Nel regno di Nina con le viti antiche, franche di piede: c’era uva volta la “cornicella” alla Siena

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Non è l’uva di Nina…Foto Qui Ischia

Di questi tempi, occhieggiavano al di sopra del muro di pietra. Tra la distesa verde delle viti, finalmente cominciavano a distinguersi i grappoli, grossi dai riflessi dorati. Era un richiamo a cui non si poteva resistere. Pochi passi e Nina ti accoglieva nel suo regno, lo spazio coperto da una vecchia tettoia rustica, appena sufficiente a coprire gli espositori di ferro con cesti e cassette pieni di ogni ben di Dio e il tavolinetto sgarrupato con la bilancia. Non era ancora l’epoca di scontrini, calcolatrici e bilance elettroniche. I conti con le lire si facevano a mente e per la pesatura si preferiva  la stadera, un paio di movimenti velocissimi e poi via con le moltiplicazioni tra i grammi e i prezzi, segnati con il gesso bianco sui rettangoli di metallo “infizzati” qua e là. Anche tra i grappoli appena colti nella vigna al di là dello scalino, quando bastavano pochi passi per esaudire l’ordinazione dei clienti. Che avevano facoltà pure di accompagnare Nina e i suoi familiari nell’orto-vigneto, mentre tagliavano i frutti e le verdure richiesti. Pomidoro delle varietà tradizionali che  inondavano di rosso il campo sotto le viti, melanzane rilucenti e ogni vegetale previsto nella versione estiva della dieta mediterranea. Mentre le galline  razzolavano libere tra i filari, ché non c’era bisogno di specificare “a terra” riferendosi a quell’allevamento, completamente naturale e anche un po’ selvatico.

Di questi tempi, le pesche avevano finito di farla da padrone, nell’orto e nelle ceste. Per tutta l’estate avevano riempito l’aria con il loro profumo intenso, avvolgente, goloso. Di ritorno dalla spiaggia, l’odore della sabbia e del mare lasciava il testimone al profumo di pesca matura, che conduceva dritti, meglio di qualunque insegna e pubblicità, nel regno di Nina. Dove finalmente le signore pesche si materializzavano: bianche, gialle, percoche, varietà diverse in successione, a coprire tutta la durata della bella stagione, fino all’arrivo dell’autunno. Quando lasciavano il posto d’onore dapprima ai fichi e poi all’uva, che si appropriava anche della predominanza tra i profumi.

In verità, UVA è troppo generico per quella di Nina. Nel vigneto, certo, c’era uva “normale”, destinata ad essere trasformata in vino come in tanti terreni diffusi in ogni angolo dell’isola. Ma quella meritevole delle lettere maiuscole e del trono era un’uva da tavola dai chicchi grandi, color verde dorato, con una strana forma allungata. Rara e speciale. Uva “cornicella”, per la quale arrivavano clienti pure da lontano. Per non parlare dei villeggianti che resistevano fino a settembre inoltrato e non si perdevano né i bagni quasi fuori stagione né la delizia dolce del vigneto confinante col mare.

Erano viti speciali, quelle di Nina. Antiche, come la terra che le ospitava e nutriva. Rare, per la particolare varietà ormai quasi introvabile sull’isola e anche al di là del mare, soppiantata da specie  più quotate e alla moda in un mondo agricolo sempre più omologato. Viti  che non avevano subito alcun “ritocco” genetico né l’onnipresente innesto anti-fillossera. Viti FRANCHE DI PIEDE, da cui andavano a tagliare tralci per farne barbatelle viticoltori da ogni parte dell’isola. Viti originali e originarie, che davano il meglio di sé a chi le coltivava con amore, a chi le propagava e a chi godeva del loro gusto inconfondibile. Finché è durato.

Colore, sapore, profumo di quell’uva cornicella tanto spiccati e particolari da essersi fissati indelebilmente nella memoria. Per fortuna, visto che di loro non resta più nulla, a parte un ricordo di bambina. Che, nonostante i tanti anni trascorsi, rivive ogni volta percorrendo quel breve tratto di via Pontano dietro il quale, separato dal muro di pietra, c’era una volta l’orto-vigneto, il regno di Nina. Un’altra età, un altro mondo, come se fosse un’altra vita. E in effetti a guardare oggi, oltre quel muro, si fa fatica a collegarlo a qualunque sensazione di armonia, bellezza, semplice naturalezza. Un contrasto forte, che rende ancora più nitida la memoria di quei giorni d’estate, quando sulla via del ritorno dal mare era d’obbligo la fermata da Nina, per acquistare i prodotti dentro l’orto che li produceva. Il piccolo miracolo della Siena. Terra fertile e benedetta. Una volta…

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