Tempo di Carnevale, torna il migliaccio di Gianna. Con il miglio…

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Foto Qui Ischia

Diffidenza e rifiuto li avevo superati brillantemente l’anno scorso. Quando, nonostante le mie resistenze neppure troppo velate, mi era arrivato a casa ancora caldo con un invito che non ammetteva né se né ma: “Provalo! La tradizione va rispettata, poi mi fai sapere”. Ma non era stato il richiamo identitario a farmi cedere all’assaggio, alla fine, visto che la mia tradizione casalinga ha sempre le forme e i sapori di castagnole e frappe, semmai nella variazione moderna, vestite di cioccolato. A convincermi, era stata la curiosità che Gianna mi aveva suscitato su quel dolce tipico ischitano, senza il quale - aveva insistito lei – “non è Carnevale”. Esattamente alla pari di lasagna e polpette, dopo le quali arriva a completare il tris della festa, che non ammette tradimenti. Fu così che presi confidenza con il migliaccio. Nella versione di Gianna, perchè si tratta di una di quelle ricette antiche, tramandate di generazione in generazione, che ogni famiglia ha adattato a modo suo.

Mi era piaciuto, l’anno scorso. Una volta superato il pregiudizio verso la pasta come ingrediente di un dolce. Mah, i capellini in un dolce… – mi dicevo – che c’entrano? E poi il ricordo della prima e unica volta che lo avevo assaggiato, non era affatto incoraggiante. Anzi, ricordavo con un certo orrore spaghetti collosi, che sapevano solo di zucchero e che era quasi impossibile catturare con le posate dei dolci. Invece, mi ero dovuta ricredere. Quella torta di pasta era non solo originale e ben fatta, ma molto profumata e piacevolmente aromatica, grazie alla fragranza del limone e alla cannella che dove la metti è perfetta. Ovviamente, l’esito positivo della prova d’assaggio era stato comunicato subito alla pasticciera, che ne era rimasta soddisfatta: “Te lo avevo detto che non era quello che avevi provato. Anche io ho letto e sentito delle ricette che non si possono sentire”.

Passato un anno, è di nuovo tempo di Carnevale. E sui social hanno cominciato a ricomparire le ricette dei dolci tipici del periodo, migliaccio compreso. Quello con la pasta, di vari tipi, quello con il riso e, il più gettonato, quello napoletano con il semolino. “Ho pensato di farlo con il miglio”, l’annuncio di Gianna, in vena di sperimentazioni culinarie. Che poi, è una sperimentazione fino ad un certo punto, semmai un ritorno agli albori della ricetta, come forse neppure sua nonna l’aveva conosciuta.  E’ il nome stesso del dolce ischitano a rivelarne l’ingrediente base delle origini, quel cereale antico ormai in disuso alle nostre latitudini che non si coltiva quasi più, soppiantato da tempo dal grano in tutte le sue varietà. E di grano è la pasta che si è impadronita pure del migliaccio. “Chissà se riesco a trovarlo”, è il dubbio della pasticciera, pronta alla sfida.

“L’ho trovato al supermercato. Erano gli ultimi pacchi, pare che ci sia chi lo usa”, mi racconta allegra dopo la spesa. Come me, si è presa lo sfizio di navigare in rete per saperne di più sul miglio e ha scoperto le tante qualità di questo cereale dimenticato da secoli e solo in questi ultimi anni parzialmente rivalutato. Un prodotto di nicchia, ma molto salutare, che vale la pena tornare ad utilizzare in cucina. E rimetterlo nel migliaccio è una prova interessante, chissà come sarà…

Tempo un paio di giorni e arriva la chiamata: “Li ho appena sfornati, te ne sto mandando uno per la prova”. Prima del ruoto, arriva la foto anticipatrice, che promette bene assai. Ma l’hai fatto come al solito? “Il procedimento è lo stesso e gli altri ingredienti pure – racconta Gianna – solo la lavorazione è stata un po’ più laboriosa, perchè non è come la pasta”. Neppure lei lo ha ancora assaggiato, chissà come sarà.

Quando arriva, confezionato con cura, si presenta bene. Non sarà orario di dolce, ma pazienza, la curiosità di vedere di cosa sa, va soddisfatta subito. L’odore è buono e il primo morso rivela che è buono anche il sapore. Delicato, piacevole, leggermente diverso dai soliti gusti per via di quell’ingrediente principale tutto da scoprire. “Gianna, è buono pure questo!”, il risultato della prova assaggio del migliaccio antico che è quello più nuovo. “Sì, è buono. Valeva la pena provare, si può fare, viene bene. E si può pure arricchire con qualche altro ingrediente, che ci potrebbe stare bene”. In effetti, è una torta più versatile del migliaccio tradizionale. Paradossalmente, questa versione più antica può essere quella più innovativa, buona in ogni periodo, senza essere necessariamente associata al Carnevale. “La rifarò presto”, dice Gianna. E già, siamo appena all’inizio del periodo di Carnevale e ci sarà ancora occasione…”Noo – fa lei – questa si può rifare sempre, se trovo il miglio. Per Carnevale ci vuole il migliaccio  con i capellini, come l’abbiamo sempre fatto. La tradizione va rispettata”.

Strana storia, quella del dolce carnevalesco ischitano, che probabilmente è anche all’origine di uno dei cognomi più tipici dell’isola. Dal miglio alla pasta, ha mantenuto l’originalità isolana che lo rende diverso dai dolci della terraferma con cui condivide solo il nome. E con la Candelora è ricominciato il suo breve periodo da protagonista nel corso dell’anno. Ma rigorosamente nelle versione con i capellini, come tradizione comanda. Per quella con il miglio, ci sarà tempo. Ora che è tornata dal passato.

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