Philipp Hackert e Angelika Kauffmann, una passione comune per Ischia

IMG_6609Allora non era ancora diventata la meta obbligata dei turisti stranieri che approdavano sull’isola. Una casa modesta, che dall’alto della collina dominava però un panorama magnifico tra terra e mare. Tanto da meritarsi la definizione di “Sentinella”, una sentinella di bellezza, da un francese che vi aveva trascorso un breve periodo. Come già altri prima di lui, che si erano trovati subito a proprio agio grazie alla semplice, ma calorosa accoglienza offerta dalla famiglia Monti. Che aveva iniziato la sua “impresa turistica”, la prima dell’isola ancora in gran parte selvaggia, agli inizi degli anni Settanta del Secolo dei Lumi. Quando era arrivata ad Ischia, in compagnia del padre che condivideva il suo spiccato talento, una giovane donna, Angelika Kauffmann, il cui nome era già famoso ben oltre i confini della Svizzera natia.

Era il 1773 quando Angelika era giunta ad Ischia per la prima volta da Napoli, dove trascorreva ormai lunghi periodi, alla corte di Ferdinando IV. Ed il fatto di condividere la stessa lingua madre con la regina Maria Carolina aveva sicuramente facilitato il suo inserimento in un ambiente che, del resto, era sempre molto ben disposto verso artisti e letterati provenienti dal resto d’Europa, che il Grand Tour conduceva sulle rive del Mediterraneo.

Anche a Ischia la giovane aveva rivelato ben presto le sue capacità. Ad attrarla, oltre ai paesaggi che le si presentavano ovunque come una scoperta, erano anche i volti, le espressioni delle persone che incontrava. Lineamenti che in qualche caso, non aveva disdegnato di fissare sulla tela, come faceva di solito con i nobili e re.

Era accaduto anche a Napoli. Dove durante i suoi soggiorni avrebbe ritratto Ferdinando IV e il re con tutta la sua bella famiglia. Ma anche altri illustri personaggi del tempo. Opere che sarebbero diventate preziose testimonianze per i posteri, che quei dipinti avrebbero ammirato nei principali musei di Napoli fino ai nostri giorni.

Non fu, quello del 1773, l’unica vacanza ischitana che Angelika si concesse in occasione delle sue soste nel Regno di Napoli. Ma ci tornò più volte negli anni successivi, fermandosi quasi sempre alla “Sentinella”. Di quei soggiorni uno, nel 1787, avvenne sicuramente in coincidenza con la presenza di un altro famoso artista di lingua tedesca molto apprezzato dal re, Jakob Philipp Hackert. Che ai ritratti preferiva i paesaggi. E fu anche la ricchezza di spunti che l’isola gli offriva con dovizia a condurcelo più volte, anche insieme al re che aveva preso a prediligere lo scoglio.

A portarlo per la prima volta sull’isola era stato l’uomo che lo aveva introdotto a corte solo l’anno precedente, il conte e ministro Andrè Razoumowski, che era un habitué soprattutto delle prodigiose acque curative di Ischia. Quando nel 1783 Hackert sbarcò sull’isola stava eseguendo una prima, importante commissione per il re che, innamoratosi dei suoi quadri, aveva voluto quattro grandi tele per il casino sul Fusaro. E una di quelle, non ancora terminata, l’artista si era portato a Ischia, per finirla durante il suo soggiorno. Trascorso nel casino di Buonocore a Villa Bagni, dove alloggiava anche il re in occasione delle sue non rare visite sull’isola.

Fu quello il primo di una lunga serie di viaggi a Ischia per Hackert, che aveva imparato a conoscerla tanto bene dall’essere consigliato perfino come guida d’eccezione ad alcuni nobili stranieri di passaggio. E più volte il pittore si ritrovò a Ischia con il sovrano, che apprezzava moltissimo il suo lavoro, come anche la regina Maria Carolina. Una stima ripagata dall’artista con una lunga serie di dipinti ispirati dai luoghi più belli del regno, che fu chiamato ad illustrare, a partire dal 1786, nella sua nuova qualità di primo pittore reale “di caccia, di acque e di paesaggi”. Una carica che gli valse un ricco appannaggio, una dimora prestigiosa e un grande studio nel castello di Caserta. D’altronde, non poteva essere diversamente per un pittore la cui biografia sarebbe stata scritta qualche anno dopo addirittura da Goethe, che fu a Napoli proprio negli anni in cui vi viveva anche Hackert, di cui era ottimo amico.

Dalle tante tele di Hackert che riproducevano fedelmente le vedute del regno, l’isola d’Ischia con la sua coinvolgente bellezza non poteva ovviamente restare estranea. E sarebbe stato anche un non senso, visto l’amore che ad essa portava ormai il re, sempre più assiduo da quando era diventato padrone anche del casino Buonocore, trasformato nella Villa Reale. Dove alloggiava regolarmente Hackert, trovandolo un luogo ideale anche per dipingere.

Proprio quello che era ancora un placido lago in cui era praticata con profitto la pesca, con la residenza reale che dominava la collina, mentre sullo sfondo si stagliava l’immagine inconfondibile del Castello, ispirò uno dei più celebri quadri di Hackert, dipinto nel 1792 ed esposto presso la Reggia di Caserta. Un’immagine particolarmente preziosa perché fissa l’immagine del luogo alla fine del Settecento, sessant’anni prima che un altro Borbone decidesse di trasformare il lago in un porto.

Sebbene sia il più noto, non fu quello l’unico quadro raffigurante Ischia firmato da Hackert. Sempre a Caserta è custodito un altro grande quadro di un paesaggio di Forio. Altre opere delle numerose che presumibilmente videro la luce sull’isola in quegli anni, sono andate perdute. Come un dipinto del Castello, di cui è giunta ai giorni nostri soltanto un’incisione, eseguita dal fratello dell’autore. E tracce scritte di un’altra tela di Hackert su Ischia, con delle Ninfe e un Cupido, si trovano nel resoconto di un viaggio compiuto a Ischia nel 1787 da Angelika Kauffmann. Così, i due artisti amatissimi dai loro contemporanei, che hanno reso immortali con il loro talento volti e luoghi del loro tempo, si incontrarono sicuramente anche a Ischia. L’isola che li aveva conquistati. Come tanti altri viaggiatori più o meno illustri e delle più diverse provenienze che qui hanno si sono fermati nel corso dei secoli.

What Next?

Recent Articles