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Mostre Sabato 29 giugno torna sul Castello Aragonese Daniele Papuli con “Ule. Carte visionarie”
Sabato 29 giugno torna sul Castello Aragonese Daniele Papuli con “Ule. Carte visionarie”
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6 anni ago |
Sabato venerdì 29 giugno alle 21.00 nella Chiesa dell’Immacolata sul Castello Aragonese s’inaugurerà la mostra “ULE . CARTE VISIONARIE. Scultografie, installazioni, video” di DANIELE PAPULI. Con RENATO FERRERO, riprese e montaggio audio video, GIANNI DE ROSA, viola . Fino al 23 settembre 2018
“Ula nel dialetto salentino ha a che fare con la voglia, un desiderio espresso dalla madre nel periodo di attesa che insoddisfatto affiora in maniera indelebile sulla pelle del figlio come un enigma ancestrale, sotto forma di macchia. Ula significa anche vola, auspicio di leggerezza che il potere della carta ancora una volta mi porta nei luoghi del Castello di Ischia per mettere in scena un’esperienza, un racconto che ritrova lì il suo esordio.
Di fatto risale al 7 marzo del 2009 l’inchiostratura di diciannove bobine di carta uso scontrino, regalatemi come materia vergine da usare, molto gradita da un divoratore di carta come me, alte sette centimetri e mezzo per una quindicina di metri di lunghezza ciascuna. Una alla volta le immersi in tempi diversi in un liquido scuro fatto di inchiostri ed aniline. Bevvero assetate, vogliose di assomigliare e scurirsi come le pietre vulcaniche dell’isola, scoprendo che la carta possiede una propria capacità di nutrimento e di sazietà.
Nel 2011 il Castello Aragonese ospitò già le mie carte, una grande installazione bianca e una serie di piccole sculture annerite, fatte di carte di vario tipo intrise di inchiostro nero. Le 19 bobine, nate sotto la vivida luce dei neon del mio laboratorio milanese, rivendicavano già da un paio d’anni luce e forza solare e il desiderio di essere ammirate. Le srotolai. Le matrici mi rivelarono qualcosa di profondo che ha che vedere con la memoria della carta che si stratifica, si addensa, si perde, riaffiora. Le guardai immergendomi completamente. Macchie nere profonde, altre più rarefatte e globose le une nelle altre, ampie chiazze scure diluite in aloni di luce come auree luminose, scrosci verticali come tracce dell’osmosi profonda e lenta tra carta e acqua, segni in risalita dai bordi come rami o arterie venose bisognose di irrorarsi e scoppiare. Sul foglio, lungo, guardato ora come una pellicola di un film, il racconto di una visione incantata, come fa un bambino che chiama cane l’inconsistenza di una nuvola. Duecentottantacinque metri di carta leggera osservati con stupore e la voglia di vedere ed immaginare qualcosa d’altro, nella grande bidimensionalità di uno schermo. È la mia prima esperienza. Lentamente ora il visitatore si ritrova a guardare con un passo lieve e scopre e trasforma in un gioco continuo di pareidolia macchie, forme, aloni, sfumature.
Selezionate le bobine e raccolte in sette titoli, Ule si fanno respiri, mondi, voli, viaggi, evanescenti, distanti. Le forme si evolvono e raccontano, disegni e passaggi, tutto ciò che dell’inchiostro la carta ha trattenuto avidamente e a noi rimanda per stupirci. Dalla visione verticale che passa adagio da destra a sinistra, alla costruzione di un impianto scultografico con concrezioni della materia cartacea che affiorano come forme arcaiche, radunate per somiglianza, estrapolate dalla visione. Di carta o meglio di carte anche il suono o i suoni, vibrazioni di lamelle o di ampi fogli, di strisce, di bobine che girano, di mani che affondano, lavorano e danzano, di dita che pizzicano le corde di uno strumento. Venticinque minuti. È per visionari.
DANIELE PAPULI