Troppe porte chiuse al “Rizzoli”: quando spendere soldi per i lavori non crea servizi

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Foto Qui Ischia

Fin da quando se n’era parlato la prima volta, mesi fa, era stata presentata come la testimonianza di quanto siano tenute in considerazione tra Napoli e Frattamaggiore le necessità sanitarie dell’isola d’Ischia. Sbandierata in ogni occasione pubblica come la grande notizia in grado di oscurarne ogni altra, specie se collegata alle molteplici criticità manifestatesi nell’ospedale di Ischia. Bastava pronunciarla, la formula magica del “sono stati assegnati 3 MILIONI DI EURO per il “Rizzoli”, per sottintendere che non c’era più motivo di segnalare carenze, di evidenziare difficoltà, di sollecitare soluzioni, tanto meno di lamentarsi e di avanzare nuove richieste. Eh sì, proprio degli esagerati pretenziosi, questi ischitani, che non si accontentano neppure al tintinnar degli euro, elargiti così munificamente a loro vantaggio! Che poi, nell’attesa della concretizzazione di quell’annuncio, il “Rizzoli” continui a stare AI PIEDI DI PILATO, costretto ad arrancare ogni giorno per erogare le prestazioni dovute alla popolazione dell’isola e ai forestieri, nei centri decisionali della terraferma è considerato un semplice DETTAGLIO, possibilmente da ignorare. E, infatti, nessuno dei problemi in cui si è dibattuto e si dibatte il presidio lacchese è stato superato, anzi la lista nera ha continuato ad allungarsi senza sosta. Mentre, di contro, la DOTAZIONE si è progressivamente RIDIMENSIONATA, insieme ai servizi che non si è più in grado di assicurare.

I tre milioni per il “Rizzoli”, che comunque sarebbero solo la restituzione di quanto ci fu tolto arbitrariamente anni fa da Roma, somigliano sempre più al famoso MILIONE DI BONAVENTURA. Più un sogno che una conquista per chi dovrebbe esserne beneficiario, cioè per gli isolani. E, invece, un coprimiserie ideale e un comodissimo DIVERSIVO per chi oggi dovrebbe concentrarsi sulle necessità più urgenti e pressanti della quotidianità nel nosocomio alla Fundera. Primo fra tutti il direttore generale D’Amore, con gli altri componenti della triade che governa l’Asl Na2 Nord.

Prima di pensare agli interventi edilizi ultramilionari futuri, i dirigenti dell’Asl dovrebbero preoccuparsi intanto di dare un senso ai lavori che sono stati già realizzati al “Rizzoli” e dai quali non è arrivato ancora nessuno dei progressi annunciati e sperati. Due in particolare, che sarebbero dovuti servire a rafforzare e qualificare l’offerta dell’ospedale isolano, colmando finalmente lacune serie e incompatibili con l’unico riferimento ospedaliero di un territorio insulare: l’OBI e la SALA CHIRURGICA PER LA GINECOLOGIA.

Dell’OBI “Qui Ischia” ha trattato più volte, evidenziando con sempre maggiore sconcerto la mancata attivazione del repartino attrezzato (da un pezzo) vicino al Pronto Soccorso. A parte la sua indispensabilità, non va trascurato quanto è costato. Non solo in termini economici, anche per dotarlo di tutte le strumentazioni utili che giacciono inutilizzate. Ma pure in termini di spazio, che è un bene prezioso e raro in ospedale. Infatti, per fare l’OBI, è stato utilizzato un locale adibito a spogliatoio per il personale sanitario, che si è dovuto restringere in una “stanzulella” striminzita, dove gli armadietti sono talmente vicini che, per muoversi, bisogna camminare di lato, ovviamente quando non c’è nessuno a cambiarsi, perchè sennò non si passa. Un sacrificio sacrosanto, per fare spazio ad un SERVIZIO INDISPENSABILE. NON CERTO PER TENERE UNA PORTA CHIUSA E DEI LETTI VUOTI PER ANNI.

Altro intervento importante, da svolta, doveva essere la nuova SALA OPERATORIA PER LA GINECOLOGIA. Anche in questo caso, si è adeguato lo spazio e lo si è allestito con tutto il necessario per farlo funzionare. Anche in quel caso sono stati spesi fior di quattrini per i lavori e le attrezzature.  Ma con quale risultato? Un altro buco nell’acqua, visto che anche quella porta continua a restare chiusa e la novità non è mai stata attivata.

Due esempi che raccontano come non sia sufficiente destinare e spendere soldi per dei lavori, se poi non si riescono ad avviare i servizi corrispondenti, che ci si proponeva di potenziare. E la dimostrazione che, prima di pensare ai milioni futuri e a “venderceli” come la conquista/soluzione provvidenziale, dovrebbero preoccuparsi e impegnarsi per far FUNZIONARE AL MEGLIO E A PIENO RITMO QUELLO CHE C’E’. Il che presuppone, prima di attivare l’architetto e le squadre degli operai edili, di dotare il “Rizzoli” del PERSONALE MEDICO, PARAMEDICO E SOCIO-SANITARIO DI CUI HA SEMPRE URGENTE BISOGNO, perchè le carenze di tutti gli organici non sono state minimamente superate.

A Frattamaggiore, la dirigenza aziendale – D’Amore, Scafarto, Balivo – quando pensa di riuscire ad aprire le porte chiuse al “Rizzoli”?

 

 

 

 

 

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