L’isola perde Gino Coppa, grande artista e appassionato figlio della cultura del Novecento

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Foto Qui Ischia

Un pomeriggio d’estate. Caldo e assolato. Del sole di Forio. Nel raggiungere la piazza l’ansia si faceva sentire. Chissà se l’idea gli sarebbe piaciuta, se avrebbe accettato di partecipare, se sarei riuscita a convincerlo. Tante le incognite di quell’incontro con uno dei grandi artisti ischitani del Novecento, GINO COPPA, che era riuscito a conquistarsi una solida dimensione internazionale. Incontro quasi al buio, visto che non ci conoscevamo ancora di persona, tanto che ci misi un po’ a individuarlo, quasi in fondo alla piazza, solitario, anche se in tanti, passando, non trascuravano di rivolgergli il saluto. Serio, a tratti severo sebbene gentilissimo, sapeva come usare le parole per raccontare, dialogare, affrontare i più diversi argomenti. Della sua pittura sapevo poco e non avevo ancora visto nessuna delle sue opere, ma la chiacchierata mi rivelò una persona di grande cultura e di grande esperienza, capace di conquistare con la sua narrazione brillante e coinvolgente nella varietà dei temi trattati. Le ore passarono veloci, ci ritrovammo al tramonto senza che avessi neppure iniziato l’intervista che ero andata a fare, ma con la consapevolezza di aver conosciuto un uomo straordinario da cui, in quel pomeriggio, avevo imparato molto. “Per l’intervista ci dobbiamo vedere un’altra volta, è chiaro – fu il suo commento – dovevo  conoscerti e capire chi fossi prima. Non guardare l’orologio, lascia che il tempo scorra, non farti condizionare troppo dalle scadenze”. Fu l’ultimo messaggio di quel pomeriggio da ricordare.

Non meno speciale fu l’incontro che finalmente mi concesse nel suo studio. Era il mio obiettivo, ovviamente dichiarato, fin dall’inizio. Ma quando ci arrivai, la sensazione di essere ammessa a godere di un privilegio non scontato e decisamente raro fu forte. Per i  libri e le tracce di tante amicizie importanti con grandi protagonisti della storia dell’arte e della cultura che erano custoditi in quel luogo. E per l’intimità di quel luogo personalissimo in cui l’Artista si esprimeva in tutta la sua libertà (e Coppa era veramente uno spirito libero) e originalità. Era un po’ come violare uno spazio molto privato, ma lui fu molto accogliente e amichevole nel mostrarmi i lavori che descrivevano le varie fasi del suo itinerario artistico e quelli che erano  in attesa di essere ultimati anche con una sola pennellata, insieme a ciò a cui si stava dedicando in quei giorni, ma anche i suoi colori, il grande tavolo su cui dipingeva, i pennelli e gli oggetti di uso quotidiano di quel rifugio creato nel magnifico giardino  della sua  casa. Un piccolo mondo creativo immerso nel verde, da cui filtrava all’interno la luce che diventava sulle tele elemento espressivo fondamentale.

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Foto Qui Ischia

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Foto Qui Ischia

Mi parlò allora dell’amicizia con  Guttuso e del suo rapporto con altri artisti. A cominciare da quelli che avevano avuto un ruolo nella sua formazione artistica da ragazzino: il professor Mendella, dell’Accademia d’Arte di Livorno, che gli aveva fatto scegliere “la strada”, il foriano Oreste Fiorentino e poi Bargheer, che lo aveva incoraggiato a dipingere, gli aveva illustrato  Picasso e i grandi artisti europei, gli aveva fatto conoscere il “Bar Maria” e lo aveva introdotto alle mostre che si svolgevano sull’isola, compresa la grande esposizione per il centenario del porto d’Ischia. E mi descrisse la sua’Africa, di cui mi aveva raccontato con tanta passione fin dalla prima chiacchierata in piazza. L’Africa Nera, dove era riuscito ad andare la prima volta nel ’57, dopo averla sognata fin da bambino, associandola al padre che vi si era trasferito per lavoro quando lui aveva appena un anno. La terra antica da cui sosteneva di essere stato cambiato profondamente, che gli aveva rivelato il mondo in modo completamente diverso da prima. L’Africa che aveva cambiato il suo modo di dipingere, rispetto alle opere della giovinezza, ispirate dalla Forio contadina e dalle tradizioni, soprattutto religiose, del suo paese. E l’Africa araba, mediterranea, scoperta più tardi durante un viaggio in Marocco, che l’aveva affascinato al punto da conquistarlo per sempre. E da diventare materia prima preferita per un’altra lunga fase del suo percorso da artista, quella che lo ha anche molto identificato per essere stata protagonista di tante importanti mostre in Italia e all’estero, in particolare nei Paesi di lingua tedesca. Perchè Gino Coppa è stato molto apprezzato e amato in Europa, in particolare nei Paesi di lingua tedesca.

Dove ha esposto spesso, sempre per progetti di qualità e in contesti di particolare valore. Personali apprezzate dai critici e dal pubblico. Appuntamenti culturali di spessore, organizzati negli anni più recenti con l’apporto fondamentale di Marianna Coppa, che molto si è occupata anche delle pubblicazioni sull’arte del padre/maestro. Occasioni in cui, tramite Gino, aveva grande visibilità anche l’isola madre, tanto amata da deluderlo spesso, troppo, nella sua trasformazione violenta degli ultimi decenni.

L’isola che gli aveva reso omaggio, un paio di anni fa al Torrione, con una bella mostra accompagnata da una serata in cui, dopo i tanti riconoscimenti ottenuti all’estero e in Italia, anche Ischia aveva dimostrato il suo apprezzamento e affetto all’artista e all’uomo. L’isola che perde oggi uno dei suoi figli più speciali; uno degli ultimi testimoni di un periodo straordinario della sua storia recente; un suo appassionato cantore e custode disilluso della sua antica bellezza. Un altro grande isolano che ci lascia. Di cui si dovrà tenere vivo, con il ricordo, il contributo intelligente e lungimirante alla storia ma anche al futuro di questa nostra terra.

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