Sull’arce di Monte di Vico Euboici e orientali fondarono Pithekoussai

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Foto Qui Ischia

PIETRO MONTI

All’estremo nord dell’Isola d’Ischia, i Greci prescelsero la zona di terra speronata da Monte di Vico, falciata dal promontorio, come quella di Capo Miseno e le altre punte rocciose dislocate lungo le coste meridionali del Tirreno. Essa appariva dal mare come un segnale di riferimento per orientare la fragile prua, sospinta dal remo e dal vento, dopo lunga e perigliosa navigazione, verso colonie sperdute tra scogli ed isole, come Pithekoussai, o annidate sulla terraferma come Cuma.

Il promontorio di Monte di Vico si presentava in una posizione ideale: cinto dai tre lati dal mare, staccato quasi dall’Isola a mezzo di una ripida scoscesa dal lato di San Montano accessibile per una stradetta che sale per il pendio orientale; una superficie vasta, quasi pianeggiante, su cui poteva svilupparsi una cittadella, difesa naturalmente da ogni lato contro qualsiasi attacco; alla base del promontorio, due approdi: quello sotto “Varule”, che doveva costituire il porto principale, e quello della baia di San Montano aperto verso Nord ovest.

Quindi “sull’arce di Monte di Vico”, ove precedentemente erano installati indigeni dell’Età del Bronzo (abbandonata per tutto il periodo del Ferro), Euboici ed “alcuni residenti orientali”, fondarono Pithekoussai.

L’insediamento greco, oltre ad occupare l’altura di Monte di Vico, si estese pure sulla collina di Mezzavia, località “Mazzola”, nella sottostante piana interposta tra le due colline, sulla retrostante “Marina di Lacco Ameno”, ove stavano impiantate le varie officine per la lavorazione delle terrecotte, occupò il litorale con impianti portuali connessi all’attività commerciale, con gli indispeinsabili cantieri navali per la riparazione e costruzione di navi. Quest’ultima zona rivierasca, per effetto di bradisismo vulcano-tettonico, si trova attualmente sotto il livello del mare. Altri nuclei euboici dovevano trovarsi sulla marina di Casamicciola, come sul verssante opposto dell’isola, presso Cavagrado, segno evidentee che, fin dal VII secolo a..C. l’isola era tenuta dai coloni greci sotto controllo.

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Foto Qui Ischia

L’AREA SACRA DI MONTE DI VICO

Primo atto dei pionieri greci, nel toccare le sponde della nostra Isola, fu il ringraziamento in lingua calcidese ai Numi che li avevano guidati al nuovo scalo marittimo e, prima di fondare la nuova cittadella di Pithekousssai, la consacrazione di un tempio allo stesso dio o dea della madre patria. L’area sacra prescelta fu quella di Monte di Vico e di Mazzola, disvelatesi attraverso le testimonianze architettoniche.

(…) Il TEMPIO PIU’ IMPORTANTE sorgeva a mezza altezza del promontorio di Monte di Vico, in faccia al sole nascente, visibile da ogni punto della cittadella di Pithekoussai; si ergeva su di un basamento di ben levigati blocchi di tufo epomeico; probabilmente consacrato ad Apollo, intercomunicante scavato dentro la sottostante costa. In linea verticale, prospiciente il mare, esiste ancora un antro, tagliato ad arco molto slanciato nel bianco tufaceo della montagna; è lungo metri 50, illuminato da mare da due cunicoli; il fondo oscuro della grotta sbocca in una apertura, praticata sotto la volta (attualmente murata) che immetteva direttamente sull’area del tempio. A ridosso del basamento (scarico Gosetti) sono venuti alla luce due pozzi, scavati l’uno accanto all’altro, che scendono, senza essere protetti da opera muraria, dietro la grotta di “Varule”, ad una profondità tale che forse tocca il livello marino. Le due singolari escavazioni, messe in stretta relazione con il tempio e le grotte sottostanti, offrono sicuri indizi di una remota sede del prestigioso oracolo di Apollo, importato dai Greci e fatto funzionare ad Ischia, fin dall’origine del loro approdo.

Il carattere sacro di questo luogo fu conservato pure in età romana; nel I secolo a.C. vi fu costruito un tempietto a pianta quadrata con un’ara nel mezzo e giù, sulla marina accanto allo speco, venne scavato un NINFEO…

da “Ischia, archeologia e storia”, 1980

 

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