Domenica 28 una sala del Museo del Mare sarà dedicata a Michele Curci e ai figli, vittime del mare

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Foto Qui Ischia

di Gianni Vuoso

 Le onde del Museo del Mare di Ischia Ponte cominciano a spumeggiare e le iniziative si moltiplicano con una frequenza encomiabile. Prossimo appuntamento DOMENICA 28 OTTOBRE alle ore 11 presso il Museo dove sarà inaugurata, con il patrocinio dell’AREA MARINA PROTETTA “Regno di Nettuno”, la mostra di fotografia subacquea di Guido Villani, aperta fino all’11 novembre.

Ma non è tutto. Nello stesso giorno e alla stessa ora, sarà anche inaugurata una sala del Museo alla famiglia Curci. Un giusto riconoscimento che il nuovo direttivo del Museo, presieduto da LUCIANO DI MEGLIO, ha ritenuto doveroso attribuire a chi ha dato la vita al mare, al duro e difficile lavoro di pescatore.

Il padre MICHELE CURCI, i figli VINCENZO, SALVATORE e MARIO ed un pescatore della Mandra, GAETANO ESPOSITO, furono inghiottiti dalla furia del mare nel 1934. Erano usciti per la pesca, come accadeva ogni giorno. Conoscevano il mare e sapevano prevedere le tempeste, ma quel giorno del 34, furono colti d’improvviso da un vento che cominciò a far rovesciare il mare con onde che sommersero il loro gozzo. Raccontava il fratello di Michele, il dottore Giovan Giuseppe, noto come ‘U nutariello, scomparso qualche anno fa, in una situazione tragica: “Alla Mandra scesero tutti sulla spiaggia, la Chiesa di S. Antonio fu aperta per invocare con una messa, il buon tempo, le campane suonavano per annunciare il grave evento. La moglie di mio fratello si ritirò presto a casa, coperta da un velo nero, come se avesse già presagito la tragedia. Sulla spiaggia la gente cercava di confortare gli altri due figli, Luigi e Francesco”. Nessuno avrebbe mai immaginato che la sorte si sarebbe accanita contro questa famiglia, con estrema durezza perché nel 1978, anch’essi persero la vita in mare. Incredibile. Sei vite umane distrutte inesorabilmente dalla furia del mare.

LUIGI e FRANCESCO erano a pesca verso la zona marina detta “for’’a secca”, fra il castello e Sant’Angelo. Era una domenica d’autunno, una mattinata tranquilla sia per il mare, sia per il tempo in generale. Solo in tardo pomeriggio cominciò ad alzarsi il vento, ma le condizioni meteo marine non destavano preoccupazioni da far pensare ad una tragedia. A tarda sera la Capitaneria fu allertata e cominciarono le ricerche. Inutili. Mille ipotesi: forse uno dei fratelli cadde in acqua e l’altro tentò di soccorrerlo, ma inutilmente. Forse la barca, sulla rotta delle grandi navi dirette verso la Sicilia, fu investita. Non si trovò nulla. I corpi non vennero mai a galla. Della barca neppure un remo.

In un altro angolo della Mandra, verso gli scogli dell’ex Carcere, faceva ritorno a terra, con la sua barca, in condizioni inimmaginabili, un altro pescatore, NUNZIELLO DI LEVA, il padre di Bonaventura (ex titolare dell’omonima agenzia Viaggi di Forio), mentre la moglie, disperata e già vestita di nero in segno di lutto, non sperava più di rivedere il marito. “Era uscito a merluzzi, verso Ventotene, insieme ad un suo collega, Ciro ‘e Farcone. Si trovarono in una bufera di pioggia che non riuscivano più a vedere l’isola. La pioggia aveva ridotto la visibilità e loro che andavano a remi, remavano in varie direzioni, ovviamente sbagliate, facendo una fatica immane. Poi il tempo calmò un po’ e riuscirono a ritrovare la rotta giusta. Quando sbarcò- racconta il figlio Bonaventura- aveva uno squarcio sulla gamba provocato da un grosso amo, ma papà si accorse della ferita solo quando avvertì un forte senso di calore, il sangue che gli colava abbondantemente, ma per fortuna, non fu una tragedia”.

E’ il mare, raccontano i vecchi pescatori della Mandra e col mare non si scherza.

Ricordiamo anche FRANCO RANDO, quello che morì colpito da un offshore durante la manifestazione che si tenne a Casamicciola. Era uscito con la barca a motore, insieme a VINCENZO MATTERA, detto ‘O rindiciuozzo. Erano sulla rotta battuta dalle grandi navi. La barca fu investita dalla nave che le tolse parte della poppa. Riuscirono a gran fatica a tornare a terra. Questa volta non fu il cattivo tempo, ma un’altra analoga calamità.

GAETANO LAURO, titolare dell’Albergo “Eugenios” in Via Pontano, è testimone vivente di un episodio che lo vide protagonista quando era giovanissimo, di appena 14 anni.

“Quando uscimmo per andare a pesca, il tempo era tranquillo. Sto parlando di quello che ci successe ottanta anni fa. Solo sull’Epomeo si avvistava una nuvola che si stracciò. Ben presto il tempo cambiò. Mio padre e gli altri mi dissero di nascondermi sotto la prua. Il vento infatti, strappò la vela. L’acqua saliva a bordo ma nessuno riusciva a toglierla, aiutandosi con secchi e col piatto della bilancia che usavamo per pesare i pesci. Io sentivo che si chiedevano preoccupati, fra di loro: ma i nostri figli li vedremo più? Allora cominciai ad aver paura. Poi ognuno cominciò ad invocare S. G. Giuseppe, S. Antonio. Al mattino il tempo si calmò, arrivammo nei pressi della Marina Grande, a Puolo, dove erano tutti pescatori. Alcuni di loro conoscevano papà e meravigliati gli chiesero: ma come con questo tempo siete usciti? Nessuno morì, ma rimanemmo appesi alla barca. Giunti a terra, inzuppati d’acqua, fradici, riuscimmo ad aggiustare il motore. Il giorno dopo, tornammo a Ischia mentre Cartusciello (Agostino Lauro, imprenditore dei mezzi di navigazione delle linee Lauro) con la sua zaccalea, una imbarcazione che usava una rete alta 20 metri e lunga 500 metri, venne a cercarci. Quando riuscimmo a tornare, da lontano vedevamo sulla spiaggia della Mandra, un centinaio di persone, i nostri familiari che ci aspettavano e quando sbarcammo sani e salvi, ovviamente fra abbracci, baci e lagrime, ci accompagnarono alla chiesa di S. Antonio dove fu celebrata una messa per ringraziare i santi che ci avevano salvato. facevo il ragazzo di bordo.”

Una delle tante testimonianze che accomunano parecchi pescatori della zona, alcuni fortunati, altri purtroppo, come i Curci, dispersi definitivamente, nelle profondità del mare la cui furia non riuscì a restituire nulla, né un corpo, né un pezzo della barca.

Solo ricordi, utili a capire le difficoltà di certi lavori. Quanto sia stato duro quello dei pescatori, ad Ischia, nel mondo. Per imparare a conoscere le insidie che nasconde il mare, anche quando sembra innocuo.

Domenica 28 alle 11, la cerimonia che vedrà intitolare una sala del Museo del Mare a questi veri e propri eroi del mare.

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