Carenze di personale al “Rizzoli”, quelle assurde visite ortopediche ai confini dell’Asl

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Foto Qui Ischia

Già le trasferte a Procida ci avevano fatto masticare male. Era accaduto ormai diversi mesi fa, quando la carenza di personale medico non aveva lasciato alternative. Un’altra pagina nera della vita attuale del “Rizzoli”, frutto di un’emergenza che non conosce fine. E che, insieme alla maggior parte degli altri reparti, non ha risparmiato l’Ortopedia, la quale, dopo aver notevolmente incrementato la sua attività negli ultimi anni, ha dovuto subire un ridimensionamento delle prestazioni all’utenza, perchè con le forze disponibili non si può fare di più. E, non potendo più erogarle a Ischia, sempre più spesso gli isolani debbono andarle a trovare altrove. Anche molto lontano, cosicchè l’opzione Procida, che tanto aveva fatto discutere all’inizio, ha finito col diventare la più vicina e, dunque, la più comoda. Anche se non vi è aggettivo più improprio per descrivere questa situazione.

E’ da parecchio che l’ambulatorio di ortopedia in ospedale funziona a scartamento ridottissimo. Ormai, infatti, si occupa solo delle visite specialistiche ai pazienti passati per il Pronto soccorso e dei controlli per quanti hanno subito interventi chirurgici ortopedici al “Rizzoli”. Per qualunque altro problema di natura ortopedica, le VISITE A ISCHIA sono OFF LIMITS. Ma siccome una popolazione di 60mila abitanti, perdipiù con un’alta percentuale di anziani, e con l’aggiunta dei turisti non può limitarsi a queste due tipologie di prestazioni, per tutte le altre prestazioni ambulatoriali ci si deve spostare dall’isola, anche su lunghe distanze e verso SCOMODISSIME DESTINAZIONI: a parte Procida, che è vicina pur dovendo viaggiare per mare, si può essere indirizzati a POZZUOLI, che è anch’essa una sede non proprio dietro l’angolo, ma soprattutto a GIUGLIANO e FRATTAMAGGIORE, massimizzando così i disagi e i fastidi dell’utenza.

La prenotazione delle visite, infatti, che avviene attraverso il Cup, prevede che il paziente sia indirizzato verso tutti gli ambulatori attivi sul territorio aziendale, compresi quelli che, rispetto all’isola, sono a dir poco decentrati, imponendo un duplice viaggio per andare e per venire. Una vera disdetta per chi è costretto ad adattarsi, suo malgrado, a questo “nuovo ordine”: per la lontananza di quelle sedi, via mare e pure via terra, e per l’enorme dispendio di tempo e di denaro che queste “passeggiate”comportano per i cittadini costretti ad affrontarle. Tanto che, alla fine, in queste condizioni, chi può permetterselo si orienta verso il privato, magari a Napoli che è più alla portata delle località dell’hinterland. E chi non può permetterselo, è invitato praticamente a rinunciare, il che è decisamente incivile in un Paese come l’Italia nel 2018.

La situazione assurda che determina tutto ciò è stata citata come esempio delle perduranti criticità dell’ospedale isolano dalla presidente del CUDAS GIANNA NAPOLEONE, intervenuta al convegno organizzato a Ischia dal Forum dei Giovani per illustrare i problemi legati alla ZONA DISAGIATA. Perchè, come ha spiegato la rappresentante del Comitato per il Diritto alla Salute, in via Fundera tutti i reparti sono ai piedi di Pilato per la grave carenza di personale medico, paramedico e socio-sanitario, che con l’estate potrà solo peggiorare. Unica via d’uscita, indicata dal Cudas oltre un anno fa, il riconoscimento di zona disagiata, non solo sulla carta, ma concretizzato in INCENTIVI  e CONDIZIONI DI LAVORO capaci di bilanciare il disagio del pendolarismo con Ischia, che attualmente provoca il rifiuto a venirci a lavorare e la voglia di lasciarla appena possibile quando ci si trova sull’isola vivendola come una penalizzazione.

Una diagnosi su cui hanno convenuto ormai tutti coloro che conoscono le conseguenze dell’insularità, compresi i vertici dell’Asl Na2 Nord. Eppure, non si riesce ad attivare la cura, a introdurre i correttivi che potrebbero garantire le energie umane di cui ha bisogno al presidio ospedaliero di Lacco Ameno.  BISOGNA AGIRE velocemente e con determinazione per uscire da queste sabbie mobili che stanno mettendo in ginocchio la sanità pubblica sulla nostra isola. E le istituzioni, che finora si sono mosse con la velocità delle lumache e senza alcun costrutto, devono cominciare a fare la loro parte e a creare condizioni utili per tutelare i livelli di assistenza e il diritto alla salute degli isolani. Quello negato ogni volta che per una normale visita ortopedica l’ischitano deve attraversare il mare e macinare chilometri a terra per riuscire a trovare un ambulatorio funzionante, ai confini dell’Asl. E della decenza.

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