Dalla spiaggia di San Pietro all’isola di Robinson Crusoe, i ricordi di Francesco Di Meglio “‘a topa”

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Foto Qui Ischia

Il mare ce l’ha sempre davanti agli occhi. Non c’è angolo della sua casa da cui non si veda, distintamente, la fascia azzurra cangiante incorniciata dalla multiforme linea di costa sull’altra sponda del Golfo. E, più vicina, l’ampia striscia di sabbia della sua spiaggia. Quella su cui ha mosso i primi passi, che ha sempre assistito alle sue  partenze e ai suoi ritorni, ogni sera e ogni mattina, negli anni – tanti, una vita – in cui ha fatto il pescatore. O meglio, ha praticato la pesca. perchè lui non fa il pescatore, lo è. Nella testa e nel cuore, come già suo padre, suo nonno e andando indietro di molte generazioni della sua famiglia, i DI MEGLIO, che tutti ancora riconoscono aggiungendo il soprannome “‘A TOPA”. Una delle famiglie  “storiche” di pescatori della marina di San Pietro, che fin da piccolissimo hanno trasmesso a FRANCESCO tutti i segreti del mestiere: “Ho imparato tutto dai vecchi – accenna un  sorriso – Avevo tre anni quando il mio fratello più grande mi fece un piccolo sandolino, ho imparato prima a remare che a nuotare”.

Non  trascorsero molti anni prima che i grandi cominciassero a portarselo dietro a pesca, di notte, nonostante la scuola.  Francesco era un ottimo allievo, imparava in fretta ed era utile a bordo. “Durante la guerra andavo a scuola a Procida, la raggiungevamo con la barca, alla Chiaiolella, dopo essere stati tutta la notte a mare, a pescare con le lampade, un tipo di pesca di cui ero già molto pratico”. Le attrezzature erano varie, come i tipi di pesca che venivano praticati  dalle imbarcazioni di famiglia, dei gozzi a sei remi muniti anche di vela, che in seguito, dopo la guerra, furono convertiti al motore.

Pescatore e navigante. Per Francesco, dopo la guerra, arrivò un’altra vita. Sempre sul mare, anzi sui mari, che però non erano più il suo di casa. Vent’anni di lungo corso come cameriere sui grandi TRANSATLANTICI della compagnia “Italia”, che il mondo ci invidiava. I mitici Andrea Doria, Cristoforo Colombo, Giulio Cesare, Verdi, Rossini, Donizetti, Amerigo Vespucci e Raffaello gli fecero conoscere il mondo lontano dall’isola. “Mi imbarcai sulla prima nave che trasportava sia passeggeri che merci e si chiamava “San Giorgio”- ricorda – Viaggiavamo a otto nodi all’ora con corrente in poppa, per arrivare a Buenos Aires impiegavamo ventitré giorni. All’epoca imbarcavamo anche gli emigranti, che viaggiavano in terza classe, poi fusero seconda e terza”. A bordo di quei mastodonti raggiunse i porti dall’altra parte dell’oceano, nel nord, centro e sud America, “lungo tutta la costa dal Venezuela al Cile, Valparaiso”.

“Lavoravamo dieci ore al giorno, poi il turno si ridusse a otto, ma ne facevamo anche molte di straordinario che non venivano retribuite. Se non fosse andata così, oggi avremmo pensioni migliori”, chiosa amaro. Dalla memoria riaffiorano velocemente le disavventure di quel periodo.”Sulla “Verdi” entrammo in collisione con una petroliera greca all’altezza di Tangeri, con il mare piatto e il cielo stellato. Erano le due e mezza di notte e ci fu la responsabilità del nostro comandante. per fortuna i greci si accorsero di noi e accostarono, così quando li speronammo, riuscirono a non prenderci in pieno, mentre dormivamo. Ricordo le scintille vicino agli oblò: c’era stata da poco la tragedia dell’”Andrea Doria” e temevo che rimanessimo affogati. Invece, riuscii ad arrivare in coperta e ci salvammo. Dovemmo tornare a Gibilterra per tamponare la falla e poi di nuovo a Genova per la riparazione, 70 giorni di lavori, durante i quali ci sbarcarono senza paga e senza neanche il biglietto di ritorno. E lo stesso ci capitò un’altra volta, durante i 40 giorni necessari a riparare l’albero motore”. Ma i ricordi custodiscono anche momenti speciali. Come un anno, a Natale: “All’arrivo in Cile, ci organizzarono una crociera all’isola di Juan Fernandez, quella di Robinson Crusoe. Lì ho visto davvero la natura, con un mare forza 8. Mi sembrava di stare a Punta Imperatore, dove avevo dormito tante volte, andando a castardelli”. Dall’altra parte del mondo, in mezzo all’oceano a trovare somiglianze con il mare di casa. A distanza di tanti anni, non esita un attimo quando gli chiedo se abbia trovato un posto più bello: “Non ne ho trovato mai nessuno più bello di Ischia”, afferma sicuro. E Francesco non è tipo da indulgere in frasi compiacenti o di circostanza, si vede che lo pensa davvero.

Dopo vent’anni di viaggi sulle rotte oceaniche, il ritiro dal lungo corso e il ritorno alla passione originaria, la pesca. Di nuovo a casa. Di nuovo a trascorrere le giornate tra il mare dell’infanzia e la spiaggia sotto casa. Ma questo è un altro capitolo da raccontare. Presto…

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