Una terra che viene dal mare
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7 anni ago |
Una terra che viene dal mare
Un pomeriggio ho scelto tornare a Ischia in traghetto, come mi capitava spesso negli anni dell’Università. Ho lasciato andare l’aliscafo, avevo tempo, la giornata era limpida. Avrei voluto rimanere sul ponte per godermi la lentezza della traversata, ma poco dopo aver salutato Napoli, un venticello scherzoso mi ha indotto a entrare in sala. All’altezza di Procida quando il viaggio ormai era quasi concluso, non ho resistito alla tentazione di uscire fuori per provare a scattare qualche foto. Il mare, seppure abbastanza calmo, aveva ancora i segni della ponentata del giorno prima: le onde sbattevano contro Procida e Vivara, il mio equilibrio era precario, le foto sono venute male. Un vero peccato. Perché quando da lì vedi Ischia stagliarsi all’orizzonte, capisci subito che quella è una terra che viene dal mare. Lo testimonia il verde intenso delle colline del Montagnone e del Bosco della Maddalena. Talvolta percorrendo quei sentieri ho avuto la fortuna di trovare funghi che assomigliano a spugne. Sì, Ischia è una terra che viene dal mare.
Il traghetto entra lentamente nel porto. L’accesso è stretto, perché era un lago che i Borbonefecero aprire nel 1854 per facilitare il commercio. E proprio quella lentezza della manovra permette di gustare il panorama. Mentre il traghetto comincia a girare per avvicinarsi di poppa alla banchina, si riconosce sulla strada la Chiesa di Porto Salvo, costruita a tempo di record nel 1857, poco dopo l’apertura del porto. E lì davanti si vede ancora la Statua del Redentoreche risale agli inizi del ‘900 e che le istallazioni in plastica delle biglietterie hanno pressoché coperto allo sguardo. Sulla sinistra è invece ben visibile la casina di campagna che gli stessi Borbone acquisirono per trasformare in un Palazzo Reale idoneo per i loro soggiorni estivi.
Ma c’è una cosa che ha attirato la mia attenzione. Mentre il traghetto entrava nel porto, il mio sguardo si è concentrato a sinistra sulla collina di S. Pietro. Ci sono stata tempo fa, guidata dal mitico cane Argo, e ho scoperto un panorama davvero fantastico. Per la verità la collina è nota alla maggior parte degli Ischitani per lo scempio di un depuratore iniziato e mai finito, per un albergo abbandonato e per un’antica Chiesa del ‘300 che la mano umana ha più volte violentato e che ora versa in un pessimo stato di conservazione.
Ma c’è una cosa che pochissimi conoscono. Pare che proprio quella collina sia stata il teatro di una vicenda davvero curiosa. Me ne ha parlato un signore tempo fa, mentre eravamo in attesa dell’inizio di una conferenza di Isabella Marino sulla storia del porto. Secondo quanto mi diceva il signore, la collina di S. Pietro è stata il rifugio di due ergastolani evasi dal carcere di Ventotene: Lucidi e Piermartini. Sembra che i due, in carcere per omicidio, fossero riusciti a scappare e a raggiungere Ischia navigando su una ruota di camion. Era il 1960. I due si rifugiarono in una grotta proprio lì in collina e durante il giorno riuscivano perfino a scendere in paese a comprare qualcosa da mangiare e soprattutto da bere. Forse qualche vecchio di Ischia se ne ricorderà. Io sarei curiosa di saperne di più. Non ho capito bene dove si trova la grotta. Chiederò ad Argo di accompagnarmici di nuovo.