Tanti isolani al sit in del Cudas in difesa dell’Oncologia emarginata dalle scelte dell’Asl

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Foto Qui Ischia

Diciotto anni di lavoro e di servizio ai più alti livelli di qualità e di umanità. Che sono due aspetti ugualmente fondamentali per combattere efficacemente le malattie neoplastiche. Diciotto anni di eccellenza spesi in pochi metri quadri, in condizioni strutturali per cui l’aggettivo inadeguate è un complimento. Diciotto anni di vicinanza e di sostegno ai pazienti e ai loro familiari, seguiti sempre come esseri umani, mai come numeri. Diciotto anni cercando di garantire anche ai malati isolani cure il più possibile equivalenti a quelle di cui potrebbero usufruire in un centro oncologico delle località della Penisola in cui l’offerta sanitaria è di serie A, anche nel pubblico. Diciotto anni che gli ischitani hanno oggi voluto sottolineare e difendere, partecipando numerosi e convinti al SIT IN promosso dal Cudas Ischia davanti al Presidio San Giovan Giuseppe che ospita l’Oncologia isolana. Quella, veterana dell’Asl, a cui i vertici di Frattamaggiore hanno negato la naturale evoluzione in Unità Operativa Semplice DIPARTIMENTALE riconosciuta a Giugliano, imponendo una inaccettabile dipendenza da Pozzuoli e, dal primo ottobre, anche una nuova responsabile (che peraltro a Ischia non ha ancora messo piede) in luogo del fondatore Mabilia. Con un approccio opposto a quello usato a Giugliano, dove, oltre alla dimensione dipartimentale, il servizio è stato affidato allo specialista che l’aveva creato e avviato.

Si sono presentati davvero in tanti, in via Mirabella, nel corso della mattinata. In primo luogo, tanti EX PAZIENTI che hanno voluto esserci per DARE TESTIMONIANZA del valore del centro ischitano, punto di riferimento imprescindibile sul territorio, da salvaguardare a tutti i costi. E non è mancato chi ha voluto offrire alla riflessione collettiva anche la propria esperienza personale o familiare, con toni commossi ma anche indignati rispetto alle discutibili scelte dell’Asl Na2 Nord. Che continua a penalizzare le isole e a non tenere nella minima considerazione le esigenze specifiche dell’insularità.

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Foto Qui Ischia

Tra la piccola folla riunita in via Mirabella, mentre si svolgeva il normale andirivieni quotidiano del presidio, ci sono stati anche rappresentanti di numerosi associazioni e gruppi, operatori sanitari, tanti cittadini di ogni età provenienti dalle più diverse parti dell’isola. Si è parlato, ci si è confrontati, si è discusso della situazione dell’Oncologia, ma anche dell’ospedale e degli altri servizi territoriali, di quello che funziona e di quello che non va. E chi non lo aveva ancora fatto, ha  firmato la petizione del Cudas per la ZONA DISAGIATA, altro motivo di scambio di opinioni e di esperienze.

Al centro dell’attenzione e della preoccupazione, però, il presente e soprattutto il futuro dell’Oncologia isolana. Che era stato già inserito tra le venti questioni prioritarie su cui il Cudas aveva chiesto risposte precise e concrete al direttore generale dell’Asl ANTONIO D’AMORE. Che ha risposto negli ultimi mesi a modo suo, cioè opposto a quello che sarebbe stato più appropriato, guardando fatti, esigenze e diritti da questa parte del mare, invece che dall’altra, sempre più lontana, distratta, perfino infastidita dalle sollecitazioni isolane.

“All’inizio c’eravamo solo io e il dottore Mabilia e già venivano in tanti, pur di non andare a Napoli a fare la chemio. Qualcuno veniva pure da Procida. Non avevamo niente, a parte le sedie, dove sedevano i pazienti per tutta la durata delle terapie. Facevamo tutto solo noi due, compresa la preparazione e la somministrazione dei farmaci. Non avevamo neppure la cappa per la preparazione, solo guanti e mascherina. Eppure, riuscivamo a fare pure tredici o quattordici somministrazioni al giorno. Un paio di quei primi pazienti sono anche qua stamattina e stanno bene. Ci siamo fatti un cuore così per mandare avanti e far funzionare questo servizio”. Non poteva mancare davanti al “San Giovan Giuseppe” AGNESE DI MASSA, l’infermiera che da sola ha prestato servizio per anni in via Mirabella, facendo la caposala, l’infermiera, l’Oss e, all’occorrenza, occupandosi pure del supporto agli ambulatori. La sua memoria è un patrimonio prezioso per guardare e valutare nella giusta prospettiva i 18 ANNI DELL’ONCOLOGIA A ISCHIA. Gli importanti obiettivi raggiunti, in condizioni proibitive, ma senza far mancare le cure migliori ai malati, seppure su sedie e poltrone sgarrupate e in una stanzulella “justa justa”. Quello che conta davvero, al di là dei criteri di valutazione usati a Frattamaggiore. Del tutto inadeguati, quelli sì, a un servizio sanitario di qualità nel ventunesimo secolo. Che è arrivato anche a Ischia. Anche se la dirigenza dell’Asl si sta dando da fare per riportarci all’età della pietra…

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