevano due ore di cammino, ma il percorso fu coperto dai giovani amici in un’ora e un quarto. “Faceva molto freddo – scrive Felix – su tutti i viticci e i fichi innumerevoli si posavano le lucciole, che si lasciavano prendere…”. Arrivati  a destinazione, trovarono un’ottima accoglienza, tanto che “rimanemmo ancora fino a mezzanotte a sedere comodamente di fronte a una carrata di ciliegie”.

Il giorno seguente era in programma la salita all’EPOMEO, ma la pioggia non lo consentì. E, per ingannare il tempo, Felix si mise ad esplorare meglio la tenuta del medico sacerdote. “…la cosa sarebbe diventata noiosa, se don Tommaso non avesse avuto il più bel pollaio che ci possa essere in Europa: davanti alla porta c’è un grande, ombroso albero d’arancio con molti frutti maturi, sotto i cui rami la scalinata porta all’abitazione. Ciascuno dei gradini bianchi di pietra è occupato da un grande vaso di fiori, e il piano di sopra consiste in un ampio loggiato all’aperto da dove, attraverso un arco si può vedere tutto il cortile con gli aranci, la scalinata, i tetti di paglia, botti e brocche, l’asino e i pavoni. Affinchè non manchi il proscenio, sotto l’arco in muratura sta un fico indiano così rigoglioso che lo si è dovuto legare con una corda al muro; i vigneti con i pergolati e le falde dell’Epomeo costituiscono infine lo sfondo”. E sotto quell’arco, al riparo dalla pioggia, il musicista di dedicò a disegnare il bel panorama agreste che lo circondava, piacevole nonostante la pioggia.

Passata la tempesta, la mattina della domenica il tempo consentì di uscire: “Andammo a Forio, vedemmo la gente nei suoi costumi variopinti recarsi in chiesa. Le donne avevano i loro famosi fazzoletti di mussolina annodati sulla testa, gli uomini stavano davanti alla piazza della chiesa e discutevano coi loro berretti rosso-acceso della domenica e così ci dirigemmo attraverso le contrade in festa sul monte.Sulla cima più alta delle delle rupi c’era molta nebbia, la foschia si addensava intorno, malgrado stranamente si scorgessero tra le nuvole le rocce dentellate, il telegrafo e la croce, non potevamo vedere niente del panorama sottostante”.

Delusi per lo spettacolo mancato, scesero velocemente con i muli a valle. E da lì si trasferirono nel borgo di Ischia, dove si imbarcarono fino a Procida e da lì salparono per Pozzuoli, per poi raggiungere Napoli. La visita alle isole fu completata in seguito con una breve escursione a Capri, a cui Felix dedicò una descrizione della visita alla Grotta Azzurra.

Non tornò più a Ischia. Ma qui è tornata molte volte la sua musica. Anche nell’ultimo concerto della stagione estiva della Mortella, domenica scorsa, è stata eseguita una composizione di Mendelssohn, come anche altre volte nelle scorse settimane.  L’autore romantico, giovane prodigio, continua a frequentare l’isola che così bene aveva raccontato, con la scrittura e il disegno. E l’armonia della natura e dell’arte regna ancora come in quella giornata di maggio, alle Mortelle.

Bibliografia: Paul Buchner “Un ospite a Ischia” , traduz. Nicola Luongo, ImagAenaria Edizioni

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