La pista ciclabile in pineta, altissimo impatto sull’ecosistema

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Foto Qui Ischia

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Un bulldozer in pineta. E’ l’impressione che trasmette in questi giorni la Pineta degli Atleti, dopo l’avvio dei lavori per la realizzazione di una pista ciclabile all’interno dell’oasi verde di via Michele Mazzella, che ne è uscita già ampiamente ferita, in alcuni punti immotivatamente e incomprensibilmente scempiata, nonostante sia da lungo tempo, come le altre pinete storiche di Ischia, sottoposta alla particolare tutela della Direttiva Habitat, che si applica ai cosiddetti SIC, Siti di Interesse Comunitario. Un “dettaglio”, a quanto sembra, per chi ha elaborato l’infelicissima idea di un intervento di tale impatto e poi ha deciso pure di realizzarlo, forse senza aver preliminarmente fatto neppure una visita “sul campo”, per rendersi conto dal vivo della reale compatibilità tra i segni vergati a tavolino (o al computer) e il delicato e complesso ecosistema del bosco sviluppatosi negli ultimi 170 anni sulle lave dell’Arso.

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E’ un ambiente particolare, quello della pineta. E della pineta ischitana soprattutto. Perchè, diversamente dalla maggior parte delle pinete  che s’incontrano lungo le coste della Penisola, a contribuire all’unicità della nostra è anche la presenza di formazioni rocciose che sono parte integrante dell’ecosistema, di cui sono un elemento caratterizzante e qualificante. Culla della straordinaria diversità biologica che connota i boschi del centro di Ischia, a cominciare dalle diverse specie di licheni, muschi e felci che colonizzano proprio i massi di lava. Sculture naturali, modellate dalla forza dirompente delle radici dei pini piantati e seminati dal 1854 su iniziativa del massimo botanico del Regno Giovanni Gussone, che con quell’impianto aprì la strada alla trasformazione della brulla distesa di lava ereditata dall’eruzione del 1301 nell’oasi lussureggiante che conosciamo.

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Purtroppo, la genialata della pista in pineta non ha tenuto conto per nulla di questo contesto. Anzi, ci sta passando sopra con i mezzi meccanici del cantiere eliminando tutti gli “ostacoli” che si frappongono al percorso stabilito a tavolino: arbusti tagliati, radici anche di grosse dimensioni tranciate e rimosse per fare spazio allo scavo per la pista, alberi lasciati con l‘apparato radicale scoperto e dunque condannati, roccaglie “smontate” e buttate come rifiuti da smaltire. E per apparare il percorso ciclistico l’aggiunta di terra, portata da chissà dove, piena di pezzi di “riggiole” dei più diversi colori e con i più diversi decori: materiali di risulta impupazzati, altro che supporto ecologico per una pista (presunta) green!

Vai in pineta, in questi giorni, e dietro le reti di plastica arancione trovi la devastazione. Rami verdi e radici accatastati lungo i tratti scavati, rocce distrutte. In compenso, la “monnezza” di plastica riemersa dal sottobosco in cui era stata buttata lungo il confine della pineta nel corso degli anni, invece di essere raccolta e smaltita tutta con la massima precisione, è finita in mezzo ai residui vegetali o appare in qualche punto semisepolta nello strato della nuova terra di risulta depositata per livellare la pista. Cosa ci sia di ecologico e di ecocompatibile nel lavoro in corso è un MISTERO.

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E siamo ancora all’inizio, alcune decine di metri appena, che però sono stati sufficienti a stravolgere la pineta dovunque sono passati gli scavatori. E che non fanno presagire nulla di buono per il prosieguo del lavoro, tanto più che più avanti si moltiplicano le piante di alto e medio fusto e le formazioni rocciose sono ancora più imponenti e importanti. Interi pezzi di pineta sono condannati a essere distrutti dagli scavatori? E’ questo il trattamento “ecologico” riservato al prezioso polmone verde sopravvissuto nell’ultimo secolo e mezzo nel cuore di Ischia? E come è compatibile questa azione con il valore della pineta e soprattutto con le tutele internazionali a cui è sottoposta?

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