Ricostruzione al Majo, la proposta di Giovan Giuseppe Iacono a “Voci per Casamicciola”

locandina casamE’ uno degli interventi che sono stati proposti oggi al convegno “Voci per Casamicciola”, organizzato dalla Pro Casamicciola all’Hotel Manzi:

Ricostruzione al Majo: un’idea da condividere

Giovan Giuseppe Iacono, architetto

All’indomani del sisma del 21 agosto 2017 vi sono state molteplici iniziative volte principalmente alla conoscenza dei fatti geologici, sismici ed al consolidamento puntuale degli edifici. In un normale percorso di avvicinamento alla ricostruzione post-sisma il dibattito appare quanto mai opportuno e tempestivo, soprattutto per informare i cittadini sulle opportunità che hanno, per formare una coscienza collettiva sul futuro assetto del territorio ed in particolare del Majo, pesantemente colpito dall’evento. La proposta di “Ricostruzione al Majo” nasce da una serie di analisi storiche, di opportunità programmatiche, di considerazioni economiche e, infine, sulla base dei vari programmi e progetti redatti con valenti colleghi nell’arco degli ultimi 25 anni e di cui si è persa memoria. La proposta volutamente non è dettagliata perché non vuole imporsi come la soluzione, ma dà una serie di idee intorno al quale ragionare, approfondire, aprire un dibattito sul territorio tra le componenti del paese, ed essere di sprone alle Istituzioni pubbliche. Insomma condividere!!! Il Terremoto ci offre l’occasione per confrontarci, un motivo positivo nella sventura, per ritrovarci e ridiscutere senza pregiudizi.

La storia ci racconta che il MAJO FINO AL SISMA DEL 1883 era il CAPOLUOGO del Comune ed aveva tre elementi di forza: 1) trovarsi sull’asse principale di collegamento Ischia-Forio; 2) essere il più importante centro isolano del commercio del legname ceduo di castagno per l’agricoltura; 3) avere un bacino termale di indiscusso valore medico-curativo. Col terremoto del 1883 alcune di queste prerogative si perdono, sia per la costruzione di una nuova viabilità lungo la costa – che taglia fuori il Majo dai traffici commerciali via terra – sia per la volontà del Governo centrale di prevedere la ricostruzione solo lungo la marina, lasciando il resto del territorio nel limbo più assoluto. Né furono efficaci i regolamenti edilizi stringenti che prevedevano il tipo alla “BENEVENTANA” come unico modello per la ricostruzione, la cui efficacia si protrasse fino alla Grande Guerra, per poi finire dimenticati nel dramma delle due guerre mondiali e nella povertà del ventennio fascista.

E’ interessante riportare quanto scrive la Prof.ssa Arch. ILIA DELIZIA: “La gestione della ricostruzione si risolse nell’efficientismo e nella razionalità del modello baraccato proposto, e si esaurì nell’imposizione di un nuovo assetto  insediativo anche a danno delle tradizionali forme di occupazione e di lavoro, con la messa al bando delle differenze e delle varianti”……“Quello che il terremoto sconvolge è innanzitutto un ambiente, un sistema di relazioni, il rapporto tra scenario naturale, forme dell’abitare, attività produttive, sistemi e modi di vita.” Dal dopoguerra ad oggi è storia recente e conosciamo l’evoluzione dei fatti urbani. Pertanto il Majo dal 1883 ad oggi ha perso qualsiasi legame con la sua storia millenaria, fatta di terremoti e ricostruzione, di voglia di ripartire sempre, in un gioco di forza ma anche di rispetto con la natura. L’evento, così come fu affrontato, rappresentò un momento di grande impoverimento culturale con la perdita dell’identità che si era andata stratificando nel corso dei millenni.

La situazione odierna urbana ed edilizia che si riscontra presenta una serie di complesse CRITICITA’. Quella AMBIENTALE è certamente la più eclatante in quanto si vive su di una ZONA EPICENTRALE SISMICA in edifici strutturalmente inadeguati e inoltre si riscontrano alcune fragilità localizzate dovute a dissesti idrogeologici che rendono alcune zone insicure. Quella dell’ACCESSIBILITA’ con strade insicure, strette, di difficile accesso o soggette a rischi di dissesto. Quella URBANISTICO-EDILIZIA con una frammentazione e caoticità, una povertà formale, priva di identità e con un consumo eccessivo di suolo. Infine una criticità ECONOMICA con l’estromissione dai circuiti turistico/termali/commerciali dell’isola.

La premessa alla proposta di ricostruzione certamente non può avvenire senza che vi sia una pianificazione a livello territoriale e comunale, tanto che giuste e condivisibili appaiono le parole degli Archh. Urbanisti GUIDO FERRARA e GIULIANA CAMPIONI quando affermano che è necessario “restituire qualità insediativa all’isola d’Ischia”, e quando dicono che bisogna coniugare “tutela ambientale e sviluppo economico” e ancora sulla necessità “di richiedere una Legge Speciale per una possibile ricostruzione” e opportuno appare in questo momento l’ipotesi di accordo tra i Comuni di Casamicciola Terme e Lacco Ameno e l’università “Federico II” con il Prof. Urbanista MICHELANGELO RUSSO per la stesura del P.U.C. intercomunale. L’idea di ricostruzione si avvale anche dell’esperienze maturate insieme a validi colleghi attraverso la redazione di una serie di studi a scala urbana svolti per conto del Comune di Casamicciola nei primi anni 2000, in particolare si fa riferimento al Programma di Valorizzazione del Centro Storico ai sensi della L. R. Campania n. 26/2002, dello studio per l’istituzione del “Museo diffuso del territorio” del 2004 (evoluzione dell’iniziativa fortemente voluta dal Dott. GIUSEPPE MAZZELLA con l’istituzione del Museo Civico Cittadino avvenuta con deliberazione n. 9/2000 e dotato di Regolamento approvato con delibera n.10/2000), del PoIN – Programma operativo Interregionale “Ischia l’isola del ben-essere” del 2009, frutto della sottoscrizione di un accordo di programma tra le sei municipalità dell’isola. Studi che, sebbene caduti nel dimenticatoio, certamente possono darci una mano nell’affrontare con chiarezza l’argomento.

La RICOSTRUZIONE pertanto deve da una parte far leva su aspetti generali che sono rappresentati:  dalla partecipazione attiva degli attori (amministratori, pianificatori, progettisti, associazioni, cittadini ecc.);  da un approccio condiviso e critico delle scelte e dell’organizzazione del territorio da attuare;  dal rispetto di principi di ricostruzione nella massima sicurezza (grado di sismicità da portare dall’ S = 2 attuale, al grado S = 1) e con materiali ecosostenibili;  dal recupero, valorizzazione e diversificazione delle potenzialità ambientali ed economiche del luogo; dall’altra riconoscere le componenti che entrano in gioco quali:  uno studio a livello di quartiere della viabilità in sicurezza verso le zone adiacenti, verso il mare, verso piazza Bagni, verso l’Osservatorio Geofisico 1885 quale centro didattico/divulgativo, verso la zona termale e verso il monte Epomeo e il ricco patrimonio ambientale/geologico (istituzione del geoparco su un’idea del Dott. ANIELLO DI IORIO e ampiamente condivisa dall’ambiente scientifico) che rappresenta una delle maggiori risorse della zona da mettere a regime (si pensi alla ricchezza dei percorsi collinari);  la ricostruzione di parti nuove attraverso concorsi internazionali di idee in grado di offrire una riconoscibilità ed unicità dell’edificato quale ulteriore volano per l’economia locale (turismo d’architettura);  il recupero dell’economia turistico/alberghiera esistente;  la rivalutazione, differenziazione ed ampliamento dell’offerta termale (istituzione di un patto tra pubblico privato);  la diffusione del modello del “MaJO – residenza sicura” protocollo nazionale per la certificazione delle strutture turistico/alberghiere;  la possibilità di avere un albergo diffuso (per estendere l’offerta e l’accoglienza sul territorio);  la realizzazione di interventi sostenibili (teleriscaldamento a scala di quartiere, recupero energetico, edifici passivi a zero energia, riduzione dei fattori di inquinamento, pedonalizzazione del quartiere con aree di sosta dedicate, percorsi in sicurezza ecc.);  piani di gestione delle emergenze anche attraverso il potenziamento di una viabilità alternativa.

Ed infine l’intervento che permetterebbe di fare il salto di qualità – capace di farci fare uno scatto di reni mosso dall’orgoglio di avere una grande storia – rappresentato da un patto tra i cittadini e lo Stato che potremmo chiamare “UNA CASA PER TUTTI”, frutto di uno studio attento ed equilibrato, dove i cittadini più fortunati mettono a disposizione una quota in metri quadri del loro edificato per coloro che avevano una casa e non potranno averla più.

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